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I nuovi protagonisti della lotta per il potere in Libia

Tripoli, Libia, 12 febbraio 2022. Milizie arrivate da Misurata per sostenere il primo ministro Abdul Hamid Dbaibah. (Yousef Murad, Ap/LaPresse)

Dove sono i soldi? Nell’aprile del 1980 questa domanda spinse il sergente capo dell’esercito Samuel Doe e altri sedici militari all’interno del palazzo presidenziale della Liberia. Doe voleva chiedere i salari arretrati dei soldati. Tuttavia, non avendo incontrato alcun dispositivo di sicurezza, uccise il presidente William Tolbert e in un delirio omicida radunò ministri e politici e li linciò sulla spiaggia. Doe, un soldato di basso rango e poco istruito, mise fine con le sue mani a un secolo di dominazione di un’oligarchia politica, inaugurando una dittatura ancora più crudele. Tra le sue prime decisioni ci fu quella di nominare alcuni membri del suo gruppo etnico in ruoli chiave dell’amministrazione e di aumentare i salari dei soldati da 80 a 250 dollari. Doe riuscì a restare al potere per dieci anni, per diverse ragioni, ma soprattutto perché rispose rapidamente a due importanti domande: dove sono i soldi? E chi bisogna pagare?

Queste domande sono rilevanti ancora oggi, non solo in Liberia ma anche in Libia, paese che per la terza volta in otto anni si ritrova con due governi. Nel breve periodo a determinare chi resterà al potere saranno le milizie sul campo. Se c’è una cosa che il primo ministro Abdul Hamid Dbaibah, capo del governo di Tripoli, sa molto bene è dove sono i soldi e chi bisogna pagare.

Tutto è cominciato quando il parlamento con sede nella Libia orientale, con la benedizione del maresciallo Khalifa Haftar, ha nominato Fathi Bashagha come primo ministro, considerando decaduto il governo di unità nazionale guidato da Dbaibah. L’esecutivo non era riuscito a organizzare le elezioni nei tempi previsti dall’accordo politico stipulato sotto l’egida delle Nazioni Unite. Dal canto suo Dbaibah rifiuta di farsi da parte e sostiene di voler cedere il potere solo a un governo eletto con regolare voto.

Il governo di Bashagha è composto da quaranta ministri, un numero senza precedenti, da cui si può intendere che sia stato usato un sistema di quote per soddisfare tutte le parti coinvolte. Le nomine politiche di Bashagha rendono ancora più fondati i sospetti sulla sua intenzione di mantenere a lungo questo governo al servizio delle élite politiche.

Due primi ministri, una città
Dbaibah e Bashagha sono entrambi di Misurata, la città da cui provengono i gruppi armati più potenti e influenti dell’ovest del paese. Quasi tutti i governi emersi nel corso degli anni nella parte occidentale della Libia hanno fatto di tutto per ottenere il sostegno delle milizie di Misurata, per conquistare e mantenere il potere. Dopo il rinvio delle elezioni e l’aggravarsi delle divisioni politiche, diverse fazioni armate dell’ovest si sono riunite in due campi contrapposti, a sostegno dei due primi ministri.

Bashagha contava sul fatto che la situazione non sarebbe degenerata. Aveva garantito ai suoi sostenitori che sarebbe riuscito a insediarsi a Tripoli rapidamente e senza scontri, ma le cose non sono andate così. Le forze armate alleate di Dbaibah hanno arrestato alcuni ministri del governo di Bashagha e hanno chiuso lo spazio aereo a tutti i voli interni, adducendo come scusa l’avvistamento di “droni a bassa quota sull’aeroporto Mitiga di Tripoli”.

L’alleanza di Bashagha con i politici dell’est della Libia e l’incontro con Haftar hanno danneggiato la sua popolarità

Anche se i mezzi d’informazione hanno sovrastimato le dimensioni delle forze che sostengono Bashagha, il numero di combattenti a lui fedeli non è mai stato abbastanza alto da poter cambiare la situazione. L’alleanza di Bashagha con i politici dell’est della Libia e l’incontro con Haftar hanno danneggiato la popolarità che aveva raggiunto nel 2019, quando aveva avuto un ruolo di primo piano nel respingere l’attacco di Haftar su Tripoli. Per questo, quando un convoglio di veicoli al seguito di Bashagha ha puntato sulla capitale per aprirgli la strada, la tensione ha raggiunto livelli altissimi. Il convoglio è stato assediato e, dopo una notte di negoziati, ha accettato di tornare indietro.

Dove sono i soldi
Al di là della sua crescente popolarità, Dbaibah ha conquistato il sostegno di alcuni gruppi armati solo perché questi rifiutano Bashagha, considerato una specie di cavallo di Troia di cui Haftar si starebbe servendo per entrare a Tripoli. È il caso di Salah Badi, il comandante della brigata Al Samoud di Misurata.

Altre personalità importanti restano vicine a Dbaibah per via di vecchi legami e di interessi economici in comune. Alcuni giornalisti libici sono arrivati ad affermare che dietro Dbaibah ci sarebbero alcuni ricchi signori della guerra. Probabilmente uno di loro è Mohamed Essa, comandante della milizia Al Bunyan al Marsous, che ha alle spalle accuse di corruzione e abusi di potere per controllare il contrabbando di denaro e per aver perseguitato gli oppositori. Nel 2017 Mohamed Essa fece parte di una delegazione partita da Misurata alla volta di Mosca. Il gruppo era guidato da Dbaibah, che ha stretti legami con la Russia. Nella capitale russa la delegazione incontrò diversi importanti personaggi e poi si diresse a Grozny, per raggiungere il discusso leader ceceno Ramzan Kadyrov.

Dbaibah ha fatto tornare in scena persone a lungo assenti dal panorama politico libico, come il colonnello Mahmoud al Zakal, che è stato nominato comandante della Forza di supporto alla costituzione e alle elezioni. Nel 2017 Al Zakal guidava le forze della Guardia nazionale ed è stato uno dei leader dell’operazione Alba libica nel 2014.

Dbaibah dispensa denaro con grande generosità. Tra le forze a lui vicine se ne distinguono due in particolare: la Forza operativa congiunta di Misurata e la Brigata di supporto alla stabilizzazione, che di recente hanno ricevuto rispettivamente 100 milioni e 130 milioni di dinari libici (19,6 e 25,5 milioni di euro). La Forza operativa congiunta di Misurata è guidata da Omar Abu Ghadada, un ex funzionario dell’intelligence che dopo il 2011 ha lavorato in una radio. Il gruppo armato, creato nel 2014, secondo fonti locali è stato sostenuto e addestrato dagli Stati Uniti allo scopo di creare un corpo d’élite contro il terrorismo. Nel corso degli anni è stato coinvolto in violenze e crimini, l’ultimo dei quali è stato, il 7 marzo, l’omicidio del blogger e attivista Tayeb al Shariri a Misurata. I video delle telecamere di sorveglianza di una delle abitazioni vicine hanno ripreso l’omicidio, avvenuto davanti a casa sua e sotto gli occhi della madre. In precedenza il gruppo aveva arrestato e torturato Al Shariri per 25 giorni per aver criticato Dbaibah. Dopo essere stato liberato, l’attivista ha scritto un post in cui svelava gli abusi subiti e rinnovava le critiche a Dbaibah.

La Forza di supporto alla stabilizzazione è invece guidata da Ghnewa, un famigerato comandante di milizie del quartiere di Abu Salim, a Tripoli. È stato visto passeggiare con Dbaibah per le strade della capitale, passando da un bar all’altro, con un codazzo di guardie del corpo.

Il petrolio e il sostegno della Russia
La missione delle Nazioni Unite in Libia (Unimisl) e la comunità internazionale si sono mantenute neutrali rispetto ai due primi ministri, forse per non rischiare di peggiorare la situazione. La consigliera speciale per la Libia del segretario generale dell’Onu, Stephanie Williams, è intervenuta solo per chiedere la ripresa della produzione di petrolio quando un gruppo armato aveva chiuso due grossi impianti petroliferi nell’ovest e nel sud del paese. La produzione di petrolio è ripresa dopo che Dbaibah ha invitato i suoi a risolvere la crisi, ma resta una forte preoccupazione, visto che alcune tribù fedeli ad Haftar hanno chiesto di nuovo il blocco della produzione, tattica già usata diverse volte in passato.

Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e le sanzioni contro Mosca, la decisione di trasformare il petrolio in un’arma da usare nella lotta di potere interna alla Libia potrebbe avere delle ripercussioni in tutto il mondo e rappresentare un vantaggio per la Russia. Maxim Shugalei, un uomo legato alla compagnia di sicurezza privata Wagner e alle “fabbriche di troll” russe, ha espresso il suo sostegno per Bashagha e le sue “azioni radicali per proteggere l’unità del paese e gli interessi dei suoi cittadini, spingendosi fino al blocco della produzione petrolifera. L’unico modo per fermare il saccheggio della Libia è arrestare i flussi finanziari”. Shugalei ha aggiunto che Bashagha giustifica il blocco della produzione petrolifera libica come una risposta all’atteggiamento di Williams, che vorrebbe “decidere chi deve governare la Libia e chi deve andarsene”.

Ci sono notizie di una mediazione statunitense tra i due primi ministri e di un possibile vertice pianificato a Istanbul per un accordo di pace e un meccanismo per trasferire il potere. Sul terreno la situazione è tesa e nulla è sicuro, anche se il vento sembra soffiare a favore di Dbaibah.

Negli anni ottanta il primo a congratularsi per il successo della “rivoluzione liberiana” fu Gheddafi, che offrì sostegno finanziario e invitò Doe a Tripoli. Gli Stati Uniti non erano pronti a cedere al campo opposto un importante porto come quello di Monrovia in piena guerra fredda, perciò inviarono immediatamente 10 milioni di dollari in contanti a Doe, imponendogli di rompere le relazioni con Gheddafi. Per dieci anni gli Stati Uniti continuarono a versare più di 500 milioni di dollari al regime di Doe, consentendogli di restare al potere. Quando non è servito più, i soldi si sono fermati.

Gheddafi armò e addestrò a Tripoli Charles Taylor e i suoi uomini, che alla fine rovesciarono Doe. Gli ultimi istanti di vita di Doe furono ripresi in un video che circola ancora su YouTube. Se non siete deboli di stomaco, potete guardarlo: si vedono i ribelli torturare Doe con estrema brutalità e tagliargli l’orecchio mentre Charles Taylor beve una birra, e martella Doe con una domanda, ripetuta all’infinito: “Dove sono i soldi?”.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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