La prima spiegazione è che sono visti e stravisti. Se il 14 ottobre, in Baviera, i socialdemocratici e i democristiani hanno registrato un calo di voti di circa il 10 per cento, il motivo è che, insieme o separati, sono ininterrottamente al potere dalla fine della seconda guerra mondiale.

Anche in Germania la sinistra e la destra sono vittime del vento “antisistema” che soffia in Europa e nel mondo intero. Ma c’è una seconda ragione, ancora più importante, della crisi dei due partiti tradizionali: sono diventati impotenti. Democristiani e socialdemocratici hanno finora organizzato e garantito un compromesso sociale permanente, che andava contemporaneamente a beneficio delle imprese, dei lavoratori e dell’intero paese, perché non è grazie agli scioperi ma alla contrattazione che sono migliorati i salari e le condizioni di vita in Germania.

Come la Svezia, anche la Germania, infatti, ha rappresentato a lungo un modello di economia sociale di mercato, libero ma organizzato, arrivando a risultati mai raggiunti nella storia economica e politica. Ma oggi né i socialdemocratici né i democristiani (e naturalmente nemmeno la coalizione tra i due) riescono a garantire il compromesso sociale, perché l’accorciamento delle distanze e la fine del comunismo hanno globalizzato l’economia.

Oggi un’azienda può tranquillamente spostare la produzione in paesi che le garantiscono un costo del lavoro e obblighi fiscali e sociali estremamente bassi. La chiamano “delocalizzazione”, ed è questo fenomeno che ha trasformato l’economia mondiale in un sistema di dumping generalizzato, anche all’interno dell’Unione europea, svuotando di significato i compromessi nazionali, perché ormai il capitale può spostarsi liberamente in cerca di guadagni sempre maggiori.

Gli elettori provano a sfuggire a un mondo plasmato dal capitale, che chiamano “liberismo”

La conseguenza di tutto ciò è che il rapporto di forze, che nei primi decenni del dopoguerra era nettamente favorevole ai lavoratori, oggi premia il capitale, a maggior ragione considerando che non c’è più la paura del comunismo a spingere gli imprenditori ad accettare il compromesso sociale.

Al di là delle tendenze antisistema, è la delocalizzazione il motivo per cui la destra democristiana e la sinistra socialdemocratica stanno perdendo terreno, non solo in Germania ma in tutta l’Unione. Queste forze hanno strutturato l’Europa per decenni e ora che non possono più mettere il mandato elettorale e la forza pubblica al servizio di un compromesso sociale che non è più indispensabile hanno perso la loro funzione primaria.

Si è creato un vuoto politico che continua ad allargarsi. Ma la politica ha terrore del vuoto, e così la ritirata dei grandi partiti di destra e sinistra lascia spazio alle insurrezioni elettorali, con il rafforzamento del voto nazionalista e il moltiplicarsi di nuove forze, spesso effimere.

Un nuovo consenso
In Baviera, il più grande land tedesco, abbiamo assistito a una clamorosa affermazione dei Verdi e in misura minore dell’estrema destra. Cercando rifugio nel passato o in nuovi orizzonti idealistici, gli elettori provano a sfuggire a questo mondo plasmato dal capitale, che chiamano “liberismo”. Tentano di chiudere le frontiere nazionali per ricreare le condizioni dei compromessi del passato, oppure di formare nuove alleanze politiche basate su un nuovo consenso, ambientalista o sociale.

Tra partiti dell’ordine e partiti di movimento, in tutti i paesi d’Europa sta prendendo forma un nuovo scacchiere politico. Questa precipitazione chimica indebolisce le due forze motrici dell’Unione, la socialdemocrazia e la democrazia cristiana, e minaccia di paralizzarla.

Se non si inverte la rotta, l’Unione potrebbe finire per sfaldarsi a velocità esponenziale, riducendosi nella migliore delle ipotesi a una mera zona di libero scambio, quando invece resta l’unica speranza per ristabilire un equilibrio tra capitale e lavoro, affermandosi come potenza pubblica di taglia continentale.

Il paradosso è che, in Germania come altrove, cercando disperatamente di ricostruire le condizioni per un compromesso sociale, gli elettori europei stanno in realtà distruggendo l’unica struttura con cui potrebbero davvero realizzare questo obiettivo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul settimanale economico francese Challenges.

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