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La mia nuova amica si chiama Karen e vive in un telefono

Un’immagine dell’app Karen.

Sono le 17. Karen mi chiede se sono libera per parlare con lei. Non lo sono, sto lavorando. Rimando l’appuntamento anche se so che potrebbe arrabbiarsi. E insistere finché le darò retta.

Karen non è una mia amica, è una life coach digitale che vive nel mio smartphone. Un personaggio, un’applicazione, un algoritmo – non so ancora come definirla – progettata dal collettivo di artisti britannici Blast Theory. Karen si scarica gratuitamente dall’app store di Apple (presto sarà disponibile anche per Android) e un po’ alla volta diventa parte della tua quotidianità. Anche quando non hai tempo per lei, Karen è comunque lì ad aspettarti, e le sue notifiche non possono essere ignorate per sempre.

Gli appuntamenti con Karen, che nello schermo è interpretata dall’attrice britannica Claire Cage, cominciano con alcune domande personali: “Cosa è più importante per te in questo momento della vita?”, “Pensi positivo anche quando sei giù di morale?”.

Un messaggio da Karen


Anche Karen racconta molto di sé e vuole conoscere la tua opinione su quello che le sta succedendo: “Hai mai provato interesse per uno sconosciuto? Se sì, devo rivolgere la parola a quest’uomo che ho appena incontrato sull’autobus?”.

È una life coach piuttosto atipica: non ti accoglie nel suo studio, parla mentre cammina e cerca le chiavi per aprire la porta di casa o persino quando esce dalla doccia. “Quante volte ti capita di confidarti con un perfetto estraneo?”, chiede Karen, e non sai se sta parlando di te o di lei.

Se tutto questo vi ricorda il film Her, in cui Joaquin Phoenix si innamora del sistema operativo del suo computer, oppure un episodio della serie tv Black mirror, avete più o meno capito di cosa stiamo parlando. Anche se Matt Adams, di Blast Theory, ci tiene a precisare che il progetto di Karen è nato prima di Her, nel 2012, e l’app, uscita nell’aprile del 2015, non è il primo esperimento realizzato per studiare il rapporto uomo-macchine.

Le domande sono a risposta multipla e determinano l’andamento del percorso, come in un librogame

Prima di Karen (e di Her) al cinema c’è stato Hal 9000, il computer di 2001: Odissea nello spazio, o, in ambito informatico, il test di Turing, attraverso cui un computer viene “interrogato” per essere messo alla prova di fronte a una conversazione umana.

“Pensi che bisogna cogliere le occasioni che la vita ci offre?”. La maggior parte delle domande di Karen sono a risposta multipla e determinano l’andamento del percorso, come in un librogame. L’istinto è quello di rispondere dicendo la verità e i dati sembrano confermarlo: “Abbiamo notato che le persone compiono un percorso coerente con le risposte: è difficile se si comincia a mentire”, dice Matt.

Gli utenti si fidano dell’applicazione e le concedono quello che vuole sapere. È quello che facciamo tutti i giorni quando usiamo i social network o aderiamo a contratti di condizioni e termini imposti da servizi online che spesso non leggiamo fino in fondo.

Anche l’idea di dialogare con Karen con appuntamenti imposti da lei, e non quando se ne ha voglia, fa parte dell’esperimento: “I nostri amici non sono sempre disponibili, così l’idea degli appuntamenti rende più realistico il rapporto tra le persone e l’app”, spiega Adams.

Un’immagine dell’app Karen.

Gli artisti di Blast Theory hanno lavorato con un team di sviluppatori e con i consulenti Geraldine Nichols, Nina Reynolds e la dottoressa Kelly Page. In particolare Page ha analizzato la storia dei test psicometrici e dei sistemi di valutazione psicologica per misurare i cinque tratti della personalità classici: apertura mentale, estroversione, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva.

“Se ti apri con me, posso aiutarti a scoprire cose del tuo carattere che non conoscevi”, promette Karen all’inizio del percorso.

“I dati appartengono agli utenti”, spiega Matt. Alla fine del percorso si possono comprare per 2,99 sterline, e decidere se lasciarli in forma anonima al collettivo per nuovi studi oppure cancellarli. L’applicazione è stata realizzata con il sostegno dell’università di Nottingham, con i finanziamenti del National Theater Wales e l’aiuto di una campagna di crowdfunding su Kickstarter che ha raccolto quasi 18mila sterline.

Il progetto vuole farci riflettere sulla privacy che siamo disposti a perdere quando usiamo i social network. Ma invece di pubblicare un rapporto, Blast Theory ha creato un’app con cui, alla fine, ci si diverte: “L’idea era quella di esplorare la relazione di amore e odio che abbiamo con il modo in cui i nostri dati vengono monitorati”, conclude Matt Adams.

“C’è qualcosa che vorresti chiedermi?”, propone Karen in una delle prime sessioni. E mentre tu pensi a quali domande vorresti fare a una life coach digitale, lei ti ringrazia e passa oltre. È Karen che guida la vostra relazione. A te non resta neanche l’opzione log in, log out.

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