L’Europa torna in lockdown ma non ha piani a lungo termine
Poco prima delle undici di sera, ieri, una cameriera ha distribuito bicchieri di carta ai clienti ammassati nei tavoli fuori dal bar Luzia, nel vivace quartiere berlinese di Kreuzberg. “Mi spiace, ma dovete andarvene tutti”, ha detto. “Oddio, tra due minuti comincia il lockdown”, ha sospirato una donna seduta a un tavolo, mentre i clienti versavano quanto rimaneva dei loro cocktail nei bicchieri. Il divertimento era finito: per la seconda volta quest’anno, Luzia ha dovuto chiudere su ordine del governo tedesco.
Tutti i ristoranti, bar, palestre e teatri della principale economia d’Europa rimarranno chiusi almeno fino alla fine del mese, in un nuovo tentativo di arrestare la diffusione del covid-19. Agli alberghi non è più consentito accogliere turisti. Agli abitanti è stato richiesto d’incontrare persone appartenenti a un solo nucleo familiare. Florent, il gestore di Luzia, trae alcuni motivi di speranza dal fatto che, in Germania, il confinamento inizia in un momento in cui i casi sono ancora inferiori rispetto ai paesi vicini. “Speriamo di riaprire tra un mese”, ha dichiarato.
Mentre i casi di covid-19 aumentano e minacciano di sovraccaricare i sistemi sanitari, buona parte d’Europa ha adottato misure simili per ridurre i contatti umani. Due mesi fa, quando i numeri hanno cominciato a risalire dopo una felice quiete estiva, i paesi speravano ancora che misure più limitate e mirate avrebbero potuto evitare una seconda ondata. Adesso quell’ondata è tra noi, e ha la forza di uno tsunami. L’Europa ha superato gli Stati Uniti per numero di casi rispetto e al numero di abitanti. La settimana scorsa era europea metà dei casi dichiarati all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). “L’Europa è nuovamente al cuore di questa pandemia”, ha dichiarato il 29 ottobre il direttore regionale per l’Europa dell’Oms, Hans Kluge.
Evitare il peggio
La maggior parte dei paesi sta reagendo senza piani a lungo termine, cercando semplicemente di evitare il peggio. Le autorità pubbliche hanno opinioni diverse su quali siano i modi migliori per fare nuovamente scendere i numeri, e quanto basso sia il numero al quale debbano mirare. E nessuno sa cosa ci riservi il futuro. In mancanza di un vaccino che risolva la situazione, i diversi paesi rischiano di fare i conti con una sfiancante serie di confinamenti: un continuo saliscendi che potrebbe devastare l’economia, sostiene Albert Osterhaus, virologo all’Università di medicina veterinaria di Hannover. “Non c’è alcuna strategia in Europa”, conclude.
Il confinamento è apparso uno strumento sorprendente e scioccante quando la Cina l’ha applicato per prima, nella provincia di Hubei, il 23 gennaio. Ma si è dimostrato anche decisamente efficace, e gli altri paesi del mondo hanno adottato la stessa strategia in primavera, anche se con diversi gradi d’intensità.
Formulare il dibattito come una scelta tra sanità pubblica ed economia è sbagliato, osserva Devi Sridhar, docente di sanità pubblica
L’Europa ha risposto alla pandemia basandosi maggiormente sulla scienza rispetto agli Stati Uniti, ma a differenza di molti paesi asiatici, è stata incapace di evitarne il ritorno. Invece di usare l’estate per ridurre praticamente a zero il numero di casi, l’Europa ha festeggiato la stagione delle vacanze. È sembrato che le persone avessero smesso di avere paura del virus, dice Michael Meyer-Hermann, elaboratore di modelli presso il centro Helmholtz per la ricerca sulle malattie infettive, che è stato coinvolto nella creazione di piani per il confinamento in Germania. Hanno sempre più spesso trasgredito le regole relative sul distanziamento sociale, sull’uso delle mascherine, e sull’opportunità di tenersi lontani da grandi assembramenti di persone.
“Gli agenti infettivi nella comunità sono sempre rimasti al di sopra di un certo limite. Se si rilassano le misure di distanziamento, la situazione tornerà quella di prima”, sostiene Gabriel Leung, epidemiologo presso l’università di Hong Kong. I numeri sono cresciuti e hanno travolto gli altri pilastri di contenimento del virus, che peraltro alcuni paesi non sono mai riusciti a gestire efficacemente: testare e isolare i casi, e tracciare e mettere in quarantena i loro contatti.
Il fatto che la vita si sia perlopiù trasferita al chiuso, nelle ultime settimane, ha probabilmente aiutato il riemergere del virus, che potrebbe essere favorito anche dall’aria più fredda. “Credo che l’inverno renda le cose molto più difficili”, sostiene Adam Kucharski, elaboratore di modelli presso la Scuola d’igiene e medicina tropicale di Londra. “I paesi hanno probabilmente tenuto sotto controllo scenari ‘facili’, durante l’estate”.
Le differenze con la primavera
Non tutti sono convinti che i confinamenti siano la risposta. Il 28 ottobre, il giorno in cui la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato le nuove misure, l’Associazione nazionale dei medici delle casse malattia, ha presentato una proposta scritta di strategia contraria al confinamento. “Non possiamo imporre a un intero paese, o addirittura un continente, un coma indotto per settimane o mesi”, ha dichiarato Andreas Gassen, capo dell’associazione. Un altro dei coautori, il virologo Jonas Schmidt-Chanasit dell’Istituto di medicina tropicale Bernhard Nocht, è convinto che le limitazioni pre-confinamento della Germania sarebbero sufficienti a evitare il riemergere del virus, se fossero scrupolosamente rispettate. Secondo lui, invece di chiudere milioni di spazi pubblici e spendere miliardi per mantenerli in vita, la Germania dovrebbe spendere denaro per comunicare la necessità di seguire meglio le regole, facendole rispettare con severità, e magari creando alcune opportunità affinché le persone possano godere in sicurezza di attività più rischiose, come le feste.
Ma la maggior parte degli scienziati sostiene che i confinamenti siano inevitabili se l’Europa vuole evitare che i sistemi sanitari collassino, anche se non è necessario che siano drastici come in primavera, dice Kucharski. Allora “i paesi hanno fatto assolutamente tutto nello stesso momento”, dice. Adesso possono evitare quelle misure che limitano pesantemente le vite delle persone ma senza contribuire molto ad arginare il virus. “Non c’è motivo di chiudere in casa le persone”, per esempio, finché mantengono le distanze all’esterno, dice Devi Sridhar, docente di sanità pubblica globale all’università di Edimburgo.
La principale differenza con la primavera potrebbe essere che le scuole rimangono aperte nella maggior parte dei paesi. Karl Lauterbach, un esperto di politiche pubbliche e parlamentare tedesco del Partito socialdemocratico che ha contribuito a elaborare il “confinamento leggero” della Germania, sostiene che le scuole contribuiranno indubbiamente alla diffusione del virus. “Merkel ha chiesto: ‘Siamo sicuri di potercela fare senza chiudere le scuole’? Ho risposto che non possiamo esserne certi, ma probabilmente ce la faremo, dice Lauterbach. In ultima istanza i danni derivanti dalla chiusura delle scuole sono superiori ai rischi”, dice.
Altre lezioni
Alcuni calcoli suggeriscono che la Germania debba ridurre i contatti tra le persone di circa il 75 per cento rispetto ai livelli attuali, dice Lauterbach. “È una cosa incredibilmente difficile se si vogliono tenere le scuole e la maggior parte dei negozi aperti”. Bar e ristoranti, invece, determinano molti contatti, ma rappresentano solo l’1 per cento del prodotto interno lordo della Germania, il che ne fa “praticamente l’obiettivo perfetto delle misure antipandemia”.
La prima ondata di confinamenti ha fornito altre lezioni. Tanto per cominciare, formulare il dibattito come una scelta tra sanità pubblica ed economia è sbagliato, sostiene Sridhar. “Sul lungo periodo avere una diffusione incontrollata è molto peggiore per l’economia”, dice. “È quel che abbiamo visto in tutto il mondo”. Inoltre cominciare un confinamento tardi significa doverlo protrarre più a lungo. “Se aspetti che il livello delle infezioni sia piuttosto alto, probabilmente un confinamento di due settimane diventerà di tre mesi”, dice Sridhar.
La principale domanda dell’Europa, tuttavia, è cosa succederà in futuro. Osterhaus sostiene che la strategia dovrebbe essere quella di ridurre i casi a zero, applicando un confinamento duro e di lunga durata, unito a rigidi controlli alle frontiere e quarantene che tengano a distanza il virus. Questa strategia, applicata con successo in Cina, Australia e Nuova Zelanda, potrebbe essere politicamente poco allettante, tuttavia, e richiederebbe un’intensa coordinazione tra paesi, che attualmente manca. “Posso capire perché non sia successo”, dice Leung. “Ma al virus non interessa minimamente se ci sono o meno buoni motivi”. Altri insistono coi governi affinché seguano l’esempio della Corea del Sud: spingere in basso il numero dei casi migliorando il sistema di test, tracciamento e isolamento abbastanza da impedire al virus di riemergere.
Per ora l’Europa appare bloccata in un terzo scenario: un confinamento che impedisca al sistema sanitario di affondare. “È un po’ come se questi circuit-breaker (misure che interrompono le infezioni) servissero a rimandare il problema”, dice Kucharski. “La speranza è che il prossimo anno siano disponibili vaccini, medicine e cure migliori”. Lauterbach racconta di essere stato sostenitore di un confinamento più lungo in estate, e volto all’eliminazione del virus. Ma d’inverno sarebbe troppo difficile, aggiunge. “L’unica cosa che possiamo fare ora è rompere l’onda”, dice. “Ma il livello dell’acqua rimarrà alto”.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sulla rivista scientifica statunitense Science. Il titolo originale era: “Europe is locking down a second time. But what is its long-term plan?”.
Reprinted with permission from Aaas. This translation is not an official translation by Aaas staff, nor is it endorsed by Aaas as accurate. In crucial matters, please refer to the official English-language version originally published by Aaas.
Leggi anche:
Guarda anche: