Le ninne nanne per bambini e adulti di Brunori Sas
Stavolta Brunori Sas si concede poche interviste promozionali. Risponde al telefono, dal suo studio di registrazione, solo in quelli che il suo ufficio stampa chiama “momenti di tempo”. Due mesi fa è diventato padre per la prima volta, di una bambina, Fiammetta. Ora le dedica una riedizione del suo ultimo album, Cip! (2020), riletto in versione ninna nanna. Un genere che gli inglesi chiamerebbero lullaby: i brani originali vengono suonati con flauti da scuola elementare, piccoli pianoforti, xilofoni, campanelli, in generale strumenti giocattolo. E il confine tra personale e pubblico questa volta è sottile. Di cosa parliamo, del disco o di come è cambiata la sua vita?
“Stranamente mi sento rilassato”, dice. “Per la prima volta sto domando il mio istinto a pianificare; procedo in maniera naturale”. Si trasformano le abitudini, racconta. Ma la voglia di scherzare e l’autoironia sono le solite: “Tutti mi chiedono due cose: se sto dormendo e se ho già scritto un pezzo per mia figlia. Alla prima rispondo di sì, per fortuna. Alla seconda no, ho l’ansia da prestazione al pensiero della canzone”. L’esempio che sovviene a entrambi è Francesco De Gregori, che nel 1978 aveva dedicato il brano Raggio di sole ai suoi due gemelli, allora appena nati.
E non è un’associazione casuale: da dieci anni Brunori Sas – cioè Dario Brunori, la “sas” di “società in accomandita semplice” è il retaggio di un passato rinnegato da imprenditore nella ditta di famiglia – è considerato uno degli ultimi eredi del cantautorato italiano tradizionale. Viene dalla Calabria e ha cominciato nel 2009 con Volume 1, seguendo la strada di Rino Gaetano, suo conterraneo. Poi in parte si è spostato su Lucio Dalla e sullo stesso De Gregori, ma allontanandosi dal vintage, verso un indie-pop alla Belle and Sebastian orchestrale e con i ritornelli da stadio. Ha trovato una voce propria, che non si prende sul serio e che è riuscita a parlare a tanti tra debolezze, confessioni comuni, esistenzialismo semplice e lucido. Dei cantautori degli anni zero è uno dei pochi che è rimasto. Un simbolo nazionalpopolare, che però rimane legato alla musica indipendente. L’unico che ha nel curriculum programmi tv e dischi di platino, come è successo all’album A casa tutto bene (2017), e con un tour nei palasport in programma. Rimandato a lungo, forse si potrà nella prossima primavera. “Ma per quanto riguarda vita privata”, ammette, “sono molto riservato”. Si sa solo, per esempio, che la madre della bambina è Simona Marrazzo, sua compagna storica e corista della band.
Quindi una celebrazione come Baby cip! è una sorta di eccezione. Sospira: “Ne sto compiendo tante ultimamente. Una volta ero molto irregolare con il lavoro, ora per Fiammetta mi sono imposto degli orari rigidi, da ufficio. E la disciplina fa bene alla creatività. Però credo sia nella natura stessa delle persone cambiare quando ci s’innamora. Prima guardavo i miei amici e mi chiedevo come potessero scattare foto ai loro figli e metterle su Facebook, piuttosto che goderseli in privato. E adesso sto dedicando un disco alla mia”. Un disco che esce in vinile e in digitale, i cui proventi saranno devoluti al reparto di neonatologia dell’ospedale di Cosenza. “Non volevo che fosse un’operazione commerciale, un atto di vanità personale”, spiega il cantautore.
Di Baby cip! colpiscono due aspetti: che queste ninne nanne sembrino dei carillon d’autore, comunque ricche di cura, strumenti, armonie; e che la voce di Brunori sia assente. “Riguardo ai suoni alla base c’è stato un lavoro lungo. Io mi sono occupato della produzione, anche perché avevo ovviamente la testa un po’ da un’altra parte. Sono stati i miei musicisti, cioè Mirko Onofrio, Stefano Amato, Dario Della Rossa e Massimo Palermo, a riarrangiare le canzoni. All’inizio ci siamo affidati ai computer, poi abbiamo recuperato strumenti giocattolo veri, che magari avevamo in casa. Io stesso, nelle mie canzoni, li ho inseriti spesso”. Per le parole, invece, il discorso è più complesso. “Volevo che i pezzi somigliassero a delle favole della buonanotte, che pensavo di leggere io, senza cantare. Ma tra le canzoni di Cip! solo il testo di Il mondo si divide si prestava. Così ho lasciato stare”.
E poi la vera protagonista dell’album originale è la morte. Capita così, per esempio, la inserisce semplicemente fra le “cose della vita”. Anche senza di noi ragiona su come siamo “solo uno su sette miliardi”, e il mondo continui a girare lo stesso, con o senza le nostre paranoie. Il singolo Al di là dell’amore invece cita le tragedie in mare, i migranti, l’accoglienza mancata. E Quelli che arriveranno, scritta con Dimartino, raccoglie i pensieri di un bambino che comincia a pensare alla scomparsa di chi gli sta intorno. “L’idea di Baby cip! è nata dopo che una mia amica mi ha regalato una versione lullaby di un disco dei Pearl Jam. Ma mi è sembrata giusta proprio perché l’album originale contiene questi temi. Volevo farne una versione complementare, dedicata a una nascita”, dice Brunori.
E certo, anche per questo, i suoi testi non gli sembrano adatti ai più piccoli. “Semmai lo è quello di Il costume da torero, che è in A casa tutto bene. Perché è pieno di buone intenzioni, sincere e spero non ecumeniche. So che è stato letto anche a scuola”. Lì canta: “Non sarò mai abbastanza cinico da smettere di credere che il mondo possa essere migliore di com’è. / Ma non sarò neanche tanto stupido da credere che il mondo possa crescere se non parto da me”.
“In Cip! invece il bambino sono io”, aggiunge Brunori. “Scrivendolo ho cercato il mio fanciullino interiore. A partire da un linguaggio il più semplice possibile, un po’ come quando da piccolo riflettevo sulle questioni esistenziali. Ho scoperto che i bambini hanno un rapporto particolare con la morte: maturo e poco occidentale. Accettano con più facilità i lutti rispetto agli adulti. Perché con il tempo perdiamo la capacità di vivere il presente, invece i piccoli non danno valore al futuro e al passato. Quando cresci conti il tempo che rimane e quello trascorso. Pensi alle occasioni perse. Sai di non essere immortale, ma ti comporti come se lo fossi”.
L’ascolto di Baby cip! è straniante, quindi, soprattutto se ne si conosce la controparte originale, la sua malinconia, le storie che racchiude. Chiedo a Brunori a cosa servano questi nuovi arrangiamenti, se immagina un pubblico oltre i suoi fan più affettuosi. Mi ferma: “È un dono che faccio a mia figlia, prima di tutto. Un souvenir che le lascio di questi primi giorni insieme, e che volevo concedermi. Con amore, che è il motore di queste canzoni. Però vorrei che fosse utile, che arrivasse a tanti, sì. Negli ultimi due mesi mi sono trovato spesso a cercare su YouTube delle canzoni per far addormentare Fiammetta. Chissà che qualcuno, facendo lo stesso per i propri figli, non s’imbatta nelle mie”. A proposito: il disco Fiammetta l’ha sentito? “Certo. Ha pianto tutto il tempo”.
Guarda anche: