Il piacere dimenticato della conversazione
Conversare dovrebbe essere una capacità che tutti abbiamo, e a conversare ci si dovrebbe addestrare già da ragazzini. Magari imparando a rispettare la regola fondamentale (ma non così universale, almeno se guardiamo a quel che succede nei talk show) dei turni di parola: quando tu parli io ascolto, quando io parlo tu ascolti.
Conversare dovrebbe anche essere un’attività gratificante. Dopotutto riguarda le chiacchiere in famiglia o tra amici, o l’incontro tanto casuale quanto piacevole e illuminante che può verificarsi in treno, e perfino uno scambio di battute cordiali con il panettiere.
Riguarda il condividere informazioni e idee, il confrontare opinioni e il raccontarsi storie, ma soprattutto l’entrare in contatto con qualcun altro (una cosa che fa star bene e scalda il cuore), perfino nel tempo breve di una salita in ascensore.
La danza delle parole
Molti paragonano il conversare a una partita di tennis o di ping pong, per via della palla che passa dall’uno all’altro. Poiché il ritmo è fondamentale, e poiché le cose funzionano meglio se non si considera l’altro come un avversario da sconfiggere, potrebbe essere, piuttosto, una danza in cui si guida a turno.
Ma sono conversazioni anche i colloqui di lavoro, quando riescono a non somigliare troppo a un interrogatorio. Lo sono i dialoghi terapeutici e le negoziazioni: tutti motivi in più per sviluppare la capacità di avere una buona conversazione.
Se cercate “conversation tips” con Google, trovate decine di articoli che offrono consigli, alcuni sensati e altri discutibili o bizzarri. Se volete avere un’idea di quel che c’è dentro, potreste guardare questo, pubblicato da Business Insider.
Uno scambio autentico presuppone una certa vulnerabilità, e una certa dose di apertura
In realtà, il titolo di Business Insider parla di “small talk”, che potremmo tradurre con chiacchiere. Cioè del modo più informale e meno impegnativo per conversare. Che qualcuno senta il bisogno di istruzioni perfino per chiacchierare può sembrare curioso, no?
Ci sono anche numerose liste di frasi adatte a cominciare una conversazione. La prima di un elenco di 33 killer conversation starters (potremmo tradurlo con 33 esordi irresistibili, con ciò perdendoci, ed è un bene, la connotazione truculenta dell’originale inglese) è “parlami di te”. A mio avviso, l’approccio più raggelante per chiunque, in qualsiasi occasione. Ne volete 250, di esordi? Eccoli, divisi per argomento. Il primo recita: qual è l’ultimo video divertente che hai visto?
Tutto ciò suggerisce che, ehi!, forse abbiamo un problema con il conversare, magari perché siamo sempre più abituati a interagire nascosti dietro a uno schermo. Magari, perché uno scambio autentico presuppone una certa vulnerabilità, e una dose di apertura.
Dieci ottime norme
Andiamo a cercare qualcosa di meglio. In una breve (meno di 12 minuti) e vivace Ted conference, il cui ascolto mi sentirei di consigliare a tutti, la giornalista radiofonica Celeste Headlee offre dieci semplici (e ottime) norme per costruire una buona conversazione.
Sono le stesse che lei segue quando vuole ottenere una buona intervista. Non si tratta – dice – di dichiararsi sempre d’accordo, di guardare l’altro negli occhi facendo cenni di assenso, o di scovare argomenti brillanti.
Eccovi una sintesi, commentata.
1) Se state parlando con qualcuno, pensate a quello e non ad altro (e su, mettete via il telefono).
2) Non pontificate, celebrando le vostre opinioni. Pensate che da quella conversazione potreste imparare qualcosa.
3) Fate domande aperte, che non contengano una risposta implicita (questo è proprio un bel punto. Se chiedete a qualcuno “eri spaventato?”, potrà solo rispondervi sì o no. Se gli chiedete “come ti sentivi”, potrà rispondervi che era sorpreso, terrorizzato, arrabbiato, indifferente… e vi dirà come e perché).
4) Seguite il flusso (e rieccoci all’idea di danzare). Ogni risposta può portarsi dietro altre domande. Fate quelle, e non quelle che avevate in testa da prima.
5) Non dite quello che non sapete (molti dei punti citati ci rimandano alle massime di Grice. Questo, soprattutto).
6) Non fate a gara con il vostro interlocutore contrapponendo la vostra esperienza alla sua: una conversazione non è un’opportunità autopromozionale.
7) Non ripetete allo sfinimento i concetti che ritenete importanti (questo capita soprattutto nelle conversazioni familiari). È noioso e paternalistico (e, aggiungo, è un modo per dare indirettamente del cretino al vostro interlocutore).
8) Lasciate da parte i dettagli irrilevanti.
9) È la raccomandazione più importante: ascoltate. Ascoltare prestando attenzione è più faticoso e meno gratificante che parlare. Ma se non c’è ascolto, non è una conversazione: sono persone che si parlano addosso.
10) Siate brevi. Il segreto è tenere la bocca più chiusa, tenere la mente più aperta, ed essere sempre pronti a sorprendersi.
Infine, non dimentichiamocelo: tutte le volte che conversiamo come bisogna, compiamo un’attività non solo emotivamente gratificante, ma intrinsecamente creativa. Si tratta di collaborare alla formazione (appunto, alla creazione) di un nuovo senso condiviso, tale da arricchire entrambi. Un motivo in più per restituire importanza all’arte, troppo poco praticata, della conversazione.
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