Le battaglie vinte contro i virus
Questo testo è un estratto del libro “Immunità. Vaccini, virus e altre paure” (Luiss University Press 2021).
Mio padre ha una cicatrice sul braccio sinistro provocata dalla vaccinazione antivaiolosa di oltre mezzo secolo fa. Quel vaccino è responsabile dello sradicamento in tutto il mondo del vaiolo, il cui ultimo caso di infezione naturale è capitato nell’anno in cui sono nata io. Tre anni dopo, nel 1980, la malattia che nel ventesimo secolo aveva ucciso più persone di tutte le guerre di quel secolo era ufficialmente scomparsa dalla faccia della terra.
Il virus del vaiolo oggi esiste solo in due laboratori, uno negli Stati Uniti e l’altro in Russia. L’Organizzazione mondiale della sanità, fin da poco dopo lo sradicamento del vaiolo, ha fissato una serie di scadenze per la distruzione di queste riserve, ma nessuna delle due nazioni le ha rispettate. Nel 2011, nel corso di un dibattito sulla questione, gli Stati Uniti hanno sostenuto la necessità di disporre di più tempo per il virus, così da poter mettere a punto un vaccino migliore, per ragioni di sicurezza. Il vaiolo ha smesso ormai di essere una malattia per restare solo un’arma potenziale. E persino se le ultime riserve venissero distrutte, potrebbe continuare a costituire un’arma. C’è ancora molto che non sappiamo del vaiolo, compreso il motivo per cui è un morbo tanto virulento, ma ne sappiamo abbastanza, almeno in teoria, per poterlo ricreare in laboratorio.
Carl Zimmer osserva: “La nostra conoscenza dona al virus una sua forma di immortalità”. Trent’anni dopo che negli Stati Uniti si era smesso di praticare la vaccinazione di routine contro il vaiolo, il governo ha chiesto ai ricercatori dell’Università dello Iowa di verificare l’efficacia delle restanti riserve del vaccino.
Questo è successo nel lungo periodo seguito all’11 settembre 2001, durante il quale ci si prefigurava ogni potenziale attacco terroristico, compreso l’uso del vaiolo come arma biologica. Il vaccino contro il vaiolo si è dimostrato efficace anche dopo essere rimasto conservato per decenni, pur essendo oltretutto diluito per aumentarne le scorte. Ma i risultati della sperimentazione del vaccino, secondo la direttrice del Vaccine Research and Education Unit dell’università, Patricia Winokur, erano “inaccettabili in base agli standard attuali”. Un terzo delle persone che sono state vaccinate ha sofferto di gravi febbri o eruzioni cutanee e si è sentito male, in certi casi, per diversi giorni.
Quel vaccino ha eliminato il vaiolo, ma resta molto più pericoloso di qualunque altro vaccino attualmente previsto nel piano di prevenzione per l’infanzia. Il rischio di morte dopo la vaccinazione contro il vaiolo, secondo una stima fatta, è di circa uno su un milione, mentre il rischio di successiva ospedalizzazione è di uno su centomila.
La poliomielite è probabilmente la prossima malattia che verrà debellata tramite la vaccinazione
Molti bambini della generazione di mio padre hanno corso quel rischio. Erano la generazione dei cosiddetti Polio Pioneers, i seicentocinquantamila bambini provenienti da tutto il paese che i genitori avevano presentato come volontari per sperimentare il primo vaccino contro la poliomielite. Questo era successo dopo che Jonas Salk aveva provato il vaccino su di sé e sui suoi tre ragazzi. Ho visto alcune fotografie dei Polio Pioneers, scolari poco più grandi di mio figlio che se ne stavano in fila con la manica della camicia arrotolata, sorridenti davanti alla macchina fotografica. “Avevano paura della polio e della bomba”, scrive Jane Smith a proposito dei suoi genitori, “e tendevano a pensare alle due cose negli stessi termini, come forze che avrebbero potuto attaccare senza preavviso e distruggere le loro vite e quelle dei loro figli”.
I Polio Pioneers erano nati subito dopo Hiroshima, da genitori che in molti casi erano stati reclutati per il servizio militare. Nel firmare i moduli prima della somministrazione del vaccino sperimentale ai figli, i genitori non davano il proprio consenso, ma “chiedevano” di far parte della sperimentazione. È difficile oggi immaginare genitori che facciano una richiesta del genere. Se è vero che chiediamo regolarmente di fare più test dei vaccini e più sperimentazioni umane, il presupposto implicito è che non vogliamo che siano i nostri figli l’oggetto di quelle prove. La poliomielite è probabilmente la prossima malattia che verrà debellata tramite la vaccinazione, sebbene questo si sia rivelato un progetto più difficile da realizzare rispetto allo sradicamento del vaiolo.
A differenza dei malati di vaiolo, la maggior parte di coloro che contraggono la poliomielite sono portatori asintomatici e non sviluppano mai la paralisi, ma possono pur sempre trasmettere la malattia. Siccome non c’è alcuna eruzione cutanea visibile che aiuti a identificare e far mettere in quarantena il singolo caso, come succede con il vaiolo, l’eliminazione della poliomielite dipende in misura maggiore dalla vaccinazione universale. La poliomielite oggi è endemica solo in Pakistan, Afghanistan e Nigeria. La campagna per il suo sradicamento in Nigeria è arrivata a un punto di temporaneo stallo nel 2003, quando i leader religiosi e politici locali hanno cavalcato i timori che si trattasse di un piano delle potenze europee per sterilizzare i bambini musulmani.
Campagne e complotti
“Siamo convinti che i moderni Hitler abbiano deliberatamente adulterato i vaccini antipolio orali con farmaci contro la fertilità e che li abbiano contaminati con virus che notoriamente causano hiv e aids”, ha sostenuto il presidente del Consiglio supremo della sharia in Nigeria, incitando i genitori a rifiutare la vaccinazione. In un periodo di crescente ostilità nei confronti dei paesi islamici da parte dell’occidente, come osserva l’antropologa Maryam Yahya, i musulmani in Nigeria stavano stabilendo un nesso tra l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan da un lato e l’invasione delle loro case da parte dei vaccinatori porta a porta dall’altra. E dal momento che la poliomielite era endemica in una regione in buona parte musulmana, la campagna antipolio sembrava prendere eccessivamente di mira gli islamici.
La frattura all’interno dello stato nigeriano era inoltre causa di incertezza. Quando i gruppi politici in competizione tra loro hanno esaminato il vaccino antipolio orale per verificare la presenza di un estrogeno che potesse influire sulla fertilità, hanno prodotto risultati diversi: uno non ha trovato nulla, un altro ne ha trovate tracce. C’era poi il problema della carenza di assistenza sanitaria di base nel paese. Scrive Yahya: “La popolazione nigeriana è attonita per il fatto che il governo federale, con il supporto della comunità internazionale, stia spendendo enormi risorse per i vaccini antipolio ‘gratuiti’, quando i medicinali essenziali per trattare malanni minori sono fuori della portata della gente comune”.
Nello sforzo profuso per debellare la poliomielite, non è stata data la stessa attenzione ad altre malattie prevenibili, come il morbillo, nemmeno nel caso in cui queste uccidano un numero maggiore di bambini. “Ciò che emerge sempre più chiaramente dai discorsi che si sentono fare”, scrive Yahya in riferimento al suo lavoro sul campo in Nigeria, “è una mancanza di fiducia nel governo e nell’occidente, raffigurati da molti come ‘complici del crimine’”. Questa sfiducia, ci avverte, non andrebbe ignorata e le dicerie sulla vaccinazione vanno intese come “un linguaggio che cristallizza un giudizio non infondato su un’esperienza politica più ampia in ambito coloniale e postcoloniale”.
Nel 2004, meno di un anno dopo l’inizio del boicottaggio, la Nigeria era diventata il centro di trasmissione della poliomielite nel mondo. La malattia si è diffusa in altri diciassette paesi, tra cui Benin, Botswana, Burkina Faso, Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Costa d’Avorio, Etiopia, Ghana, Guinea, Mali, Sudan e Togo. Il boicottaggio è terminato nel momento in cui i funzionari nigeriani hanno approvato l’utilizzo di un vaccino antipolio prodotto da una società con sede in un paese islamico.
Nel 2012, nel Pakistan settentrionale un leader talebano ha proibito la vaccinazione antipolio nella propria regione finché gli Stati Uniti non avessero smesso i loro attacchi con i droni. Ha sostenuto che le campagne di vaccinazione erano una forma di spionaggio americano. Benché ciò potesse assomigliare alle chiacchiere sui piani segreti in Nigeria, era, sfortunatamente, molto più facile da provare. Nella caccia a Osama bin Laden, la Cia aveva simulato una campagna di vaccinazione – somministrando sì un autentico vaccino contro l’epatite B, ma non nelle tre dosi necessarie per l’immunità – al fine di raccogliere tracce di dna che potessero aiutare a trovare il nascondiglio di bin Laden. Questo sotterfugio, come altri atti di guerra, è costato la vita a donne e bambini.
L’organizzazione Lady Health Workers del Pakistan, una squadra di oltre centodiecimila donne addestrate per portare assistenza sanitaria porta a porta, aveva già subito anni di brutale intimidazione da parte dei talebani e non sentiva proprio la necessità di venire associata alla Cia. Non molto tempo dopo il divieto talebano di fare vaccinazioni, nove vaccinatori contro la polio, cinque dei quali donne, sono stati assassinati in una serie coordinata di aggressioni. Dopo questi omicidi, in Pakistan è stata sospesa la campagna antipolio, ma non appena è ripartita si sono registrati nuovi omicidi, sia in Pakistan sia in Nigeria.
Nel 2013 in Nigeria sono stati giustiziati nove vaccinatori contro la polio e, sino a oggi, in Pakistan sono stati uccisi ventidue operatori sanitari. Durante il periodo di sospensione della campagna di vaccinazione, il virus della poliomielite proveniente dal Pakistan è stato scoperto in campioni di acque di scolo in Egitto, dove da quasi un decennio la malattia non era più presente. Successivamente la poliomielite è stata riscontrata in Israele, a Gaza e in Cisgiordania; in Siria la malattia ha paralizzato tredici bambini. La sua capacità di diffondersi al di là dei confini nazionali è uno dei fattori che rende il rifiuto del vaccino un’arma utilizzabile nel conflitto internazionale.
In una scena di Apocalypse Now, che fa molta più paura di qualunque cosa Francis Ford Coppola abbia potuto inventarsi per il suo adattamento di Dracula, il colonnello Kurtz racconta del ritorno in un campo dove aveva prestato aiuto per vaccinare i bambini contro la poliomielite e della scoperta che le braccia dei piccoli erano state amputate. “Le piccole braccia erano lì, in un mucchio” dice. Quel mucchio di braccine simboleggiava la guerra del Vietnam, e a sua volta richiamava, tramite Cuore di tenebra, i mucchi di mani umane che rappresentavano il Congo Belga.
(Traduzione di Albertine Cerruti)
Questo testo è un estratto del libro “Immunità. Vaccini, virus e altre paure” (Luiss University Press 2021).
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