Un omicidio mafioso svela la lotta per il controllo di Reggio Calabria
A Reggio Calabria è in corso uno scontro per il controllo del territorio di cui però non si parla tanto oltre i confini della regione. L’ultima vittima si chiama Francesco Catalano, cinquant’anni, ucciso a colpi di pistola la sera del 14 febbraio. Un delitto di chiara matrice mafiosa, secondo gli investigatori, che vale la pena di ricostruire perché sia la dinamica dell’agguato, sia il contesto in cui è maturato sia il peso criminale della vittima dicono molto su quello che sta succedendo in città.
Catalano gestiva una tabaccheria a Gallico, uno dei quartieri nella zona nord di Reggio Calabria al centro di scontri tra diversi clan. La zona è sotto il controllo dei luogotenenti delle famiglie De Stefano e Condello, entrambe con roccaforte nel vicino quartiere di Archi. Catalano è sempre stato considerato un uomo vicino al secondo gruppo, come testimonia tra l’altro il legame con Paolo Iannò, oggi pentito, ma in passato braccio destro del superboss Pasquale Condello.
Nel 2002 era stato condannato a cinque anni per associazione mafiosa in uno stralcio del maxiprocesso Olimpia, la prima grande inchiesta contro la ’ndrangheta di Reggio Calabria. Uscito dal carcere nel 2004 aveva cercato di mantenere un profilo basso, andando a vivere in un altro quartiere. Tuttavia, i suoi legami con i clan erano rimasti forti. Secondo le inchieste Maremonti e Vertice aveva aiutato diversi latitanti e fatto da vedetta per i clan di Archi. Tra il 2011 e il 2013 aveva intrattenuto una fitta corrispondenza con il boss detenuto Ciccio Rodà. Secondo fonti investigative che preferiscono restare anonime, questo legame prova la sua crescita dal punto di vista criminale. E, aggiungono, anche la dinamica dell’agguato è significativa e inquadrerebbe il suo ruolo in un contesto più ampio.
Ricorrenze criminali
L’uomo è stato ucciso alle otto di sera nel cortile di casa. Chi ha sparato non ha avuto paura di essere visto e ha voluto mandare un messaggio chiaro: le date e il modus operandi giocano un ruolo chiave nel linguaggio della ’ndrangheta.
In questo caso, bisogna spostare le lancette indietro di un anno per trovare una data che può essere collegata all’omicidio di Catalano. Era il 15 febbraio 2018 e davanti a casa sua – proprio come il tabaccaio – è stato ucciso Pasquale Chindemi, luogotenente degli Araniti, un altro storico clan mafioso di Reggio Calabria. Dove avveniva il tutto? A Gallico.
Secondo gli investigatori, gli omicidi sono collegati e rientrano nel quadro di tensioni che si stanno consumando nell’hinterland nord di Reggio Calabria, tra i quartieri di Gallico e Catona, per controllare quelle zone.
Da sempre i due quartieri sono sotto il controllo dei clan più potenti della città, i De Stefano e i Condello. Dopo la guerra che tra il 1985 e il 1991 ha lasciato sul terreno più di ottocento morti, i due gruppi si sono alleati, ma dal 2008 sono stati entrambi colpiti da arresti e condanne che hanno riguardato sia l’ala militare sia i vertici.
In carcere sono finiti i “capolocale”, oltre che superboss come Pasquale Condello e il suo successore alla carica di “capocrimine” Giuseppe De Stefano. Nel 2016, grazie all’inchiesta denominata “Mammasantissima”, condotta dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, sono stati inoltre individuati per la prima volta due esponenti della direzione strategica, l’organismo che decide le linee di intervento della ’ndrangheta in città.
Tuttavia, nel giro di poco la ’ndrangheta reggina ha provato a riorganizzarsi, probabilmente anche grazie alle scarcerazioni di boss della vecchia guardia come Orazio e Carmine De Stefano, rispettivamente zio e fratello del “capocrimine” Giuseppe. Tuttavia, in quartieri come Gallico e Catona si sono creati dei vuoti di potere che diversi gruppi ambiscono a riempire, con l’appoggio o meno di chi guida i clan storici.
L’inizio delle ostilità tra queste fazioni risale al 2010, quando il boss Mimmo Chirico, tra i candidati alla reggenza di Gallico, è stato ucciso da Giuseppe Canale, criminale in ascesa, anche lui con mire di controllo sul quartiere, ucciso nel 2011. Il delitto è stato ricostruito nel luglio 2018 nell’inchiesta condotta da Sara Amerio, che due settimane fa ha chiesto la condanna all’ergastolo per sette imputati. Come dimostra l’omicidio di Catalano, i conti sembrano essere ancora aperti.
I morti
Oltre a lui, la lotta per il potere nella periferia nord di Reggio Calabria ha fatto anche altre vittime. Meno di un anno fa, per esempio, è stata uccisa Fortunata Fortugno. La donna era con l’amante, Demetrio Lo Giudice. Era lui – come hanno scoperto gli investigatori nel luglio 2018 – l’obiettivo del killer, Paolo Chidemi, che così sperava di vendicare l’omicidio del padre, Pasquale, ammazzato un mese prima sempre a Gallico. “In pochi mesi”, ha spiegato il dirigente della mobile, Francesco Rattà, il gruppo dei Chidemi aveva mostrato tutta la sua ferocia, testimoniata da “danneggiamenti, attentati, porto di armi e di fucili”.
Il 29 dicembre 2016, a cadere sotto i colpi dei killer era stato Tarik Kacha, 34 anni, di origini marocchine ma cresciuto a Reggio Calabria, vittima di un vero e proprio agguato di fronte al portone della sua abitazione, nel quartiere di Catona. Il 26 maggio 2017 è toccato al tabaccaio Bruno Ielo, inseguito e ucciso mentre rientrava a casa, sempre a Catona.
Tutte persone diverse e con storie diverse ma che, secondo gli investigatori, potrebbero aver incrociato la strada di chi si contende quel pezzo di città. Tensioni, commentano preoccupati gli investigatori, che potrebbero estendersi anche ad altri quartieri.
“I fatti che si sono verificati negli ultimi tempi a Reggio Calabria dimostrano che non bisogna abbassare l’attenzione”, spiega il procuratore della repubblica, Giovanni Bombardieri. “La ’ndrangheta è il fenomeno criminale oggi più pericoloso a livello nazionale e internazionale. Per contrastarlo serve uno sforzo straordinario. È una mole di lavoro importante, ma possiamo farcela”.
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