Gli asintomatici che diffondono il virus senza saperlo
Con più di 470mila casi confermati in tutto il mondo, ormai una cosa è certa: il nuovo coronavirus è bravissimo a infettarci. Dagli studi cominciano a emergere ipotesi su quanto è contagioso e quando è più probabile che chi ne è affetto lo diffonda.
Anche se alcuni sono più vulnerabili di altri, il virus può far ammalare gravemente un adulto sano di qualunque età. La malattia, però, può anche essere asintomatica. I primi casi di questo tipo sono stati individuati in Cina a gennaio (Science China Life Sciences), ma non se ne conosceva la diffusione.
Lo studio di Jeffrey Shaman e dei suoi colleghi della Columbia University di New York, pubblicato sulla rivista Science il 16 marzo 2020, ha analizzato l’andamento dell’epidemia in 375 città cinesi tra il 10 gennaio, quand’è scoppiata, e il 23 gennaio, quando sono state imposte misure di contenimento come il divieto di viaggiare.
La ricerca ha concluso che l’86 per cento dei casi era “non documentato”, cioè asintomatico o con sintomi molto lievi. I ricercatori hanno inoltre esaminato i dati degli stranieri evacuati dalla città di Wuhan, dove si sono avuti i primi casi, scoprendo percentuali simili.
I casi non documentati, pur sempre contagiosi, secondo lo studio sono all’origine di buona parte della diffusione del virus in Cina prima dell’entrata in vigore delle misure di contenimento. Anche se gli asintomatici avevano solo il 55 per cento di probabilità d’infettare gli altri rispetto ai sintomatici, sono risultati essere la causa del 79 per cento dei contagi ulteriori, sia perché erano molto numerosi sia perché potevano spostarsi di più.
“Chi ha sintomi lievi, come forse la maggior parte di noi, continua a fare la sua vita”, dice Shaman. “Rappresenta quindi il principale strumento di propagazione del virus e ne favorisce la diffusione”.
I tamponi di V0’
Dai tamponi per la ricerca del Covid-19 eseguiti su tutti gli abitanti del paese veneto V0’, uno dei comuni italiani più colpiti, è emerso che il 60 per cento delle persone risultate positive non presentava alcun sintomo.
La percentuale è inferiore a quella riscontrata in Cina, ma per Shaman non si discosta poi tanto. “Anche se in certe comunità si parla di un caso su dieci e in altre di uno su cinque, in genere il numero dei casi è superiore di circa un ordine di grandezza rispetto a quelli confermati”, spiega.
Secondo i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie degli Stati Uniti (Cdc), i sintomi di quasi tutte le persone che si ammalano sono lievi e compaiono lentamente. Se in tanti sanno che tosse, febbre, fiato corto e stanchezza possono essere segni di Covid-19, tra i sintomi ci possono essere anche naso che cola o otturato, mal di gola, mal di testa, dolori muscolari, diarrea, nausea e vomito.
In genere il numero dei casi è superiore di circa un ordine di grandezza rispetto a quelli confermati
Il 19 per cento di chi si ammala si aggrava, in genere sviluppando polmonite. Il tasso di letalità varia a seconda di una serie di fattori come l’età media della popolazione, lo stato del sistema sanitario o in funzione della quantità di casi lievi individuati e contati. In uno studio pubblicato il 19 marzo 2020 su Nature Medicine è stato calcolato che a Wuhan è morto l’1,4 per cento dei pazienti sintomatici.
Nei bambini è più raro che la malattia sia grave, ma è una leggenda che i giovani adulti sani siano immuni. “In terapia intensiva sono finiti anche alcuni giovani”, ha detto il 19 marzo il consulente sanitario del governo britannico Chris Whitty.
A contagio avvenuto, il periodo d’incubazione è compreso tra i due e i quattordici giorni, e la metà dei casi manifesta i sintomi prima del sesto giorno (Annals of Internal Medicine). Questo dato, però, è stato calcolato studiando 181 casi confermati, quindi è improbabile che siano stati presi in considerazione i casi molto lievi e asintomatici.
Quando si comincia a essere contagiosi
Perfino chi sviluppa i sintomi rischia di diffondere il virus senza volerlo. Da uno studio compiuto in Cina (pubblicato su medRxiv in via preliminare ) sembra che la contagiosità comincia circa due giorni e mezzo prima della comparsa dei sintomi e raggiunge il culmine quindici ore prima.
Sapendo che a diffondere il virus sono tosse e starnuti, come contribuiscono gli asintomatici? Loro e le persone con sintomi lievi possono avere un’altissima carica virale nelle vie aeree superiori e quindi diffondere il virus tramite la saliva, toccandosi bocca o naso e poi una superficie e magari parlando. Capita di tossire o starnutire anche a chi non è malato.
Una volta comparsi i sintomi, la carica virale diminuisce in maniera costante e si diventa progressivamente meno contagiosi. A quanto pare, però, dopo la guarigione si potrebbe continuare a diffondere il virus per altre due settimane sia con la saliva sia con le feci (medRxiv), per cui sarebbe possibile contagiare gli altri anche dopo la scomparsa dei sintomi.
Se è probabile che le goccioline sospese nell’aria siano la principale causa di contagio, anche le superfici contaminate fanno la loro parte. Finora il monito era che il virus può resistere un paio d’ore su una superficie, dice William Keevil della University of Southampton nel Regno Unito.
Sopravvivenza sulle superfici
Ma secondo uno studio pubblicato il 17 marzo sul New England Journal of Medicine, si trattava di una stima per difetto, perché sul cartone potrebbe sopravvivere 24 ore, mentre su plastica e acciaio inossidabile fino a tre giorni. Nell’aria sembra che possa restare sospeso almeno tre ore.
“La sopravvivenza dei coronavirus per giorni sulle superfici rappresenta un rischio enorme”, commenta Keevil. “È difficile evitare di toccare superfici e oggetti contaminati come porte e maniglie, corrimano o touch screen pubblici”.
Esistono inoltre alcune evidenze di trasmissione dalle feci alla bocca, dice Elizabeth Halloran della University of Washington, dato che spinge a ribadire l’importanza di lavarsi le mani.
Keevil consiglia di lavarle con regolarità e attenzione, oppure di usare un gel a base alcolica, e di evitare di toccarsi occhi, naso e bocca. “Cosa assai difficile, visto che ci tocchiamo il viso diverse volte all’ora”, spiega.
In conclusione, sembra chiaro che l’isolamento solo di chi ha la tosse o la febbre, e della sua famiglia, non impedisce la diffusione del nuovo coronavirus, vista la sua capacità di provocare sintomi molto lievi, per poi raggiungere il picco della contagiosità prima che ci si renda conto di essere malati.