All’inizio non ho riconosciuto il ragazzo che mi salutava nell’affollata piazza El Manara. Poi mi sono accorta che si era tagliato i lunghi capelli ricci. Insieme a lui c’era un altro ragazzo, anche lui di Gaza. “Indovina dove me ne vado?”, mi ha chiesto Suheil con un sorriso a trentadue denti. “A Gaza”.

Sei anni fa, quando aveva 18 anni, Suheil ha ottenuto un permesso israeliano per attraversare i 70 chilometri che separano la Striscia di Gaza dalla Cisgiordania. Qui ha terminato gli studi all’università di Bir Zeit e poi ha trovato un lavoro, ma non è mai diventato uno “in regola”.

Come sanno bene i miei lettori più fedeli, Israele ha progressivamente separato la società di Gaza da quella della Cisgiordania. Tra le altre cose, il governo israeliano ha negato alle autorità palestinesi il diritto, garantito dagli accordi di Oslo, di autorizzare i cambi di residenza tra Gaza e Cisgiordania. Inoltre, ha introdotto un “permesso di soggiorno”, difficile da ottenere, per i cittadini di Gaza in Cisgiordania, senza il quale la loro permanenza è “illegale”.

Così Suheil, stanco di essere imprigionato nel bantustan di Ramallah, ha deciso di tornare a Gaza.”Chi preferisci, i gazani o i cisgiordani?”, mi ha chiesto l’amico di Suheil mentre bevevamo un tè di addio. Ho risposto che i gazani sono più accoglienti e calorosi. Hanno sorriso orgogliosi. Ora i due amici aspettano solo l’arrivo del permesso israeliano che gli consentirà di lasciare Ramallah. Quanto gli manca Gaza!

*Traduzione di Andrea Sparacino.

Internazionale, numero 895, 29 aprile 2011*

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