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La politica dell’incontro della candidata sindaca di Perugia

Perugia, 25 marzo 2024. Vittoria Ferdinandi all’inaugurazione del comitato elettorale. (Marco Giugliarelli)

Quando qualche mese fa Vittoria Ferdinandi ha raccolto l’invito a candidarsi a sindaca di Perugia ha usato parole che non sono sfuggite a molti perugini, né a chi appartiene alla sinistra più aperta e radicale. “Accetto con emozione altissima”, ha detto, con un chiaro omaggio a Paolo Vinti, poeta e giornalista morto a cinquant’anni a Perugia il 28 novembre 2010. Gli studenti che occupavano la facoltà di lettere e filosofia lo salutarono con uno striscione: “Paolo, non preoccuparti, te la facciamo la rivoluzione”.

Fatta sua la lezione di Vinti, ma anche la tradizione pacifista e di sinistra della città (dal francescanesimo ad Aldo Capitini, dalla marcia per la pace a Clara Sereni) Ferdinandi ha dato vita ad Anima Perugia per sfidare lo status quo in una città che sembra essere diventata negli anni un po’ triste, circondata da una regione e da un paese governato da una destra reazionaria e repressiva. La coalizione comprende da una parte Partito democratico, Movimento 5 stelle, Alleanza verdi e sinistra e Demos (Patto avanti), dall’altra Azione, +Europa e Socialisti per Perugia, oltre a una serie di liste civiche. Ferdinandi stessa è una candidata civica, e fino a qualche tempo fa era responsabile di Numero zero, progetto inclusivo e innovativo che le è valso la nomina di cavaliere al merito della repubblica da parte del presidente Sergio Mattarella.

“Non siate tristi. Continuate in ciò che era giusto”, questa frase di Alexander Langer, scrittore e attivista italiano morto suicida nel 1995, campeggiava sul disegno di una barchetta stilizzata appoggiato sulle sedie del centro congressi Capitini, dove lo scorso 3 marzo c’è stata la presentazione della candidatura di Ferdinandi. La campagna elettorale è proseguita in un viaggio attraverso frazioni e periferie della città per incontrare le persone. Il dato che si registra è quello di una ritrovata voglia di partecipare, sia a destra sia a sinistra, a conferma del fatto che la città sta ritrovando la sua idea di politica come incontro.

Le mani pulite non servono a niente se restano in tasca

È dall’incontro con gli altri e dalla psichiatria di comunità che arriva Ferdinandi, un mondo apparentemente lontano dalla politica. Trentasette anni, laureata in filosofia – con una tesi sul “principio speranza” di Ernest Bloch – e in psicologia, Ferdinandi è stata, fino alle dimissioni date poco dopo la candidatura, la direttrice di un ristorante che dal 2019 unisce la salute mentale e l’inclusione sociale, con più di metà del personale composto da pazienti psichiatrici. Aperto da La città del sole – fondazione nata nel 1998 grazie alla scrittrice Clara Sereni – Numero zero è un luogo molto conosciuto in città, e non solo. E fa capire meglio i riferimenti di Ferdinandi a don Milani (“Le mani pulite non servono a niente se restano in tasca”), a Franco Basaglia e a Capitini.

Con questo background, Ferdinandi riesce a tenere insieme una coalizione (“Un intero condominio”, scherza) che altrimenti sarebbe stato difficile unire. Tuttavia, una delle critiche che le è mossa è proprio la distanza dai partiti. “All’inizio, quando hanno proposto la mia candidatura, ho pensato: ‘Non è possibile che i partiti non siano in grado di individuare delle figure’. Mi sono arrabbiata all’idea che si debba sempre venire a pescare nel bacino del civismo. Poi ho capito che in questo momento i partiti hanno bisogno dell’attitudine propria di quel settore, e che anche e soprattutto nell’area più progressista e di sinistra molto spesso si tende ad avere uno sguardo rivolto esclusivamente all’interno, tra spaccature esasperate e disaccordo su vari temi”.

All’inizio della campagna elettorale c’è stato anche il tentativo da parte dei mezzi di informazione di creare una polarizzazione: “Mi ritraevano come una Rosa Luxemburg, ricorrendo all’idea di una sinistra estrema. Senza dubbio il mio orizzonte culturale è di sinistra e mi piacerebbe riuscire a mantenere anche una certa radicalità nei contenuti e un certo riformismo nelle pratiche. Ma non mi nascondo dietro a nessun moderatismo. Mi interessano soprattutto la cura della città, lo sguardo sull’internazionalità, ma anche la speranza e il calore rispetto a questa destra che lavora solo sulla paura della diversità. Anche a livello nazionale c’è molto poco dinamismo e molta poca apertura verso l’altro, lo vediamo bene con i migranti. Una politica che non è più capace di fare i conti con il dolore dell’altro che politica è?”.

Filosofia, letteratura e problemi concreti

La candidata insiste molto sul linguaggio e su quella che definisce come “la risocializzazione della politica”: “Non voglio in nessun senso cambiare il mio linguaggio, ma al contrario ridefinire per quanto possibile la lingua della politica. Non voglio fingere di essere ciò che non sono”. Ferdinandi è stata anche accusata di aver fatto una campagna elettorale “un po’ all’americana”. “Parlare di filosofia e letteratura allontana le persone? No, al contrario, le avvicina, come ho visto in questi mesi. Quello che colpisce non è solo la partecipazione in termini numerici della gente, ma anche il loro coinvolgimento. Ho chi cura la mia comunicazione, ma se divento il contenitore delle parole di qualcun altro è difficile trovare una connessione emotiva con le persone”.

Il rischio di eccesso di idealismo e scarsa concretezza è dietro l’angolo. Perugia è una città con diversi problemi, a partire dalla sanità pubblica per arrivare alla mobilità. “Non si può ragionare come se la ragione pratica e la ragione pura fossero due questioni dissociate. ‘Il valore dei fatti’ è lo slogan della campagna dei miei avversari. Nel concreto ci si va, ma conta con che sguardo. Si può e si deve parlare di buche, certo, di decoro e sicurezza, ma si deve parlare anche di diritti e inclusione. Stare semplicemente sui fatti, puntare solo al pragmatismo non paga”.

Uno dei compiti più difficili che avrà Ferdinandi sarà quello di tenere insieme la coalizione, in cui ci sono punti di vista molto diversi. “Sono fermamente convinta che il mio ruolo sarà rafforzare lo spirito di coalizione che manca drammaticamente anche a livello nazionale. Provare a costruire una cultura di governo che sia improntata all’ascolto e al confronto, una sinistra che sia in grado di non trasformare la complessità in conflitto”.

I primi problemi all’interno della coalizione sono arrivati, tuttavia, già l’8 marzo, quando Ferdinandi è scesa in piazza con il corteo transfemminista organizzato dal collettivo Transfempg, con la partecipazione delle associazioni femministe cittadine. “Non voglio cedere su questo, perché sono stata chiamata proprio per promuovere il valore della diversità, un valore può diventare un fattore di benessere psicologico per tutti. In questo senso sposo appieno la cultura della negoziazione di cui parla papa Francesco: la capacità di lasciarci contaminare, di ridefinire i propri posizionamenti e di ascolto dell’altro. La politica sta diventando un presidio di appartenenze e nell’appartenenza il pensiero si spegne”. Ferdinandi è stata anche ricoperta d’insulti sui social network per aver dichiarato in un video di preferire il femminile sindaca dato che non ha intenzione di “nascondersi dietro al maschile”.

La candidata mi racconta che qualche sera fa ha sognato la madre Paola Bianchini, psicoterapeuta impegnata con le persone affette da disturbi del comportamento alimentare, morta tre anni fa. “Mi diceva: ‘Vittoria, fai come sai fare tu, portali al mare’. Credo che il sogno parli della paura di diventare qualcos’altro, di realizzare un cambiamento, ma di farlo come so fare e non come vorrebbero gli altri. Andare al mare rimanda all’idea di percorrere delle distanze che ci separano dalle parti più profonde di noi stessi. E poi, certo, il cambiamento riguarda anche Perugia, così lontana dal mare”. Ferdinandi si dice pronta a far tesoro di quel lavoro di cura che, sull’esempio della madre, ha svolto per anni e che ora deve applicare a Perugia, una città che secondo lei deve tornare “a riaprirsi al mondo, agli altri e diventare inclusiva, al di là dei proclami”.

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