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La minaccia sommersa

Saint Lunaire-Griquet, Newfoundland, Canada, 27 maggio 2024. (Greg Locke, Reuters/Contrasto)

Uno studio pubblicato su Nature Geoscience aggiunge nuovi elementi a sostegno della tesi secondo cui il collasso del capovolgimento meridionale della circolazione atlantica (Amoc) potrebbe essere più vicino di quanto si pensi.

L’Amoc è una corrente oceanica che trasporta le acque calde dell’Atlantico tropicale verso nord e quelle fredde dell’Artico verso sud, svolgendo un ruolo importantissimo nella regolazione del clima terrestre.

Da anni gli scienziati avvertono che l’aumento delle temperature oceaniche e la riduzione della salinità dovuta allo scioglimento dei ghiacci dell’Artico potrebbero indebolirla o addirittura fermarla.

L’arresto dell’Amoc è uno dei temuti “punti di non ritorno” (tipping points) oltre i quali la stabilità del sistema terrestre sarebbe compromessa in modo irreversibile, e avrebbe conseguenze catastrofiche come il crollo delle temperature in Europa nordoccidentale, l’accelerazione del riscaldamento nell’Atlantico meridionale e l’alterazione del ciclo dei monsoni in Asia.

Secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico questo scenario è ancora molto distante: il rallentamento dovrebbe cominciare nella seconda metà del secolo e un arresto della corrente prima del 2100 è molto improbabile.

Ma gli autori dello studio sostengono che queste stime non tengono conto degli effetti dell’afflusso di acqua dolce dovuto allo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, che altera la circolazione delle acque profonde. Usando dei modelli computerizzati per simulare questo fenomeno, hanno calcolato che il rallentamento è già in corso e che la portata della corrente potrebbe ridursi di un terzo nei prossimi 15 anni.

A luglio un altro studio basato sull’andamento della salinità aveva ipotizzato che l’Amoc potrebbe arrestarsi completamente tra il 2037 e il 2064.

Il 21 ottobre un gruppo di scienziati, tra cui il climatologo Michael Mann, ha scritto una lettera aperta ai governi dei paesi nordici, che sarebbero i più colpiti dagli effetti di un collasso dell’Amoc, invitandoli a non sottovalutare questa minaccia e a prendere provvedimenti immediati.

Questo testo è tratto dalla newsletter Pianeta

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