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Lo scontro tra governo e regioni è dannoso per l’Italia intera

Il presidente del consiglio Giuseppe Conte in Senato, Roma, 2 novembre 2020. (Matteo Minnella, A3/Contrasto)

Diceva Giulio Andreotti che “il potere logora chi non ce l’ha”, ma forse aveva torto. A volte il potere logora soprattutto chi lo possiede. E infatti, in attesa di capire che impatto avranno su economia e contagi le nuove misure antipandemia, si può già dire che la via crucis politica necessaria per metterle a punto ha lasciato dietro di sé un cumulo di macerie. Il potere politico, soprattutto, ne è uscito polverizzato.

A raccontarlo c’è lo spettacolo incomprensibile messo in scena da chi – governo e regioni, maggioranza e opposizione, senza troppe distinzioni – avrebbe dovuto allestire una strategia per contenere la seconda ondata della pandemia e invece si è arenato in una palude di insipienza e incapacità. O, nel peggiore dei casi, si è esercitato nello scaricare, ciascuno sugli altri, la responsabilità delle decisioni impopolari, anche quando oramai le statistiche segnalavano di nuovo, come a maggio, centinaia di morti al giorno.

Il paese, insomma, si trova oggi di fronte non soltanto a una crisi sanitaria ma anche a quella conclamata di un potere irresponsabile, ossia incapace di assumere rapidamente e ordinatamente decisioni chiare a ogni livello, e poi di risponderne al paese.

Governo sulla difensiva
Non riesce a farlo compiutamente un governo retto da una maggioranza mai davvero coesa e nella quale perfino nel pieno dell’emergenza c’è chi trova il tempo di parlare di verifiche e rimpasti. E non sembra poterlo fare un presidente del consiglio che appare politicamente indebolito e senza il pieno controllo della situazione, non potendo neanche più contare del tutto sul consenso popolare che lo aveva accompagnato nei mesi scorsi.

Così, diversamente da quanto avvenne nella passata primavera, ormai pare quasi una scelta difensiva sua e della maggioranza anche l’uso insistito e costituzionalmente disinvolto dei decreti del presidente del consiglio, al posto di strumenti più consoni come i decreti legge, che consentirebbero un maggior coinvolgimento dell’opposizione, togliendole peraltro alcuni facili argomenti.

Quanto alle opposizioni, paiono impegnate più che altro in una sterile schermaglia costruita su richieste di collaborazione accompagnate da puntuali retromarce. Forse qualcuno ricorderà il Matteo Salvini che nella primavera scorsa, in piena emergenza, alternava la richiesta di riaprire ogni attività con quella di chiedere tutto. Ecco: il canovaccio sembra essere più o meno ancora quello, sebbene lo scarso entusiasmo con il quale a palazzo Chigi hanno ascoltato le loro richieste abbia reso più credibili quelle retromarce. Ciò nonostante, resta inevitabile la sensazione di trovarsi di fronte al tentativo di lucrare qualche consenso, rovistando anche nella pancia del paese.

Un potere politico irresponsabile coltiva inevitabilmente un paese irresponsabile

Spostando lo sguardo ai rapporti tra il governo e le regioni le cose non vanno meglio. Da mesi, polemiche ed errori sono sotto gli occhi di tutti, così come il caos che ne è seguito. In un momento così difficile, dovrebbe essere evidente anche l’inopportunità di atteggiamenti decisamente sopra le righe a cui certi governatori, forti di un consenso di natura personale più che politica, non sembrano saper rinunciare.

Ciò che più inquieta, però, è che la costante, accorata rivendicazione di maggiore autonomia da parte delle regioni si sia intrecciata ultimamente con la tendenza a non accettare quelle stesse responsabilità che l’autonomia comporterebbe. Durante la trattativa di questi giorni per definire il quasi lockdown, questa mancata assunzione di responsabilità ha dato la sensazione di essere anche un modo per scaricare sul governo centrale ogni decisione. A partire, naturalmente, da quelle più impopolari come le chiusure necessarie per contenere la diffusione del contagio.

Dalle parti del grottesco
Tale è lo stato delle cose che negli ultimi giorni è dovuto intervenire il presidente della repubblica Sergio Mattarella per chiedere a tutti più responsabilità. Lo ha fatto con una dichiarazione pubblica e lo ha fatto anche con un lavoro di ricucitura del rapporto tra le forze politiche e tra governo e regioni. A quanto pare – e al di là del dibattito sui limiti costituzionali che dovrebbe incontrare la cosiddetta moral suasion del Quirinale – gli sforzi del capo dello stato non hanno però prodotto fino in fondo il risultato sperato.

Le cronache di queste ore raccontano di nuove polemiche, e in particolare di quella, violentissima, di nuovo tra governo e regioni su dati e criteri che hanno condotto alla suddivisione del paese in zone con diversi livelli di coprifuoco. Alcuni governatori hanno perfino minacciato ricorsi. Intanto, il bollettino del 6 annunciava 445 morti e quasi 35mila nuovi casi. Siamo insomma dalle parti del grottesco, ed è un problema molto serio.

Un potere politico irresponsabile coltiva inevitabilmente un paese irresponsabile. L’estrema incertezza favorisce la paura che a sua volta spesso favorisce la richiesta di misure securitarie e di polizia. Sono tutte pulsioni che, non a caso, rafforzano il potere nelle emergenze, innescando un meccanismo che intossica sempre più palazzo e società, deresponsabilizzando progressivamente il potere politico il quale – governo o opposizione è lo stesso – fonderà sempre più la propria identità politica sullo scontro permanente.

La crisi del potere non è cosa di oggi, non dipende solo dagli attori che oggi quel potere interpretano e non è cosa solo italiana come ci dimostra, tra le tante possibili, la vicenda di Donald Trump. Ci vorrà tempo per rimetterne a posto ogni pezzo.

Certamente, appena sarà possibile qui da noi si dovrà metter mano almeno ad alcuni di quei pezzi, a partire da un federalismo che, per come è stato disegnato nel 2001 con la riforma del titolo quinto della costituzione, sembra per ora aver fallito l’obiettivo. Ma anche questo, di per sé, non basterà se non sarà accompagnato da un’assunzione di responsabilità politica – dalla capacità di prendere decisioni politiche e di risponderne al paese – che pare oramai disperatamente necessaria.

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