Come trovare giustizia per le donne stuprate nella guerra in Ucraina
Il 13 marzo 2022 un soldato russo ha fatto irruzione in una scuola a Malaya Rohan, un paesino nei pressi della città ucraina di Charkiv sottoposto per settimane ad attacchi incessanti da parte delle forze di Vladimir Putin. Gli abitanti si erano rifugiati nel seminterrato della scuola per mettersi al riparo dalle violenze. Ciò che è seguito, secondo un resoconto di una sopravvissuta pubblicato da Human rights watch, è orribile ma pieno di dettagli.
Il soldato ha ordinato a una donna di 31 anni di seguirlo su un altro piano dell’edificio, dove l’ha stuprata più volte. L’ha costretta a fare sesso orale mentre le teneva puntata una pistola alla testa o direttamente sul viso. Ha sparato per due volte al soffitto. “Diceva che mi avrebbe dato più ‘motivazione’”, ha raccontato la donna a Hrw.
Quando l’aggressione apparentemente infinita è giunta al termine, il soldato ha detto alla donna come si chiamava, quanti anni aveva e si è dichiarato russo. In modo perverso e senza alcun pudore le ha anche detto che gli “ricordava una ragazza con cui era andato a scuola”.
In tempo reale
Questa è una delle tante storie che stanno piano piano trapelando dall’Ucraina nelle ultime settimane, dopo l’inizio dell’invasione russa, e che raccontano di violenze sessuali documentate da ong come Human rights watch, Amnesty international e diverse organizzazioni interne all’Ucraina. La realtà è che probabilmente questi resoconti sono solo la punta dell’iceberg. Nei dieci anni in cui mi sono occupata di violenze sessuali commesse nel contesto di conflitti in tutto il mondo, tantissimi esperti mi hanno detto che per ogni donna di cui si sa che è stata stuprata ce ne sono probabilmente altre otto o dieci che non sono state conteggiate, e che anche solo riuscire a tracciare un quadro generale delle aggressioni sessuali in circostanze simili può richiedere parecchi anni.
È per questo che la storia di Malaya Rohan e altre storie simili sono insolite. Veniamo a sapere di queste violenze quasi in tempo reale. Delle persone che le hanno commesse conosciamo moltissimi dettagli – a volte perfino il nome, l’età e la nazionalità. Questo è senza ombra di dubbio angosciante, ma dà anche delle speranze. La speranza di poter offrire rapidamente alle sopravvissute a stupri e violenze sessuali in Ucraina un supporto medico e psicologico; la speranza di poter registrare le loro storie così da poterle usare in tribunale; la speranza che alla fine, per quanto adesso possa apparire improbabile, giustizia sarà fatta.
Perfino in luoghi con un sistema legale solido, come gli Stati Uniti o l’Europa occidentale, troppe sopravvissute non trovano giustizia o hanno paura di farsi avanti
La violenza sessuale è stata usata per secoli come strumento nei conflitti in tutto il mondo, dalla Sierra Leone al Bangladesh alla Colombia e oltre. A volte l’uso dello stupro ha una motivazione genocida, come nel caso del Ruanda, dove gli appartenenti al gruppo etnico degli hutu volevano ingravidare le donne tutsi per spezzare la loro discendenza o contagiarle con l’hiv (attenzione: il contenuto di questo podcast è estremamente forte). Altre volte lo stupro è un crimine di opportunità, o uno strumento per dichiarare che una parte è la “vincitrice” di una guerra. Le stime variano, ma secondo gli storici sia i soldati sovietici sia quelli statunitensi stuprarono tantissime donne tedesche al termine della seconda guerra mondiale.
La possibilità che le donne (e anche gli uomini) parlino di violenza sessuale, in un qualsiasi contesto, dipende da una serie di fattori, tra cui elementi culturali e religiosi, l’esistenza di un’infrastruttura per la raccolta della documentazione e per l’indagine e la disponibilità di un supporto medico e psicologico per i sopravvissuti. Perfino in luoghi con un sistema legale solido, come gli Stati Uniti o l’Europa occidentale, fin troppe sopravvissute non trovano giustizia o hanno paura di farsi avanti.
Stime difficili
Denunciare stupri e aggressioni in una zona dove la guerra è in corso è ovviamente più difficile. Magari i sistemi giudiziari hanno smesso di funzionare, circolano tante armi e fornire prove può essere impossibile in contesti caratterizzati da un tale livello di insicurezza. Finora, dunque, lo stupro in guerra è stato documentato soprattutto a posteriori e questo ha reso molto più difficile sia raccogliere prove sia portare avanti dei processi.
Consideriamo per esempio il modo in cui gli esperti sono arrivati ai calcoli di 250mila-500mila donne stuprate durante il genocidio in Ruanda. Nel 1996, due anni dopo i massacri, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Ruanda ha creato delle tabelle con il numero di casi documentati ufficialmente e poi, ben sapendo che anche in tempo di pace si denunciano molti meno stupri di quanti non se ne siano effettivamente verificati, ha dedotto le sue stime definitive in base alle valutazioni riguardo la diffusione delle aggressioni sessuali.
Anche se una donna insiste nel voler ottenere una condanna, non c’è alcuna garanzia del fatto che la potrà avere
Diversi studi hanno stabilito che le donne aggredite sessualmente nei cosiddetti campi degli stupri nella guerra in Bosnia all’inizio degli anni novanta sono state tra le ventimila e le 60mila. E tuttavia, secondo gran parte delle fonti è improbabile che si arrivi a un conto preciso, in questo come nella maggioranza dei conflitti.
Le sopravvissute hanno di solito pochi incentivi a cercare giustizia. Semmai devono affrontare una serie di grossi ostacoli. La guerra civile siriana offre un buon esempio. Ricercatori e giornalisti come me hanno fatto molta fatica a scovare denunce degli stupri commessi dai combattenti del dittatore siriano Bashar al Assad; le sopravvissute temevano ritorsioni non solo da parte delle forze governative, ma anche dai loro familiari di sesso maschile. Ho incontrato donne siriane i cui mariti avevano chiesto il divorzio o le avevano picchiate per essere state vittime di violenze sessuali e ho parlato con molti profughi siriani che mi hanno riferito di conoscere uomini che hanno ucciso le mogli perché erano state stuprate. Non sono le sole ad aver vissuto quest’esperienza. Ho parlato con ragazzine nella Repubblica Democratica del Congo, scenario di numerosi conflitti ancora in corso, che hanno lasciato i loro villaggi in cerca di aiuto dopo essere state stuprate e, una volta tornate a casa, sono state scacciate dalle loro comunità.
La violenza sessuale “sembra essere l’unica forma di violenza rimasta in cui la vittima è colpevolizzata o perfino accusata di essersela cercata”, mi ha detto nel 2012 la giornalista e attivista Gloria Steinem.
Anche se una donna insiste nel voler ottenere una condanna, non c’è alcuna garanzia del fatto che la potrà avere. Nonostante l’istituzione di un tribunale speciale per processare i crimini di guerra nella ex Jugoslavia, per esempio, molte donne mi hanno raccontato che continuano a vedere i loro stupratori sugli autobus e per strada e che, nei casi in cui sono stati condannati, gli uomini hanno pagato per uscire di galera. Per quanto sia difficile stabilire il numero di condanne per aggressione sessuale durante un conflitto, essendomi occupata per più di dieci anni di questo genere di cose posso dirvi che è piuttosto raro che un tribunale riconosca la colpevolezza dei responsabili di questi reati. Ancora meno comuni sono le condanne di chi sta più in alto nella catena di comando e ha dato ai soldati l’ordine di stuprare.
Tecnologia e tradizione
Lo stupro in guerra è al tempo stesso un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità. Però, nonostante un sostanziale accordo sulla definizione di questi crimini, portare tali casi davanti a un tribunale e produrre le prove è tutta un’altra storia. La guerra in Ucraina offre un’opportunità per correggere questi fallimenti.
Grazie ai progressi tecnologici – una quantità maggiore di immagini satellitari, telefoni in grado di fare foto e video ad alta risoluzione, servizi internet più veloci e più accessibili, piattaforme di comunicazione sostanzialmente più efficaci – operatori sanitari, avvocati e attivisti per i diritti umani sono in grado di far sapere a tutto il mondo quello che sta accadendo in Ucraina e documentare i casi con modalità che torneranno utili nel caso di eventuali processi.
Queste nuove o più moderne tecnologie sono da considerarsi complementari ai tradizionali metodi di documentazione, compresa la raccolta di informazioni da disertori, la rilevazione tempestiva di prove mediche e il reperimento di dettagli da parte di chi ha commesso i crimini, come è stato fatto con i nazisti nella seconda guerra mondiale e con l’esercito serbo-bosniaco. Nel caso specifico dello stupro, spesso non ci sono prove fisiche del danno ai tessuti molli utili a dimostrare il reato nell’aula di un tribunale. Possono però esserci altre ferite rivelatrici, come le bruciature di sigarette, le cicatrici provocate da legacci, schegge di legno, abrasioni o mutilazioni genitali, che devono essere documentate in modo chiaro e professionale. Le indagini devono essere condotte da personale “competente sulle questioni di genere”: sono in grado di porre in modo efficace ai testimoni e agli operatori sanitari le domande giuste sulla violenza sessuale? Riescono a raccogliere le giuste evidenze fisiche, testimonianze e prove dirette e circostanziali?
Cosa fondamentale, tutta questa raccolta di prove può cominciare subito, sia nelle aree da dove le forze russe si sono ritirate sia nelle parti dell’Ucraina ancora contese ma dove le comunicazioni non sono state interrotte. L’Unione europea, le Nazioni Unite, diverse organizzazioni per i diritti umani, il segretario generale della Nato e il procuratore generale dell’Ucraina hanno tutti di recente chiesto di indagare su possibili crimini di guerra in Ucraina, compreso lo stupro, o offerto il loro aiuto in indagini di questo tipo.
In questa fase, mentre la Russia sta ancora colpendo duramente in Ucraina senza che all’orizzonte si intraveda alcuna forma di soluzione del conflitto, pensare a un momento in cui i soldati russi potrebbero essere processati per le loro violenze sembrerà pura fantasia. E tuttavia non è del tutto impossibile: né la Russia né l’Ucraina sono soggette ai procedimenti della Corte penale internazionale, ma l’Ucraina ne ha accettato in precedenza la giurisdizione. Un’altra possibilità è che i paesi che hanno cominciato a perseguire crimini di guerra non compiuti dai loro cittadini, come la Germania, potrebbero avviare procedimenti sulla base del concetto della giurisdizione universale. Si tratta di una strada lunga e non ci sono garanzie di successo, ma oggi la raccolta di prove di alta qualità in Ucraina aumenta in modo sostanziale le probabilità di successo.
Forse è vero che la maggioranza delle donne ucraine non ha combattuto sulla linea del fronte, ma la realtà è che stanno sacrificando le loro vite tanto quanto gli uomini. Assicurarci che gli uomini che violano i corpi delle donne non possano farlo nella più totale impunità è un dovere che abbiamo nei confronti di queste donne, e nei confronti dell’intera umanità. Per una volta abbiamo la speranza di poter aiutare le donne e di indagare sui crimini di guerra. Siamo in realtà a un punto di partenza.
“È come nel 1942: da dove cominciamo l’indagine sull’olocausto?”, mi ha detto Patricia Viseur Sellers, ex consulente legale per le questioni di genere nei processi in ex Jugoslavia e Ruanda. “Si comincia da dove si può”.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Questo articolo è uscito sul sito del mensile statunitense The Atlantic.
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