Donald Trump prova a imporre la sua legge a Portland e nel paese
Da giorni Portland, la città più grande dell’Oregon, è al centro di uno scontro politico tra alcuni politici dello stato, dirigenti della polizia locale e l’amministrazione Trump. Sui social network sono stati diffusi video inquietanti, in cui si vedono agenti federali in assetto militare sparare proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro i manifestanti.
Per capire come ci si è arrivati bisogna tornare al 25 maggio, il giorno della morte di George Floyd, ucciso a Minneapolis da un poliziotto bianco. Come in altre centinaia di città, a Portland sono immediatamente cominciate le proteste contro la polizia. Le manifestazioni – in cui si chiedeva il taglio dei fondi della polizia e la rimozione dei simboli considerati razzisti – sono andate avanti per cinquanta notti consecutive davanti al palazzo di giustizia della contea. Come in molte altre città del paese, anche a Portland a fine maggio e a inizio giugno le forze di polizia locali hanno represso duramente le proteste. La situazione si è calmata dopo il 9 giugno, quando un giudice federale ha ordinato alle forze dell’ordine di limitare l’uso di lacrimogeni e proiettili di gomma e, in un secondo momento, degli spray urticanti.
Ma negli stessi giorni il presidente Donald Trump accusava i governatori di non essere stati abbastanza duri contro i dimostranti, e il 26 giugno ha firmato un ordine esecutivo che prevedeva il dispiegamento delle truppe federali nelle città per proteggere statue, monumenti ed edifici federali presi di mira dai manifestanti. Inoltre, Trump denunciava la “violenza criminale” messa in atto dai manifestanti di sinistra contro i poliziotti. Truppe del dipartimento per la sicurezza nazionale, che di solito sono impiegate nella difesa delle frontiere, nell’antiterrorismo e nella gestione dei disastri, sono state mandate in varie città del paese. All’inizio a Portland gli agenti federali sono rimasti in disparte, ma a partire dal 4 luglio – quando i dimostranti hanno organizzato fuochi d’artificio in occasione della festa dell’indipendenza – hanno preso il controllo dell’ordine pubblico e hanno cominciato ad attaccare chi protestava.
Da subito i mezzi d’informazione hanno denunciato gli abusi dei federali. Decine di persone che sostenevano di manifestare pacificamente sono state picchiate senza motivo, arrestate, tenute per ore in cella senza acqua e senza la possibilità di chiamare un avvocato. Secondo una serie di rapporti e testimonianze, in molti casi gli agenti federali hanno fermato i dimostranti e li hanno costretti a salire a bordo di veicoli non contrassegnati.
In un altro video si vedono gli agenti attaccare un gruppo di donne che manifestano pacificamente.
Sono stati diffusi video di violenze gratuite, come questo in cui si vedono gli agenti spintonare e colpire con il manganello un uomo fermo. L’uomo si chiama Christopher David, è un veterano della marina. In un’intervista ha detto che era andato a parlare con gli agenti per chiedergli di rispettare il loro giuramento e la costituzione.
La violenza delle truppe federali ha fatto aumentare il livello dello scontro in strada, e in alcuni casi le proteste – per la maggior parte pacifiche – sono degenerate, con manifestanti che hanno rotto delle finestre e dato fuoco ad alcuni edifici. Parallelamente si è creato uno scontro politico acceso tra la Casa Bianca e gli amministratori locali. Il sindaco di Portland, la governatrice e alcuni senatori dello stato hanno accusato Trump di aver peggiorato la situazione. Perfino il dipartimento di polizia locale si è detto preoccupato per l’aumento delle violenze. Ma il presidente ha risposto di “non aver bisogno di un invito del sindaco per fare il suo lavoro”. Inoltre, ha difeso le tattiche usate dal dipartimento per la sicurezza nazionale e ha anche detto che avrebbe ordinato il dispiegamento di truppe in altre città. A quanto pare 150 agenti federali sono stati mandati a Chicago.
Il Los Angeles Times spiega che i presidenti statunitensi hanno ampi poteri quando si tratta di dispiegare le truppe per imporre il rispetto della legge, ma di solito lo esercitano su richiesta dei governatori, o quando sono convinti che le autorità statali non vogliono o non sanno gestire la situazione. “Un esempio è quello di Dwight Eisenhower, che nel 1957 mandò i soldati a Little Rock, in Arkansas, per garantire agli studenti neri di iscriversi alle scuole superiori e fare in modo che venisse rispettata la sentenza della corte suprema sulla desegregazione. Nel caso di Portland”, continua il giornale, “Trump ha mandato gli agenti federali per proteggere statue, monumenti ed edifici federali, non le persone e la costituzione”. Alcuni esperti di diritto credono che il presidente – aggirando l’autorità delle amministrazioni locali e impedendo alle persone di manifestare liberamente – possa creare una crisi costituzionale.
Secondo molti osservatori la strategia usata da Trump a Portland rientra nel tentativo di dipingersi come un presidente inflessibile – capace di far rispettare l’ordine e la legge – in un momento in cui la sinistra radicale mette a ferro e fuoco il paese. Non è un caso se le città e gli stati presi di mira finora sono tutti governati da politici del Partito democratico. Questa strategia avrebbe come obiettivo secondario anche quello di spostare l’attenzione dalla crisi causata dalla pandemia di covid-19, dovuta in larga parte agli errori e alle inefficienze della Casa Bianca. Tuttavia, alcuni sondaggi recenti fanno pensare che non stia funzionando: la maggior parte degli americani non solo è convinta che la Casa Bianca stia gestendo male l’emergenza sanitaria, ma pensa anche che Joe Biden, candidato del Partito democratico alle elezioni di novembre, sia più affidabile di Trump di fronte alle attuali tensioni sociali.
Se a Portland le persone continuano a scendere in piazza da due mesi non è solo per l’atteggiamento ostile e autoritario di Trump: la città – e in generale lo stato dell’Oregon – ha una lunga storia sia di razzismo contro i neri sia di attivismo dei gruppi di sinistra, come spiega un articolo di Usa Today. Nello stato è rimasta in vigore fino al 1926 una legge che impediva agli afroamericani di entrarvi. Inoltre le leggi contro i matrimoni interrazziali sono state abolite sono negli anni cinquanta. Anche per questo nell’Oregon i neri sono solo il 2 per cento della popolazione (il 5 per cento a Portland), molto al di sotto della media nazionale. Sia l’Oregon sia Portland sono governati da politici del Partito democratico, ma secondo gli attivisti antirazzisti nello stato è ancora attivo il Ku klux klan, così come vari gruppi di estrema destra che si sono formati più di recente.