Anche l’islam scopre la sua anima ambientalista
Qualche anno fa Jorge Bergoglio ha scritto un potente messaggio all’umanità in 37mila parole, in cui puntava il dito contro specifici interessi economici, la tecnologia e ampi settori dei mezzi d’informazione, colpevoli di contribuire a trasformare il mondo in un “immenso deposito di immondizia”. Dio non ha mai concesso agli umani un dominio incontrastato sulla natura, dichiarava il tifoso di calcio, ex buttafuori, addetto alle pulizie e tecnico di laboratorio argentino famoso in tutto il mondo.
I giovani, affermava Bergoglio, chiedono un cambiamento, ma purtroppo tutti gli sforzi per trovare delle soluzioni di lunga durata alla crisi ambientale globale sono stati inefficaci. Questo soprattutto a causa della forte opposizione da parte di interessi specifici, ma anche per l’apatia di coloro che a torto sono convinti che la Bibbia li abbia incoronati “signori e padroni” del mondo, conferendogli il potere di saccheggiare la Terra a loro piacimento.
Bergoglio – meglio conosciuto come papa Francesco, l’attuale capo della chiesa cattolica – ha fissato questi pensieri nella sua enciclica papale Laudato si’, scritta il 24 maggio 2015 e destinata ai circa 1,3 miliardi di cattolici battezzati e a “ogni persona vivente su questo pianeta”.
Il quadro tratteggiato dal papa è fosco: “Degna di nota è la debolezza della reazione politica internazionale. La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. (…) Molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune. Dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature”.
Tracciare la via
Ora la comunità musulmana globale sta abbozzando un suo nuovo documento ambientale intitolato Al Mizan: un patto per la Terra. La versione finale sarà pubblicata a ottobre. Il documento Al Mizan è stato annunciato lo scorso anno da Iyad Abumoghli, direttore e fondatore del progetto Faith for Earth (Fede per la Terra) nell’ambito del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, con sede a Nairobi.
Abumoghli ha affermato che l’enciclica Laudato si’ ha ispirato molti cristiani e molte persone di altre religioni. “Varie istituzioni e leader religiosi si sono pronunciati sul cambiamento climatico o hanno lanciato appelli per la difesa della biodiversità, delle foreste pluviali o altre sfide ambientali. Sono però espressioni di singole posizioni e di un generico sostegno alla natura. È necessario invece uno sforzo concertato che tracci la via e coinvolga i seguaci di tutte le religioni in azioni significative, su esempio della Laudato si’”. E ha aggiunto: “I musulmani rappresentano un quinto della popolazione mondiale e possono offrire all’umanità importanti punti di vista islamici su come mitigare gli impatti delle crisi senza precedenti che stiamo vivendo”.
Il nuovo documento dovrebbe permettere di mettere a fuoco il contributo che l’islam può offrire per fare in modo che le future generazioni ereditino un pianeta sano e sostenibile.
Non si può risolvere il problema del degrado ambientale senza affrontare le cause del degrado sociale per miliardi di persone
Studiosi e istituzioni islamiche stanno collaborando con il progetto Faith for Earth per stendere la bozza del documento: l’Organizzazione islamica mondiale per l’educazione, la scienza e la cultura, la Fondazione islamica per l’ecologia e le scienze ambientali, l’università Uskudar di Istanbul, il Giardino botanico coranico e il collegio di studi islamici e l’università Hamad Bin Khalifa in Qatar. Ci sono due squadre, una che rappresenta le organizzazioni e una di studiosi esponenti di diverse aree e confessioni dell’islam”.
Abumoghli ha sottolineato come il Corano, le pratiche del profeta Maometto e gli insegnamenti dell’islam esortino a valorizzare e proteggere la natura. Molte di queste lezioni ambientali sono tuttavia sconosciute anche ai musulmani, ha dichiarato in una recente intervista sul sito del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, compreso il modo in cui si legano a questioni ambientali contemporanee come il cambiamento climatico, la distruzione degli ecosistemi e il consumo eccessivo.
“Mizan vuole cambiare tutto questo e incoraggiare i musulmani a fare tutto il possibile per preservare il pianeta. In molti posti stiamo perdendo il nostro contatto con la natura. Mizan contribuirà a offrire una serie di modelli che i musulmani possono seguire nelle loro vite di tutti i giorni. Questo potrebbe secondo noi segnare una svolta”.
Alle radici delle disuguaglianze
Per quanto riguarda l’iniziativa Faith for Earth più in generale, Abumoghli prevede la possibilità di lavorare con le istituzioni religiose che sono spesso investitori molto importanti, per rendere più verdi i loro patrimoni e ridurre la loro impronta ambientale.
Nell’enciclica Laudato si’, papa Bergoglio lamentava il declino della qualità della vita umana, soprattutto tra i poveri delle aree urbane. Ipotizzava che non si può risolvere il problema del degrado ambientale se la società non è pronta ad affrontare le cause del degrado sociale per miliardi di persone impoverite, evidenziato da crisi sociali, dall’aumento della violenza, dall’incremento nell’uso di sostanze stupefacenti tra i giovani e dalla perdita di identità.
“Rimangono spesso all’ultimo posto. Questo si deve in parte al fatto che tanti professionisti, opinionisti, mezzi di comunicazione e centri di potere sono lontani da loro, in aree urbane isolate, e non hanno un contatto diretto con i loro problemi. Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare sia il grido della Terra sia il grido dei poveri”.
L’enciclica di Bergoglio si conclude però su una nota positiva, quando parla del “compito di avere cura del creato con piccole azioni quotidiane”, per esempio evitando l’uso della plastica e della carta, riducendo il consumo d’acqua, differenziando i rifiuti, cucinando solo quello che può essere ragionevolmente consumato, mostrando attenzione per gli altri esseri viventi e usando i mezzi di trasporto pubblici.
“Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente”.
C’è però una grande differenza tra la speranza da un lato e l’azione dall’altro, ha affermato la teologa e studiosa di etica dell’energia statunitense Erin Lothes Biviano. In un articolo pubblicato dal Journal of Moral Theology sulla chiesa cattolica americana e l’iniziativa Laudato si’, Biviano osserva il persistente divario tra conservatori e liberali all’interno dei cattolici statunitensi.
“Nonostante la ricchezza dell’insegnamento del magistero e la scrittura teologica su religione ed ecologia, ci rendiamo conto che è stato fatto molto meno di ciò che avremmo voluto. Perché?”.
“Non credo che dovremmo minacciare le persone con la prospettiva di un destino tragico, non funziona. Ciò non vuol dire che dovremmo minimizzare la gravità del cambiamento climatico o evitare i fatti che danno da pensare”, suggerisce. Piuttosto, chi cerca di entrare in connessione con i cattolici più conservatori sulla questione del cambiamento climatico dovrebbe fare più attenzione alla retorica che usa.
“È fondamentale la posizione dei leader: i credenti devono ascoltare riflessioni ecologiche dai pulpiti e leggerne nelle pubblicazioni diocesane e parrocchiali per modificare l’idea di fondo secondo cui l’ambientalismo è superfluo o addirittura irrilevante per la fede”. E ha aggiunto: “Dobbiamo inoltre parlare di moralità senza moralismo, il ‘moralista verde’ non farà che allontanare le persone. Dobbiamo prendere atto del fatto che le persone fanno le cose in modo diverso; hanno personalità diverse, filosofie diverse, livelli di alfabetizzazione scientifica diversi”.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Questo articolo è uscito sulla pubblicazione non profit sudafricana New Frame.