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Il sogno europeo di Helmut Kohl

Helmut Kohl a Heilbad Heiligenstadt, nell’ex Germania Est, il 4 settembre 1990. (Mark-Olivier Multhaup, Dpa/Afp)

Venerdì 16 giugno Helmut Kohl, ex cancelliere che aveva realizzato l’unificazione del suo paese dopo la caduta del muro di Berlino, ha potuto morire in pace.

Kohl ha condotto l’integrazione della Germania Est a quella dell’Ovest con strabiliante audacia, sorprendendo il mondo intero dando come fatto compiuto il cambio alla pari del marco dell’est con quello dell’ovest (cioè tra una moneta senza reale valore con una delle più solide valute mondiali), squilibrando l’economia tedesca provvisoriamente ma seriamente e spaventando a morte la maggior parte dei tedeschi occidentali.

Helmut Kohl ha avuto ragione e il resto del mondo aveva torto. Quest’uomo ha vinto la sua scommessa perché era un visionario e perché aveva saputo ascoltare François Mitterrand quando gli aveva detto che bisognava dare un colpo d’acceleratore all’unità europea passando alla moneta comune.

Mitterrand, un socialista con cui il democristiano Kohl s’intendeva benissimo, aveva sottolineato che il crollo sovietico rischiava di far barcollare l’Europa, che il vecchio continente aveva bisogno di una boa (che avrebbe necessariamente dovuto essere il rafforzamento del mercato comune) e che le guerre in Jugoslavia rischiavano di mettere alla prova la coppia franco-tedesca, perché i tedeschi si sentivano solidali con la Croazia e i francesi con la Serbia.

Senza Helmut Kohl il presidente francese Mitterrand non avrebbe mai trascinato la Germania nell’euro

Mitterrand aveva ragione. L’introduzione della moneta unica ha permesso di scongiurare questi pericoli, ma senza Helmut Kohl il presidente francese non avrebbe mai potuto trascinare la Germania nell’euro. Ed è lì che la storia è andata troppo in fretta.

I popoli non hanno seguito a ruota. Gran parte dell’opinione pubblica europea, a cominciare dalla Francia, non ha sposato questo progetto perché, oltre al fatto che l’unità dell’Europa avrebbe assunto una dimensione federale sgradita a molti, Kohl aveva dovuto promettere ai tedeschi per convincerli ad abbandonare il marco che l’euro sarebbe stato solido quanto la loro moneta. Da questa promessa derivano i criteri di Maastricht (accettati attraverso i trattati) contro cui tanti elettori si sono rivoltati, ma anche l’ascesa delle estreme destre e dell’eurofobia, il rifiuto del progetto di un trattato costituzionale e la paralisi che da tempo affligge l’Unione.

Dopo averla salvata, il volontarismo di Kohl e di Mitterrand ha rischiato di uccidere l’Unione, ma in meno di un anno tutto è cambiato. Vladimir Putin, Donald Trump, la Brexit e il caos mediorientale hanno convinto gli europei a serrare i ranghi, a dotarsi di una difesa comune a ad armonizzare le loro economie. L’elezione di Emmanuel Macron, nel frattempo, ha permesso uno spettacolare riavvicinamento tra Parigi e Berlino. L’eurofobia arretra ovunque, anche a Londra, e l’Unione è alla vigilia di una svolta imposta da un’alleanza francotedesca che rinasce.

Helmut Kohl ha potuto morire sereno, perché l’Europa politica, quella che aveva sognato insieme a Mitterrand, è ormai sul punto di prendere forma.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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