L’accordo tra Londra e Kigali sui migranti solleva molti dubbi
Il Regno Unito era preoccupato per l’arrivo di migranti dal canale della Manica o nascosti su veicoli che attraversano le frontiere. Nel 2021 ne sono stati fermati più di 28mila. Il governo conservatore di Londra ha deciso così di rivolgersi ad alcuni paesi africani per vedere se fossero disposti ad accogliere sul loro territorio queste persone. Il Kenya ha detto no, e così pare anche il Ghana.
Ad accettare è stato il Ruanda, che negli ultimi anni ha già stretto accordi simili con altri paesi, tra cui Israele e la Danimarca. Il 14 aprile la segretaria di stato britannica per gli affari interni Priti Patel e il ministro degli affari esteri ruandese Vincent Biruta hanno firmato un accordo di partenariato sulle migrazioni e lo sviluppo economico che, secondo molti commentatori, lascia parecchi interrogativi sulla sorte delle persone che saranno trasferite nel paese africano. In passato accordi di questo tipo non hanno impedito ai migranti di provare a tornare nei paesi che li avevano respinti né gli ha garantito condizioni di vita dignitose nelle loro nuove case.
“Non si sa il numero preciso di migranti che Londra si aspetta di reinsediare, ma le autorità hanno lasciato intendere che ogni migrante di sesso maschile fermato nel tentativo di entrare illegalmente nel Regno Unito sarà mandato in Ruanda”, spiega The East African (l’articolo è tradotto sul numero 1457 di Internazionale). In cambio, Londra verserà a Kigali fino a 120 milioni di sterline. Il sito dell’emittente francese France24 ha intervistato François Gemenne, un esperto di migrazioni, secondo il quale l’accordo viola la convenzione di Ginevra sui rifugiati. Gemenne precisa che, in base al nuovo programma, Londra affiderà completamente alle autorità ruandesi le procedure per ottenere l’asilo politico.
Diversamente da quanto ha fatto l’Australia, che aveva affidato la gestione delle domande a paesi come Nauru, ma aveva poi accolto sul suo territorio gli aventi diritto alla protezione umanitaria, il Regno Unito non ha intenzione di accogliere i profughi, che dovranno rimanere nel paese africano. “È un sistema completamente nuovo”, commenta Gemenne. “L’accordo sarà difficile da mettere in atto, e avrà un costo considerevole per i cittadini britannici. Non solo ci sono i 120 milioni di sterline da versare a Kigali, ma bisognerà considerare anche il costo dei voli aerei per trasferire i migranti nel paese africano. In Francia un trasferimento forzato costa in media 14mila euro a persona. Il patto può funzionare come deterrente, ma dipende da come sarà applicato: saranno controllate tutte le imbarcazioni che arrivano sulle coste britanniche, o solo alcune? Il premier Boris Johnson sembra comunque determinato a fare di tutto, costi quel che costi”. Tanto più che Johnson è convinto che il Ruanda sia un paese sicuro.
Promesse non mantenute
Il Ruanda è un paese minuscolo e già ospita 127mila persone che hanno dovuto abbandonare le loro case, la maggior parte delle quali vive nei campi profughi. Il governo di Paul Kagame e i suoi sostenitori si vantano di essere il paese dell’accoglienza. “Le autorità locali sostengono che i migranti avranno diritto alla piena protezione in base alla legge nazionale, alle stesse opportunità di accesso al mondo del lavoro e ai servizi sanitari e previdenziali che hanno i ruandesi, oltre che ai documenti d’identità”, precisa The East African, ma il passato recente ha mostrato che molte di queste promesse rimangono solo sulla carta.
Nel Regno Unito l’accordo tra Londra e Kigali ha suscitato critiche durissime dalle organizzazioni di difesa dei diritti umani e dai vertici della chiesa anglicana, e non è detto che vedrà mai la luce. Sul sito della Cnn, la giornalista Sally Hayden – che di recente ha pubblicato il libro My fourth time, we drowned in cui include le testimonianze di persone costrette a rifugiarsi in Ruanda – ricorda che quello di Kagame è un regime dittatoriale, dove i diritti dei cittadini sono calpestati e non esiste libertà d’espressione. Il presidente ruandese, secondo Hayden, usa gli accordi sui profughi per mantenere buoni rapporti con i paesi ricchi disposti a chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani commesse in Ruanda. “I rifugiati che ho incontrato fuori dai campi”, scrive Hayden, “erano terrorizzati di essere stati sentiti dagli informatori del governo, che sono onnipresenti. Ma lo stesso cercavano di contattarmi perché non avevano nessun altro a cui denunciare i trattamenti che subivano. Il Ruanda paga delle agenzia di pubbliche relazioni occidentali per riabilitare la sua immagine internazionale, ma nel paese gli abusi dei diritti umani sono all’ordine del giorno”.
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