L’Ucraina è tornata a far parlare di sé. Il caso dell’ex premier Julija Timošenko, condannata a sette anni di carcere per abuso di potere, scuote l’Unione europea. Il governo di Kiev ha rinviato un vertice europeo che si sarebbe dovuto svolgere a Yalta l’11 e il 12 maggio: troppi i capi di stato che, per protesta contro il trattamento riservato a Timošenko, avevano annullato la loro partecipazione. Intanto prosegue il dibattito tra chi vorrebbe boicottare gli Europei di calcio, ospitati in parte dall’Ucraina, e chi invece pensa che lo sport non vada politicizzato (o bisognerebbe dire “il business dello sport”? In ogni caso la polemica ricorda quella scatenata dal recente gran premio di Formula 1 in Bahrein).
Come se non bastasse, a guastare la primavera di Kiev ci si è messa anche - involontariamente - Marianna Kaat, una regista estone che ho conosciuto al festival del documentario Millenium di Bruxelles. Marianna presentava Pit n°8, un lavoro sull’Ucraina molto bello e molto scomodo, almeno a giudicare dalla reazione che ha suscitato a Kiev, dove è stato vietato con l’accusa di essere “una messa in scena menzognera”. Divieto reso ancora più incredibile dal fatto che l’accusa partiva dalla coproduttrice ucraina del documentario, Olena Fetisova.
http://www.youtube.com/watch?v=C-sfAoSwJfg
Pur non essendo un classico documentario di denuncia, Pit n°8 mette a nudo una realtà precisa e poco nota: quelle delle miniere illegali - le kopanki - dell’est dell’Ucraina. Quando nel 2008 Marianna è arrivata a Snijne, nell’oblast’ (regione) di Donetsk, sapeva che molte miniere della zona erano state chiuse dopo il crollo dell’Unione Sovietica perché poco redditizie. Sapeva anche che molte persone continuavano a lavorarci pur di sopravvivere alla miseria, e che tra queste persone c’erano dei bambini di quindici, a volte persino dodici anni (come denunciato dall’Organizzazione mondiale del lavoro nel 2005).
All’inizio del documentario Marianna va in giro per le stradine di Snijne con la sua troupe. Un ragazzino in bicicletta si avvicina. Ha quindici anni, si chiama Jura e abita con le due sorelle, Julia, la più piccola, e Uljana. Non volevano più vivere con la madre alcolizzata e il patrigno violento. Per mantenere sé e le sorelle, Jura estrae il carbone da una miniera illegale della zona. “Chi ti ha insegnato?”, gli chiede Marianna. “Le mie mani”, risponde lui, educatamente sorpreso dalla domanda.
Per un anno e mezzo, Marianna segue la vita dei tre fratelli, le loro difficoltà, i loro sogni, le liti, le paure. E, indirettamente, attira l’attenzione su un aspetto della realtà ucraina che le autorità preferiscono ignorare - almeno dal febbraio del 2010, data delle ultime elezioni presidenziali. “Il governo è cambiato durante le riprese”, spiega Marianna. “Il nuovo ministro della cultura ha rifiutato di versarci i finanziamenti promessi”. E se avesse anche minacciato di ritirare il suo sostegno alla casa di produzione di Olena Fetisova? Difficile provarlo, ma sarebbe una possibile spiegazione dell’improvviso voltafaccia della coproduttrice ucraina.
In ogni caso Marianna non avrebbe potuto sognare una campagna pubblicitaria più efficace. “Vietando il documentario hanno ottenuto l’effetto contrario”, si rallegra. “La versione russa su YouTube è stata vista quasi 120mila volte!”. Una proiezione è prevista al Parlamento europeo dopo l’estate (poco prima delle prossime elezioni legislative in Ucraina). Intanto gli ucraini hanno potuto constatare che Marianna non si era inventata nulla: l’emittente televisiva “1+1” ha mandato una troupe a Snijne, scoprendo che la situazione è persino più tragica di quella mostrata dal documentario. “Io almeno ho provato a trasmettere un po’ di speranza”, osserva Marianna.
http://www.youtube.com/watch?v=ltGpPHY9cYU
Trasgredendo quella che, per alcuni documentaristi, è una regola sacra, Marianna è intervenuta nella vita del suo “protagonista”, che ha da poco compiuto diciannove anni. Gli ha comprato una casa a Snijne e continua a seguirlo da vicino. Jura ha deciso di studiare. Il suo sogno un tempo era diventare cuoco-pasticciere, ora dice che gli piacerebbe fare il cameraman. Il sindaco di Snijne è già andato a trovarlo tre volte. Come per miracolo, la strada dove abita è stata asfaltata e la sua casa allacciata alla rete elettrica (il sindaco gli ha anche proposta un lavoro in una fabbrica che produce “cucchiai, pentole e aeroplani”, ma il salario era così misero che Jura ha dovuto rifiutare).
Marianna, però, non si fa troppe illusioni sul futuro del paese. “I mezzi d’informazione ucraini, pur parlando del documentario, non s’interrogano sulle cause di questa miseria, sull’origine delle miniere illegali… Questo governo non propone soluzioni, ma non penso che Timošenko sarebbe meglio…”. Vedremo cosa seguirà a questa calda primavera ucraina.
Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles, collabora con Internazionale e scrive di cultura e immigrazione, anche su Twitter (@ettaspin).
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