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L’estrema destra britannica cresce nello stallo della Brexit

Manifestanti favorevoli alla Brexit durante la March for Britain, Londra, il 29 marzo 2019. (Matt Dunham, Ap/Ansa)

Da tre anni la Brexit è al centro della scena politica britannica e internazionale. La situazione è stata spesso paragonata a un tunnel nel quale si sono incagliate le trattative per l’uscita del paese dall’Unione europea. In questo stallo ci sono delle variabili di cui si tiene poco conto: la crescita della destra e dell’estrema destra britannica, e la loro influenza sul governo.

Lo United Kingdom independence party (Ukip) è una delle forze principali di questa partita. Tradizionalmente identificato con Nigel Farage, che l’ha fatto trionfare alle europee del 2014 e ha contribuito a spingere l’ex premier David Cameron a indire il referendum sulla Brexit nel 2016, il partito ha attraversato una crisi profonda.

Nel 2018, alla guida è arrivato Gerard Batten, che ne ha spostato il baricentro verso l’estrema destra e l’islamofobia. Per chiarire subito il nuovo corso, Batten ha nominato come suo consigliere personale l’estremista di destra Stephen Yaxley-Lennon, meglio noto come Tommy Robinson. Nel dicembre 2018, Farage, che durante la campagna per il referendum non aveva risparmiato insulti a migranti e musulmani, ha abbandonato il partito e ha lanciato una nuova forza politica, il Brexit party.

Il nuovo Ukip
Gerard Batten è un parlamentare europeo, eletto nella circoscrizione di Londra, e da tempo attacca l’islam con dichiarazioni razziste, come spiega Nick Ryan, portavoce dell’associazione antifascista e antirazzista Hope not hate. Il loro ultimo rapporto, intitolato State of hate 2019: the people vs the élite?, dedica ampio spazio al “nuovo” Ukip, a Batten, a Lennon e agli youtuber dell’alt-right britannica come Paul Joseph Watson e Carl Benjamin, due tra i dieci attivisti di estrema destra più seguiti al mondo.

“Questi nuovi militanti, come per esempio Paul Joseph Watson, non sono figure tradizionali dell’estrema destra britannica”, dice Ryan. “Erano molto attivi su internet e sono diventati parecchio influenti sui social network, mescolando teorie complottiste ad attacchi contro i musulmani, contro i mezzi di informazione, il sistema, i rifugiati e i ‘guerrieri della giustizia sociale’ di sinistra”.

“Robinson ha agito come collante tra il vecchio e il nuovo Ukip”, aggiunge Ryan, diventando una “superstar dell’estrema destra britannica”. Nel maggio del 2018 era stato arrestato per disturbo della quiete pubblica dopo aver organizzato una diretta su Facebook fuori del tribunale di Leeds, dov’era in corso un processo contro delle persone accusate di tratta di esseri umani a Huddersfield, nello Yorkshire. Per chiedere la sua scarcerazione sono state organizzate manifestazioni e una campagna di crowdfunding anche fuori del Regno Unito. “Robinson cerca di presentarsi come un giornalista, ma non lo è. Lui e altri esponenti dell’estrema destra britannica continuano a dirsi vittime della censura e per questo continuano a chiedere donazioni”, dice Ryan.

Tutto questo fa presa sulla variegata galassia dell’estrema destra e della destra britanniche, che spazia dai neonazisti a movimenti come la Democratic football lads alliance.

L’islamofobia dentro e fuori l’Ukip
L’islamofobia e le spinte identitarie non animano solo loro. Sono diffuse e crescono in vaste aree del paese, soprattutto nelle comunità postindustriali delle Midlands, nel nordest dell’Inghilterra e nelle zone costiere, dove “le comunità, composte per lo più dalla classe lavoratrice bianca, si sono sentite abbandonate dal governo e hanno rivolto la rabbia verso l’immigrazione, le comunità musulmane, la politica e il modo in cui Theresa May ha gestito la Brexit”, continua Ryan.

Le cose sono peggiorate dopo gli attacchi terroristici a Manchester e a Londra nel 2017. Da quel momento sono aumentate le aggressioni contro i musulmani. Secondo il rapporto State of hate, il 49 per cento di chi vota per i conservatori considera l’islam una minaccia allo stile di vita britannico, mentre il 47 per cento crede alla notizia falsa secondo la quale esisterebbero zone nel Regno Unito proibite a chi non è musulmano, luoghi dove sarebbe in vigore la sharia. Secondo Mansoor Clarke, imam della comunità Ahmadiyya, le responsabilità sono anche di giornali e tv. “Sui mezzi di informazione l’islam è spesso identificato con il terrorismo”, dice.

Dopo l’attacco terroristico di Christchurch in Nuova Zelanda – dove un uomo ha ucciso 49 persone in due moschee – nel Regno Unito la situazione è peggiorata. Le aggressioni contro i musulmani sono aumentate del seicento per cento, come ha rivelato Tell mama UK, un’organizzazione che monitora gli attacchi contro le comunità musulmane. “L’estrema destra continua a prosperare perché non c’è dialogo tra la maggioranza dei cittadini britannici e le minoranze”, spiega Clarke, “i loro rappresentanti hanno monopolizzato paure diffuse anche grazie al fatto che non sono state affrontate dai partiti politici tradizionali”.

È stata davvero una rivolta popolare?
Oltre all’Ukip di Batten e al Brexit party di Farage, nella destra britannica ci sono altri tre attori importanti: l’European research group (Erg), ovvero l’ala destra dei conservatori a favore di una Brexit dura, guidata da Jacob Rees-Mogg; il nordirlandese Democratic unionist party (Dup), che appoggia il governo May; e istituti di ricerca e analisi come la Taxpayers’ alliance e l’Institute of economic affairs.

“I parlamentari britannici possono ottenere significativi sgravi fiscali se dedicano parte della loro attività alla ricerca. È quello che dicono di fare i conservatori dell’Erg, anche se non è vero. Il loro ruolo è più che altro quello di influenzare e orientare il governo di Theresa May sulla Brexit”, spiega Peter Geoghegan, responsabile delle inchieste pubblicate sul sito Open Democracy.

“Il Dup ha ricevuto quasi mezzo milione di sterline per la sua campagna a favore della Brexit, ma non si sa da dove arrivino questi soldi, perché in Irlanda del Nord la legge permette ai finanziatori di rimanere anonimi”, spiega Geoghegan aggiungendo che, nonostante l’origine sconosciuta dei fondi, si è scoperto che i soldi sono passati attraverso il Constitutional research council (Crc), un’organizzazione guidata da Richard Cook, ex vicepresidente dei conservatori scozzesi.

“Cook è stato coinvolto in molti processi, in uno è stato accusato di aver portato illegalmente dei rifiuti in India”, aggiunge Geoghegan. “Il fatto che il suo nome sia collegato alle donazioni al Dup fa nascere molti dubbi su questa vicenda. Soprattutto perché il partito ha molta influenza sulle trattative con Bruxelles e l’operato di May. Il problema della provenienza dei fondi riguarda anche gli istituti di ricerca, che a loro volta hanno un grande ascendente sul governo britannico”.

Lo scorso 11 aprile i leader dell’Unione europea hanno dato al Regno Unito tempo fino al 31 ottobre per trovare un accordo sull’uscita. May ha detto che il paese proverà a uscire dall’Ue prima , ma il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha invitato “gli amici britannici a non sprecare questo rinvio”.

Insomma, lo stallo continua. Il paese non ha fatto un solo passo in più rispetto a tre anni fa. Gli unici ad aver tratto vantaggio da questa situazione, come si è visto, sono stati personaggi e gruppi di destra ed estrema destra che solo qualche tempo fa erano minoritari, mentre oggi sono al centro della scena.

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