Il ritorno del gangster libico sempre alla moda
Haitham al Tajouri, comandante di una delle più potenti milizie di Tripoli, è un personaggio controverso. A dieci anni dalla sua comparsa sulla scena, la triste fama che si è conquistato dopo la rivoluzione del 2011 non accenna a diminuire. Il suo recente rientro a Tripoli ha suscitato preoccupazioni e speculazioni che lui stesso ha amplificato con azioni provocatorie come l’incontro con capi di milizie e trafficanti di esseri umani colpiti da sanzioni internazionali. Chi è Haitham al Tajouri e perché è legittimo preoccuparsi per il suo ritorno sulla scena di Tripoli?
Per molti versi Al Tajouri ha più la reputazione di un cattivo dei cartoni animati che quella del gangster in carne e ossa che Tripoli ama odiare. La sua storia potrebbe essere quella di un boss della mafia protagonista di una serie tv: il proletario svantaggiato che emerge e diventa uno dei re di Tripoli. Secondo molti racconti, era un ex tassista che nel 2011 si è unito alla rivolta e ha combattuto al fianco delle Brigate rivoluzionarie di Tripoli. Durante la rivoluzione non era nemmeno un comandante.
Nel 2011 Al Tajouri è apparso in un video girato a Tripoli che si sarebbe rivelato profetico. Al tempo stesso infausto e simbolico, quel video evidenziava una fase di transizione tra le file dei ribelli che hanno combattuto contro il regime di Muammar Gheddafi dopo aver liberato Tripoli e preannunciava il caos degli anni a venire. Nel video Al Tajouri guidava un veicolo tecnico – un pick-up dotato di armi antiaeree – con il logo delle Brigate rivoluzionarie di Tripoli. Sventolava allegramente un Ak47 e affermava che il suo unico problema dopo la rivoluzione era l’attaccamento che aveva sviluppato per le armi. Le amava così tanto che si sarebbe rifiutato di consegnarle quando glielo avrebbero chiesto. Prima di accelerare, rischiando di investire un pedone che in quel momento stava attraversando la strada, aggiungeva: “Con armi antiaeree anche dieci persone possono fare una rivoluzione”. Al Tajouri non ha degnato di uno sguardo il pedone mentre si allontanava a gran velocità verso l’orizzonte, come un pistolero in un film western.
Astuto prestigiatore
Al Tajouri è diventato ricco e potente: armi, soldi e influenza hanno continuato a moltiplicarsi all’infinito. Nel giro di pochi anni è entrato in possesso di un certo numero di veicoli armati e ha assunto il controllo di grandi campi militari, divenuti sue basi. In un modo o nell’altro è diventato il comandante delle Brigate rivoluzionarie di Tripoli ed è riuscito a ripristinare la sua influenza dopo che era lentamente diminuita a causa della debolezza della sua leadership.
Al Tajouri è stato anche un astuto prestigiatore in grado di sopravvivere a diversi tentativi di omicidio. Persino dopo essere stato catturato da forze rivali nel 2014, durante la battaglia per il controllo di Tripoli, con sorpresa di tutti è stato poi rilasciato illeso. La stessa ambasciatrice statunitense è rimasta vittima di uno dei suoi trucchi, manifestandogli il suo appoggio su Twitter dopo che lui aveva dichiarato strategicamente di volersi arruolare nelle forze di polizia per servire il paese. Nel 2016 è diventato uno dei re di Tripoli formando alleanze con altre milizie della capitale e cacciando quelle di Misurata e di altre città.
Nel giro di pochi anni è entrato in possesso di un certo numero di veicoli armati e ha assunto il controllo di grandi campi militari
A differenza di altri personaggi pubblici libici, Al Tajouri non ha mai cercato di nascondere la sua ricchezza. Al contrario, ha sempre esibito il suo stile di vita lussuoso e il suo costoso guardaroba al punto da diventare una barzelletta sui social network. Al Tajouri arrivava spesso al fronte indossando marchi famosi come Versace o Dolce e Gabbana. In un articolo scritto per Il Fatto Quotidiano nel 2016, Nancy Porsia lo descriveva come un signore della guerra di Tripoli che si vestiva come un lord inglese, con tanto di mocassini indossati in battaglia. Nello stesso articolo la giornalista metteva in evidenza come Al Tajouri fosse a capo di una delle milizie più forti di Tripoli e contemporaneamente sul libro paga del ministero dell’interno.
Nel 2018, dopo aver visitato La Mecca per il tradizionale pellegrinaggio, Al Tajouri è riuscito a risolvere da solo i problemi di liquidità delle banche. Si è assicurato personalmente che i camion che trasportavano il denaro potessero effettuare le loro consegne e ha costretto le banche a restare aperte per tutta la notte per rispondere alle esigenze della gente. Ha radunato i cambiavalute che si rifiutavano di abbassare il tasso di cambio del dollaro contro il dinaro e li ha umiliati in mezzo al mercato dell’oro nel centro storico di Tripoli. È stato accusato di aver provocato l’ondata di assassini che ha travolto molti dei suoi sottoposti in città.
Quando Haftar ha lanciato l’offensiva su Tripoli nel 2019, Al Tajouri si trovava di nuovo “per caso” fuori dalla Libia. Pur facendosi vedere di tanto in tanto in prima linea con indosso un nuovo costoso vestito, svaniva come un fantasma senza giocare un ruolo significativo nella battaglia per difendere la città. Per questo in molti lo hanno considerato un traditore e tutti erano convinti che i suoi giorni al potere fossero ormai finiti.
Al Tajouri però sa sempre tornare quando meno te lo aspetti e sa farlo in grande stile. Appena rientrato a Tripoli, nel dicembre del 2020, Al Tajouri ha scelto di andare oltre e sfidare ancora una volta il punto di vista convenzionale sul dress code dei miliziani libici indossando un completo composto da una felpa e un paio di pantaloni e tenendo in mano un borsello da uomo abbinato alle scarpe da ginnastica, il tutto firmato Dolce e Gabbana. In un altro video lo si vede passeggiare con naturalezza al centro di piazza dei Martiri, a Tripoli, dove gioca e posa con un gruppo di ragazzini che gli si sono avvicinati per scattarsi una foto.
Le mosse di Al Tajouri sul campo riflettono le sue scelte audaci – almeno per un miliziano – in fatto di moda. Per esempio l’incontro con famigerati capi milizia della regione occidentale, che poi hanno pubblicato sui social network diverse eloquenti foto di gruppo. Molte delle persone che lo hanno ricevuto erano trafficanti di esseri umani colpiti da sanzioni internazionali, come Muhammad al Qasab e Muhammad al Amu al Dabbashi, e altri pilastri della corruzione e capi milizia ricercati. Secondo alcuni, la nuova alleanza servirebbe a contrastare i Fratelli musulmani e il ministro dell’interno Fathi Bashagha. Altri sostengono che Al Tajouri non sarebbe altro che una pedina in mano alle potenze straniere che sostengono Haftar e che puntano a provocare un’altra guerra a Tripoli per indebolirne le forze e bloccare il processo politico.
Al Tajouri può apparire stravagante e imprevedibile, ma se si tralasciano i suoi gusti estetici e le sue acrobazie mediatiche e si prendono in considerazione solo le sue azioni e i loro effetti, si deve ammettere che di fatto ha trasformato le frammentate e deboli milizie di Tripoli in un potente cartello criminale ed è riuscito a modificare più di una volta la mappa del potere nella capitale con la sua capacità di dare vita ad alleanze e di capire quando è il momento giusto per colpire. Quali che siano le sue attuali motivazioni, di certo il sostegno a un processo politico già fragile non è tra queste.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)