Israele è davvero una democrazia per i suoi cittadini ebrei. Il 7 febbraio ho tenuto un discorso davanti ad alcuni alti ufficiali dell’esercito israeliano, di stanza in Cisgiordania. Ed eccomi qui, ancora libera: non mi hanno arrestata o punita per la mia schiettezza.

L’occasione era un seminario sul tema “Dignità umana e uso della forza”. I militari sembravano persone intelligenti, istruite, sicure di sé, capaci di esprimersi con chiarezza. Avevano tra i 35 e i 45 anni. “Sono sicura che con ognuno di voi potrei sedermi a prendere un caffè e avere una conversazione piacevole”, ho esordito. “Purtroppo, però, non è la persona a definire la posizione, ma il contrario. Voi fate parte di un sistema criminale. Un sistema che garantisce i privilegi degli ebrei a spese degli altri abitanti. Siete gli strumenti di una politica di pulizia etnica in vaste aree della Cisgiordania”.

Alcuni ufficiali, offesi, hanno reagito duramente. Altri sono intervenuti chiedendo di moderare i toni, e così ho avuto l’opportunità di parlare di un’altra questione che mi sta a cuore: “Israele deve evitare di affidarsi solo alla sua superiorità militare, ignorando l’etica e la giustizia universali, le lezioni della storia, il buon senso sociologico (vedi l’Egitto) e la realpolitik”.

*Traduzione di Nazzareno Mataldi.

Internazionale, numero 884, 11 febbraio 2011*

Alla fine un ufficiale mi ha chiesto se gli stessi consigliando di lasciare l’esercito. “Certo”, ho risposto. “Se altri mille soldati facessero come lei, sarebbe un bel segnale per il governo israeliano. L’unica vera missione patriottica è incrinare il muro dell’ipocrisia”.

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