Gli impegni sui gas serra non bastano a rispettare gli accordi di Parigi
Gli impegni presi dai governi sulla riduzione delle emissioni di gas serra non sono sufficienti a mantenere l’aumento della temperatura media globale a meno di 1,5 °C. È la conclusione dell’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite sull’ambiente (Unep) sull’emission gap, la distanza tra le emissioni attuali e i livelli necessari per rispettare gli obiettivi stabiliti alla conferenza di Parigi nel 2015. Secondo il rapporto, anche se tutti i governi del mondo rispettassero alla lettera gli obiettivi di riduzione presentati finora, entro il 2100 la temperatura globale salirebbe comunque di 3,2 gradi rispetto ai livelli preindustriali.
Secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, per rispettare l’obiettivo degli 1,5 gradi, che consentirebbe di limitare notevolmente le conseguenze del cambiamento climatico sulla sicurezza, sull’economia e sugli ecosistemi, possiamo permetterci di emettere al massimo 25 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente da oggi fino al 2030. Con gli impegni attuali le emissioni raggiungerebbero invece 56 miliardi di tonnellate. Per rispettare l’obiettivo bisognerebbe ridurre le emissioni del 7,6 per cento all’anno, cinque volte di più rispetto alla somma degli impegni di tutti i paesi.
Il rapporto si concentra soprattutto sui membri del G20, il gruppo dei venti paesi più ricchi del mondo, responsabili complessivamente del 78 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica. Tra questi, finora solo la Francia e il Regno Unito hanno stabilito una data entro la quale ridurre a zero le emissioni nette di anidride carbonica. Secondo il rapporto solo l’Unione europea, il Messico e la Cina sembrano destinati a rispettare gli obiettivi che si sono prefissati. Gli autori sottolineano però la necessità che Pechino fermi la costruzione di nuove centrali elettriche a carbone. Stando a un recente rapporto di End coal, la Cina è il paese che sta costruendo il maggior numero di centrali a carbone, il 50 per cento in più rispetto a tutti gli altri paesi del mondo messi insieme.
Il rapporto dell’Unep arriva subito dopo la pubblicazione del bollettino sui gas serra dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), secondo il quale nel 2018 la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera ha raggiunto un nuovo record attestandosi a 407,8 parti per milione, il 47 per cento in più rispetto ai livelli preindustriali. L’aumento è stato leggermente superiore alla media annuale degli ultimi dieci anni. “L’ultima volta che l’atmosfera terrestre ha raggiunto una simile concentrazione di anidride carbonica, tra i 3 e i 5 milioni di anni fa, la temperatura era più alta di 2 o 3 gradi rispetto a oggi e il livello dei mari era tra i 10 e i 20 metri più alto”, ha notato il segretario generale dell’Omm Petteri Taalas.
Il bollettino ha registrato un forte aumento nelle concentrazioni di altri due gas serra, l’ossido di diazoto e il metano. Quest’ultimo, che nel breve periodo ha un effetto trenta volte più potente rispetto all’anidride carbonica, ha raggiunto un livello superiore del 159 per cento rispetto al periodo preindustriale e la sua concentrazione aumenta a ritmi sempre più rapidi. Il 60 per cento delle emissioni di metano proviene da attività umane, come l’agricoltura, l’allevamento e le discariche. Nel complesso il forzante radiativo (cioè l’effetto riscaldante sul clima) di questi gas è aumentato del 43 per cento rispetto al 1990.
I due rapporti faranno parte della documentazione scientifica su cui si baserà la conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop25) che si svolgerà a Madrid dal 2 al 13 dicembre, durante la quale i paesi firmatari dell’accordo di Parigi dovranno valutare i progressi fatti finora e rinnovare i loro obiettivi in materia di riduzione delle emissioni.