“Grazie per avermi invitato”. Mi ci sono volute due o tre conferenze per ritrovare un po’ di buone maniere. Quella di martedì è stata la mia sesta conferenza (ne mancano quattro).
La mia decisione di scrivere un testo diverso per ogni intervento mi sta stancando più dei quotidiani viaggi in aereo, dei cambi di hotel, del continuo fare e disfare la valigia e delle strane facce che mi osservano in sale mezze vuote (e che a volte sembrano tutt’altro che convinte da quello che sto dicendo).
Sto scrivendo questo articolo dopo mezzanotte, usando un computer della reception di un hotel a London, nell’Ontario. Stanca e distratta dopo l’ennesima conferenza, ho dimenticato il mio portatile sul palco. Quando mi sono accorta di non averlo più con me, era ormai troppo tardi. Un mio amico di Nablus che vive qui da molti anni mi ha accompagnato in centro in fretta e furia, ma la sala era chiusa e in giro non c’era nessuno. Forse domani scoprirò che qualcuno si è innamorato del mio vecchio portatile, e il 4 ottobre resterà per sempre il giorno della commemorazione. O magari celebrerò il 5 ottobre ricordando il miracoloso ritrovamento.
Probabilmente, data la situazione, sarete solidali con me e capirete perché non riesco a scrivere quello che avevo in mente. Volevo parlare di uno dei lati oscuri del Canada bianco e maschilista: l’omicidio e la scomparsa delle donne indigene e la mancanza di impegno della polizia nella ricerca dei colpevoli. Sarà per la prossima volta.
*Traduzione di Andrea Sparacino.
Internazionale, numero 918, 7 ottobre 2011*
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