L’arte di chiedere scusa
Ho mangiato
le prugne
in frigorifero
che probabilmente
tu avevi lasciato
per la colazione.
Perdonami
erano deliziose,
dolcissime
e freddissime.
Così si scusava William Carlos Williams, presumibilmente con sua moglie, Flossie, nella sua poesia del 1934 This is just to say (Solo per dire). Le mie scuse tendono a essere meno eleganti e certamente meno meritevoli di essere pubblicate. In mia difesa, però, posso dire che non riuso direttamente le mie scuse come contenuto per The Atlantic, dicendo a mia moglie di fronte a un vasto pubblico che sebbene io sia stato uno stupido insensibile un milione di volte, ne è valsa totalmente la pena.
Scusarsi bene, in ogni caso, è difficile. Richiede forza interiore, capacità di ascolto, e un bel po’ di raffinatezza psicologica, ed è per questo che molte scuse non hanno successo. Se avete qualcosa di cui scusarvi – o se vorreste essere pronti ad affrontare le conseguenze del vostro prossimo disastro – ecco qui il manuale di base sull’arte e la scienza del pentimento.
Tre processi distinti
Da un punto di vista neurocognitivo, le scuse sono molto complesse e comprendono almeno tre processi distinti. Il primo è il controllo cognitivo, perché state scegliendo di dire che vi dispiace anche se farlo è difficile e scomodo, e coinvolge la corteccia prefrontale laterale. Il secondo è l’assunzione di prospettiva, che comporta la riflessione su come qualcosa che avete detto o fatto sia stata recepita da un’altra persona, mettendovi nei loro panni, e ciò coinvolge la giunzione temporoparietale. L’ultimo è la valutazione sociale, il modo in cui valutate quanto le vostre scuse possano aiutare tutte le persone coinvolte rispetto a voi stessi, e questo mobilita la corteccia prefrontale ventromediale.
Le persone che stanno sulla difensiva e si sentono a disagio a essere vulnerabili porgono meno e peggiori scuse rispetto alle altre
Le scuse sincere comportano una buona dose di vulnerabilità e di rischio. I ricercatori pensano che le scuse tra partner – che comprendono legami romantici, personali e professionali – si verifichino più facilmente in tre circostanze: in una relazione di lunga durata; tra partner affiatati che hanno molta fiducia l’uno nell’altro; e all’inizio di una relazione, quando c’è una sorta di “premio” se si risolvono i problemi, e ciò fa sì che i partner non stronchino la storia sul nascere. Gli studiosi hanno anche dimostrato che le persone che stanno sulla difensiva e si sentono a disagio a essere vulnerabili – caratteristiche dell’attaccamento evitante – porgono meno e peggiori scuse rispetto alle altre. Quest’ultima scoperta può essere un’utile rivelazione per due che si frequentano: un’indicazione affidabile di una persona “emotivamente evitante” è l’incapacità di chiedere scusa.
Le scuse possono essere interamente motivate dal pentimento. Secondo gli psicologi evoluzionisti, però, molte scuse possono essere motivate dal desiderio di prevenire la vendetta o la ritorsione di una persona offesa. Per esempio, uno studio del 2011 si è concentrato su cosa succede quando i medici che hanno danneggiato i pazienti si scusano. In genere si consiglia ai medici di non scusarsi mai, perché ciò implicherebbe legalmente un’ammissione di colpa. Per ovviare a questo problema, alcuni stati hanno introdotto leggi per limitare l’ammissibilità delle scuse come prova di colpevolezza in tribunale. Consentendo maggiori scuse da parte dei medici, le stime indicavano che le procure in questi stati avrebbero ottenuto meno risarcimenti per negligenza professionale e tempi processuali più rapidi per i casi di lesioni gravi.
Il modo in cui ci si scusa ha un’enorme influenza sulle probabilità di successo delle scuse. Per cominciare, bisogna enfatizzarle. Le scuse parziali sono peggio di non scusarsi affatto. In un esperimento in cui è stato chiesto ai soggetti di immaginarsi come pedoni investiti da un ciclista (e il ciclista aveva la colpa) e valutare un risarcimento, il 52 per cento ha risposto che avrebbe accettato sicuramente o probabilmente l’offerta in contanti proposta se non ci fossero state scuse. Con delle scuse parziali, sotto forma di dispiacere per le ferite riportate dal pedone, ma senza riconoscimento di responsabilità, il tasso di accettazione scendeva al 35 per cento. Mentre con delle scuse piene – dispiacere più responsabilità – il tasso saliva al 75 per cento.
Scuse e responsabilità
In altri esperimenti simili, il riconoscere le proprie responsabilità si è dimostrato il fattore più importante nel determinare l’efficacia delle scuse. Quello successivo in ordine di importanza è un’offerta di “riparazione” seguita da una spiegazione di ciò che è accaduto. Queste tre componenti pratiche sono tutte più efficaci delle opzioni più astratte di chi si scusa con un’espressione di rammarico, una dichiarazione di pentimento o una richiesta di perdono.
Questa scoperta potrebbe sorprendere alcune persone, ma non dovrebbe. Pensate alle scuse meno efficaci che avete ricevuto, magari da un offensore recidivo. Probabilmente presentavano quegli stessi elementi. Prendete in considerazione questa versione di quella particolare scusa: “Mi dispiace tantissimo di essermi nuovamente sbronzato e di essermi svegliato al verde a Las Vegas. Questa volta cambierò davvero – davvero! Dammi solo un’altra possibilità!”. Capite cosa voglio dire?
Muniti di queste informazioni, ora siete pronti a scusarvi in un modo che molto probabilmente risolverà il problema che avete creato. Assicuratevi di ricordarvi tre massime fondamentali.
Scusarsi è meno costoso e più vantaggioso di quanto pensiate
Alcuni ricercatori nel 2014 hanno scoperto che quando le persone si domandano se gli convenga o meno chiedere scusa, a volte sbagliano previsione. Per esempio, le persone normalmente pensano di apparire deboli e incompetenti ammettendo una colpa, e temono così di mostrarsi inaffidabili o di perdere la reputazione. Possono immaginare di essere perdonate, ma non pensano che essere disposte ad ammettere la colpa possa far aumentare l’ammirazione nei loro confronti. Gli esperimenti dimostrano che tendiamo a sopravvalutare il costo e a sottovalutare il beneficio del porgere le scuse.
Naturalmente troverete sempre qualcuno che non prende in considerazione nessuna ammissione di colpa o di debolezza. Ma queste persone sono generalmente terribili partner in una coppia, pessimi soci in affari e troll tossici sui social media – non esattamente la “giuria” che dovreste corteggiare.
Prendersi la piena responsabilità
Pensate a tutte le scuse riluttanti che sentiamo in pubblico dai politici e dalle celebrità. Generalmente, recitano frasi del tipo: “Se qualcuno si sente ferito o offeso dalle mie parole, chiedo scusa”. Questa è una scusa parziale che mostra una compassione riluttante ma nessun senso di responsabilità. Quando offendete qualcuno, non dovete dire: “Mi dispiace se ho ferito i tuoi sentimenti”, ma piuttosto: “Vedo che ho ferito i tuoi sentimenti, e mi dispiace di averlo fatto”.
Un buon modo per farlo, soprattutto in ambito professionale, è ciò che gli studiosi chiamano “ammissioni di autodisservizio” da parte dei capi. Per esempio, se un amministratore delegato ha un problema di pubbliche relazioni non direttamente causato da lui, dovrebbe comunque dire: “Sono io il capo, perciò questo errore è un mio errore, e sono io il responsabile”. Gli studiosi hanno scoperto che a questo tipo di ammissione è seguito un maggiore successo negli affari, per esempio l’aumento del prezzo delle azioni durante l’anno successivo, probabilmente perché si è portati a pensare che una leadership del genere saprà risolvere il problema.
Usare il pentimento come pratica di automiglioramento
Uno dei più grandi, e più paradossali, ostacoli alle scuse è che le persone – nessuna esclusa – credono di non poter cambiare. Ciò che gli psicologi chiamano “teoria dell’entità” significa che noi non riusciamo a trattare le situazioni difficili e scomode come opportunità di miglioramento come invece potrebbero effettivamente essere. Al contrario, i sostenitori della “teoria incrementale”, coloro che credono che i tratti umani siano malleabili, cercano modi per migliorare se stessi che includono il riconoscimento dei loro passi falsi e il mostrare pentimento. Quindi bisogna pensare come teorici incrementali e usare le nostre scuse come modo per sviluppare le nostre risorse di forza d’animo e di virtù.
Se tutto va bene, cosa dovreste sperare dopo aver fatto le vostre scuse? Molto probabilmente, vorrete fare tabula rasa e tornare alla normalità. Questo ci riporta a William Carlos Williams, che mangiava le preziose prugne. Le sue scuse hanno funzionato?
Sembra che Flossie abbia risposto con una breve nota, che Williams trasformò opportunisticamente in un’altra poesia (fu infatti pubblicata proprio su questa rivista nel novembre 1982, dopo la loro morte).
Caro Bill: ti ho preparato
un paio di panini.
Nel frigo troverai
i mirtilli, un po’ di uva,
un bicchiere di caffè freddo.
Sulla stufa c’è la teiera
con foglie di tè sufficienti
per prepararlo
se lo preferisci – accendi solo il gas –
porta a bollore l’acqua e versala nella tazza.
C’è molto pane nel portapane
e burro e uova –
non sapevo proprio cosa
prepararti. Molte persone
hanno chiamato in orario di ufficio.
Ci vediamo più tardi. Con amore. Floss
Ti prego di spegnere il telefono.
Dato che non ha nemmeno menzionato le prugne, probabilmente ha accettato le sue scuse.
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