In questi giorni, in Cisgiordania sorridono tutti. E se non sorridono, hanno gli occhi che brillano. Da quattro settimane i palestinesi sono incollati alla tv. Apprezzano anche l’ironia dei manifestanti egiziani. Ripetono spesso uno slogan sentito in piazza al Cairo: “Traducete le nostre rivendicazioni in ebraico, così Mubarak potrà capirci”.
C’è un singolare contrasto tra la gioia dei palestinesi per la rivolta in Egitto e il silenzio delle autorità. Alcuni giorni fa si è saputo che il presidente palestinese Abu Mazen ha telefonato a Mubarak per esprimergli incoraggiamento, sostegno e solidarietà. Invece le manifestazioni di solidarietà dei palestinesi per il popolo egiziano sono ostacolate.
Un sit-in davanti all’ufficio di rappresentanza egiziano a Ramallah, organizzato su Facebook, è stato vietato. L’organizzatore è stato rintracciato alla vigilia dell’evento, fermato e interrogato a lungo. A Gaza alcune donne coraggiose hanno manifestato in pieno centro.
Avevano informato la polizia di Hamas, ma quando le hanno invitate a rinunciare, hanno deciso di sfilare comunque. Dopotutto la legge non richiede autorizzazioni per riunirsi pacificamente. Ma la polizia ha represso l’evento con la forza e ha arrestato i partecipanti. Così la rivolta in Egitto ha finito per mettere d’accordo Hamas e Al Fatah.
Paradossalmente, invece, le manifestazioni di solidarietà organizzate a Gerusalemme, Haifa e Tel Aviv si sono svolte senza interferenze della polizia israeliana.
*Traduzione di Nazzareno Mataldi.
Internazionale, numero 883, 4 febbraio 2011*
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