Perché a Tripoli è tornata la guerra
C’è una stagione per tutto e un tempo per ogni attività sotto il cielo di Tripoli. C’è il tempo in cui si cerca di ammazzare il tempo, e il tempo in cui si cerca di non farsi ammazzare. Durante i black out abbiamo lunghe ore da far passare, durante i combattimenti cerchiamo di restare incolumi. A volte sono solo piccoli scontri, altre volte scoppia una guerra tra milizie in grado di modificare la mappa del potere.
Alla fine dei violenti scontri del 2014, l’alleanza di milizie Alba libica è riuscita a cacciare dalla capitale le fazioni armate originarie della città di Zintan. Alba libica era formata da diversi gruppi su base tribale e regionale, provenienti in gran parte dalle città di Misurata, Tripoli, Garian, Sabrata e Zawiya. Gli alleati avevano diverse affiliazioni politiche e religiose, per non parlare di quelle dei loro comandanti, che venivano da ambienti diversi: dalla Fratellanza musulmana al madkhalismo al Gruppo dei combattenti islamici libici. Tra loro c’erano anche ex tassisti e spacciatori di droga.
Un’alleanza di quel genere era possibile per le stesse ragioni che nel 2011 avevano spinto i ribelli, e i loro sostenitori a livello internazionale, a combattere insieme durante la guerra civile: avevano un nemico comune, che odiavano più di quanto si odiassero tra loro. Venuto meno quell’obiettivo, sono emersi i conflitti e le rivalità.
Quando nel 2014 la città di Tripoli è stata divisa in sfere d’influenza, molti gruppi che facevano parte di Alba libica sono stati esclusi dalla spartizione. A fare la parte del leone sono state le milizie di Misurata e quelle di Tripoli. I gruppi armati provenienti dalle città dell’ovest sono rimasti lontano dalla capitale o sono tornati alle loro attività. A Sabrata, per esempio, si sono concentrati sul traffico di esseri umani e sulla protezione degli impianti per l’estrazione di petrolio e gas. A Zuwara hanno fatto lo stesso in scala ridotta, mentre esercitano un controllo totale sul confine con la Tunisia, attraverso il quale contrabbandano carburante e alcolici.
Nel 2016, in cambio della possibilità di entrare e restare a Tripoli, il governo di accordo nazionale (Gna) guidato da Fayez al Sarraj ha riconosciuto le milizie di Tripoli come forze armate ufficiali alle dipendenze del suo ministero dell’interno. Il resto delle milizie è rimasto fedele all’ex governo di salvezza nazionale di Khalifa al Ghweil. A parte alcuni scontri di minore entità, la pace ha resistito grazie al delicato equilibrio di poteri e alle pressioni internazionali.
Quando è cominciata la guerra contro il gruppo Stato islamico (Is) a Sirte, molte truppe di Misurata si sono ritirate da Tripoli lasciando le loro posizioni sguarnite. Ad approfittarne è stato Haitham al Tajouri, comandante delle Brigate rivoluzionarie di Tripoli, come vuole il detto libico “io e mio fratello contro mio cugino, io e mio cugino contro lo straniero”. Al Tajouri ha creato una nuova alleanza con la brigata Ghnewa (chiamata con il soprannome del suo comandante), che ha sede nel quartiere di Abu Salim, e le forze guidate da Abdel Rauf Kara, con sede nel distretto di Suq al Jumaa.
Una strategia di lungo periodo
I tre re di Tripoli hanno dato il via a una campagna militare basata su una strategia di lungo periodo. Hanno lanciato piccoli attacchi in diverse aree, allargando lentamente e inesorabilmente il loro territorio. A volte hanno usato le persone, fomentando proteste contro le milizie di Misurata.
Alla fine hanno lanciato un attacco su ampia scala e sono riusciti a sconfiggere quel che restava delle forze di Misurata, il governo di salvezza nazionale e le milizie che garantivano la sua sicurezza, i gruppi armati che rispondevano agli ordini di Salah al Borki e di Khalid al Sharif, il secondo in capo del Gruppo dei combattenti islamici libici, ex viceministro della difesa in due governi, comandante della brigata della guardia nazionale e direttore della prigione di Al Hadba (la lista dei suoi titoli è più lunga di quella di Daenerys Targaryen nel Trono di spade). Lo schieramento perdente ha compiuto diversi tentativi disperati di riconquistare le sue posizioni, ma l’alleanza delle milizie di Tripoli ha resistito.
Tripoli è finita interamente sotto il controllo delle milizie locali, senza presenze esterne (se si esclude la brigata di fanteria 301, che ha mantenuto alcune posizioni nell’area sud della città). Le forze Rada di Kara, la brigata Ghnewa e i miliziani di Al Tajouri controllavano tutte le infrastrutture e le attività di Tripoli: il porto, l’aeroporto, le banche, gli edifici amministrativi, le moschee, i ministeri, le prigioni, i campi di detenzione per migranti, il mercato nero. Erano anche sul libro paga del governo, che gli destinava un budget consistente e gli garantiva ogni giorno competenze più ampie.
Ancora una volta l’ingiusta distribuzione dei territori ha creato tensioni e ha fatto arrabbiare molte milizie dentro e fuori Tripoli. Si sono verificati tentativi di cambiare la situazione, e scontri di minore entità per il controllo di territori. I combattimenti sono stati però sempre limitati e l’alleanza tra le milizie di Tripoli ha resistito.
A Sabrata la scintilla di una nuova guerra è stata la rivelazione dell’accordo segreto tra il governo di accordo nazionale, quello italiano e Al Ammu, un gruppo armato che faceva parte della scomparsa alleanza Alba libica. Si è appreso che quest’ultimo aveva ricevuto soldi e armi, ed era stato ricompensato con un ruolo ufficiale in cambio di una riduzione delle sue attività a Sabrata. Molti non hanno gradito la notizia, anche a Tripoli, dove il malcontento ha impiegato più tempo a maturare.
Sui social network sono cominciate a circolare foto di Haitham al Tajouri che mostrano il suo stile di vita da ricco. Al Tajouri ha cominciato a finanziare pubblicamente la sua squadra di calcio Ittihad, spendendo soldi, acquistando giocatori, pagando gli stipendi, assumendo allenatori e minacciando gli arbitri per truccare i risultati delle partite.
Il capo della brigata Ghnewa, invece, era temuto per i suoi ordini spietati. Ha reclutato noti criminali del suo quartiere, Abu Salim, che la gente ha cominciato a chiamare “i Ghnewat” (il plurale di Ghnewa). Le loro auto sono diventate tristemente note a tutti, al punto che gli abitanti del quartiere hanno cominciato a cambiare strada quando le avvistavano.
Una favola scritta con il sangue
Abu Salim era un quartiere povero e disagiato di Tripoli che prima del 2011 era controllato dalla polizia di giorno e dagli spacciatori la notte. Nel 2011 i suoi abitanti hanno sostenuto Muammar Gheddafi fino alla fine e per questo hanno sofferto molto dopo la sua caduta. Ghnewa ha messo in campo tutto il suo potere per renderlo più sicuro e organizzato e per migliorare la situazione. Oggi la zona è una delle più prospere, più sicure e attive di Tripoli. Non illudetevi, però, questa favola è stata scritta con il sangue, litri di sangue.
Il calcio, si sa, è il primo peccato dei libici, così anche Ghnewa ha cominciato a sostenere finanziariamente la sua squadra di calcio preferita, l’Al Ahly, rivale dell’Ittihad, quanto e più di Al Tajouri. Ultimamente i tifosi dell’Al Ahly hanno dato alle fiamme e distrutto il principale stadio di Tripoli per protestare contro la sconfitta della loro squadra. Vi lascio immaginare chi ci fosse dietro. Molti video mostrano Ghnewa che, insieme alle sue guardie, viene accolto come un campione tra i giocatori della squadra.
Il resto del paese era in difficoltà per la grave crisi economica e gli affari non andavano bene per nessuno. Oltre alla gente comune, anche molte milizie non erano soddisfatte della situazione, per non parlare delle tensioni suscitate dalle elezioni imminenti (previste per dicembre). Inoltre le milizie avevano organizzato un campionato tutto loro a Tripoli e stava per cominciare un altro girone.
I gangster hanno da sempre un debole per i simboli e le apparenze legate alla religione
Il primo segnale di tempesta è stata la chiusura della strada Al Shat, la più importante nella parte est di Tripoli. Sacchi di sabbia e posti di blocco, colpi di avvertimento sparati in aria di notte, combattenti pronti all’attacco su entrambi i lati. La tensione tra le forze Rada e il loro rivale di sempre, Bashir Khalfallah, meglio noto con il soprannome Al Bugra (la Mucca), non faceva che aumentare. La milizia della Mucca aveva rapito cinque persone di Suq al Jumaa per scambiarle con altre persone tenute in ostaggio dall’altra parte. Questo braccio di ferro ha causato più volte la chiusura dell’aeroporto.
Dall’altra parte della città, Ghnewa aveva appena vinto una guerra interna e, poco dopo aver fatto pulizia in casa sua, è stato coinvolto in una breve sparatoria con la brigata 301. In quell’occasione ha dichiarato che “era stato solo un fraintendimento di poco conto tra fratelli, ormai risolto”. Di fatto è stato un segnale per marcare il territorio. All’inizio di agosto i suoi uomini hanno distrutto il campo profughi che ospita gli sfollati da Tawargha, lungo la strada dell’aeroporto, costringendo centinaia di famiglie a scappare ancora una volta. Secondo Ghnewa il campo era un ricettacolo di droga, alcol e prostituzione. Le sue accuse non sono provate in alcun modo.
Intanto Al Tajouri era ancora in Arabia Saudita per il pellegrinaggio alla Mecca: i gangster hanno da sempre un debole per i simboli e le apparenze legate alla religione. Dall’oggi al domani, il settimo battaglione di fanteria Kaniyat ha marciato sulle periferie sud di Tripoli aprendo il fuoco su qualsiasi cosa gli si presentasse di fronte.
Il gruppo armato Kaniyat ha base a Tarhuna, a sudest di Tripoli, e deve il nome alla famiglia Kani, da cui provengono i comandanti. Hanno scelto il momento perfetto per attaccare: Al Tajouri era dai sauditi per riconciliarsi con Dio, e nell’area est di Tripoli le forze Rada tenevano sotto controllo i movimenti di Al Bugra. Gli scontri si sono fatti violenti e si sono diffusi alle zone di Ain Zara, Salah Eddin e Khala al Forjan. Carri armati, veicoli corazzati e cannoni sono stati impiegati in maniera indiscriminata in mezzo ad aree residenziali.
Le Brigate rivoluzionarie di Tripoli hanno sofferto, perdendo molti veicoli e armi nel corso della ritirata. Gli uomini di Ghnewa non se la sono cavata meglio, ma sono riusciti a opporre resistenza per un giorno. Ghnewa è un bravo combattente e i suoi miliziani sono forti nella loro zona, dove non hanno mai perso una battaglia: è difficile perdere quando l’intero quartiere combatte al tuo fianco, quando conosci ogni persona, ogni edificio e ogni strada. Tutte le volte che è stato messo all’angolo, Ghnewa è riuscito a ritirarsi nel quartiere dei caseggiati di Abu Salim e a disseminare i tetti di cecchini.
Tutti a Tripoli
Il famigerato Salah Badi di Misurata, comandante di Alba libica e meglio noto per aver dato alle fiamme l’aeroporto internazionale di Tripoli nel 2014, ha poi pubblicato un video in cui, circondato da uomini che scandiscono slogan militareschi, promette di entrare a Tripoli per liberarla dalle milizie e dai ladri.
Anche la brigata Kaniyat ha dichiarato di essere arrivata a Tripoli per liberarla da ladri e milizie. E Al Tajouri ha scritto su Facebook alla gente di Tripoli chiedendole di combattere contro gli invasori. Il linguaggio è simile a quello usato un tempo da Gheddafi: gli arsenali sono tutti aperti, siamo uomini di guerra, abbiamo munizioni e armi e combatteremo fino alla fine. Mentre scrivo, non ci sono ancora conferme del fatto che Al Tajouri sia riuscito a tornare a Tripoli.
Aerei da combattimento sconosciuti hanno lanciato attacchi nell’area dei combattimenti, prendendo di mira anche il quartier generale dei Kaniyat. Tutti, compreso il governo di Al Sarraj, hanno negato ogni coinvolgimento. La brigata 301 ha messo in sicurezza la strada per l’aeroporto ma non è andata oltre. Le Brigate rivoluzionarie di Tripoli sono riuscite a riconquistare il campo di Yarmouk, di cui avevano perso il controllo. I giovani combattenti hanno pubblicato un video in cui festeggiano: era inquietante vedere tutti questi ragazzini controllare il grosso delle armi di Tripoli, e peggio ancora pensare che siano alle dipendenze del ministero dell’interno.
Poche ore dopo i Kaniyat hanno teso un’imboscata alle Brigate rivoluzionarie di Tripoli nel campo, costringendole a una ritirata disordinata. Un membro della brigata ha pubblicato un video in cui prende in giro le Brigate rivoluzionarie di Tripoli: “Alla fine non importa chi viene a prendere il caffè e se ne va subito dopo, ma chi viene qui e rimane per tutta la notte”.
Chi semina zizzania
I combattimenti sono proseguiti e tutti i notiziari parlano del fallimento degli ultimi negoziati di pace. La Mezzaluna rossa ha prestato soccorso a diverse famiglie, aiutandole a lasciare la zona. Veicoli corazzati delle brigate Nawasi sono stati avvistati a scorta delle ambulanze, per garantire la sicurezza delle operazioni di soccorso. Sono riusciti a trasferire 250 migranti prigionieri nei centri di detenzione di Ain Zara e Salah Eddin verso il centro di detenzione che sorge sulla strada per l’aeroporto. Altri 290 migranti sono stati liberati, poiché non c’era il tempo per trasferirli né lo spazio dove rinchiuderli. I migranti sono rimasti assediati nelle zone di conflitto dopo che le guardie erano fuggite via. Due volontari della Mezzaluna rossa sono stati uccisi a Khala al Farjan mentre prestavano soccorso alle persone sotto assedio.
Il primo ministro Al Sarraj ha firmato un decreto “top secret e urgente” – e nonostante ciò noto a tutti già pochi minuti dopo la firma. In quel documento chiede al comandante della zona militare occidentale, Osama al Juwaili di Zintan, e al comandante della zona militare centrale, Muhammad al Haddad di Misurata, di presiedere agli accordi di cessate il fuoco. Chiede con insistenza anche “la restituzione dei campi e dei quartier generali alle unità che li occupavano prima dell’inizio degli scontri”. In altre parole, ai re di Tripoli. Al Sarraj ritiene di poter convocare le milizie di Zintan e Misurata perché combattano contro le milizie di Tarhuna, così potrà restituire la capitale alle milizie di Tripoli? Un colpo di genio.
A farmi arrabbiare non sono i suoi piani, ma quello che ha dichiarato in un’intervista in cui affermava senza un briciolo di vergogna di essere stato colto di sorpresa dagli scontri nella zona meridionale di Tripoli. Be’, Al Sarraj, c’è una stagione per tutto e un tempo per ogni attività: un tempo per seminare e uno per raccogliere, e questo è l’inizio della stagione del raccolto.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
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