La comunità internazionale deve condannare Jair Bolsonaro
Gli autori e le autrici di questo testo, uscito anche sul quotidiano francese Le Monde, sullo spagnolo El País e sul portoghese Público, fanno parte della Rete europea per la democrazia in Brasile.
Dopo aver segnato un nuovo record nel numero di morti giornalieri per il covid-19, qualche giorno fa, il Brasile sta tristemente tornando sotto i riflettori internazionali. Le notizie di questo dramma sanitario, che colpisce in modo particolare le fasce più povere della popolazione, vengono generalmente accompagnate da brevi commenti sull’isolamento e sulla radicalizzazione del presidente Jair Bolsonaro. Ma questo modo di descriverlo non coglie l’aspetto essenziale: più che indebolito, Bolsonaro in questo momento è spinto a una fuga in avanti che potrebbe portare all’instaurazione di un regime autoritario nel paese. Sostenuto dalla maggioranza dei leader militari e da una parte radicalizzata dell’opinione pubblica, appoggiato dalle chiese evangeliche più reazionarie, il presidente brasiliano si prepara a distruggere la repubblica nata nel 1988 dalle rovine della dittatura militare. E questo succede nell’indifferenza della comunità internazionale.
Fin da quando i governatori di alcuni stati hanno imposto le prime misure di distanziamento sociale contro il covid-19, a marzo, Bolsonaro ha cominciato un braccio di ferro con le istituzioni democratiche. Ha infranto il patto federale attaccando frontalmente i governatori. Accusato di aver interferito sulle nomine dei capi della polizia per proteggere la sua famiglia – vicina alle milizie criminali di Rio de Janeiro – dalle inchieste giudiziarie, il presidente ha moltiplicato gli attacchi contro la corte suprema e si è schierato con i manifestanti che ne chiedevano l’abolizione. A ciò si aggiunge un’intensa campagna sui social network chiamata #intervençãomilitarcombolsonaronopoder (intervento militare con Bolsonaro al potere).
Rischio golpe
Questo “intervento militare” non è un semplice spauracchio. La sua possibilità è ormai una minaccia quotidiana, formulata non solo dai manifestanti di estrema destra ma anche dai rappresentanti del governo e, il 28 maggio, dallo stesso Bolsonaro. Per giustificarlo le persone vicine al presidente invocano un articolo della costituzione che autorizza le forze armate ad agire in nome del “mantenimento della legge e dell’ordine” su richiesta di uno qualsiasi “dei poteri costituzionali”. Ma questo articolo – il 142, eredità di una transizione democratica avvenuta sotto la tutela dei militari – è previsto per giustificare l’uso dell’esercito in missioni di sicurezza pubblica e in nessun caso per legittimare un colpo di stato.
Con più della metà dei ministri che vengono dall’esercito e quattromila ufficiali nei ministeri, il potere in Brasile è già molto militarizzato. Se in futuro i principali poteri che fanno da contrappeso al governo dovessero essere cancellati, assisteremmo increduli a un viaggio nel tempo, al ritorno di una dittatura militare nella più grande democrazia dell’America Latina. Davanti alla minaccia di una fine prossima, le istituzioni democratiche brasiliane sono molto vulnerabili.
Diviso tra l’opportunismo dei parlamentari preoccupati di conservare i loro vantaggi, un’opposizione molto debole e la paura di rappresaglie da parte dell’esercito, il congresso non accoglie le domande di impeachment contro il presidente che si vanno accumulando. Anzi, ogni tentativo di mettere un freno giuridico alle provocazioni del governo fa aumentare il rischio di cadere in una dittatura. Qualche giorno fa un’inchiesta contro i gruppi che pubblicano fake news a sostegno del governo ha portato vari sostenitori del presidente a chiedere la condanna a morte di Alexandre de Moraes, giudice del Supremo tribunale federale.
L’Europa può agire imponendo al Brasile delle severe sanzioni diplomatiche e commerciali
Il rischio imminente di un colpo di stato militare non è solo il risultato della confusione politica aggravata dalla pandemia, ma conferma un deterioramento della democrazia che le élite finanziarie, politiche e mediatiche dei paesi occidentali hanno sottostimato e a volte perfino alimentato: la destituzione della presidente Dilma Rousseff nel 2016 per un’accusa superficiale e nel disprezzo dello spirito della costituzione, i ripetuti abusi di potere di una giustizia faziosa e politicizzata, l’immobilismo delle istituzioni di fronte alle provocazioni, violenze e imbrogli dell’estrema destra. La situazione è esplosiva, la democrazia sull’orlo dell’abisso. Questa volta nessuno potrà fingere di essere sorpreso, visto che Bolsonaro e i suoi collaboratori hanno promesso durante la loro campagna elettorale, e poi dopo essere arrivati al potere, che avrebbero chiuso la corte suprema, fatto intervenire l’esercito e messo in prigione gli oppositori politici.
La fine della democrazia in Brasile avrebbe gravi conseguenze internazionali. Oltre alla possibilità di un effetto domino in un continente indebolito dalle crisi politiche, l’accelerazione della deforestazione fa temere un disastro ambientale e umano che secondo gli scienziati potrebbe cambiare l’equilibrio climatico del pianeta in pochi anni. Nell’immediato il Brasile è il nuovo epicentro della pandemia mondiale, e nel paese l’epidemia è completamente fuori controllo.
La Rete europea per la democrazia in Brasile (Red-br) è nata dal movimento di solidarietà internazionale che nel 2016 ha preso posizione di fronte ai vacillamenti dello stato di diritto nel paese latinoamericano. Da troppi anni la comunità internazionale osserva senza reagire l’ascesa delle forze autoritarie al cuore della seconda democrazia del mondo occidentale. Noi esortiamo a una presa di coscienza i mezzi d’informazione e l’opinione pubblica europea. Chiediamo ai leader politici dei vari paesi e all’Unione europea di affermare senza ambiguità il loro sostegno ai democratici brasiliani, alla corte suprema, ai governatori degli stati e al congresso di fronte agli attacchi del presidente Bolsonaro e dei suoi collaboratori.
Di fronte a un governo ossessionato dalla sua appartenenza al mondo occidentale e preoccupato della sua reputazione internazionale, l’Europa può agire imponendo al Brasile delle severe sanzioni diplomatiche e commerciali, in particolare contro i settori legati alla deforestazione e le imprese associate al presidente Bolsonaro.
(Traduzione dal francese di Flores Giorgini)