Le icone hanno un destino? Viene da chiederselo dopo aver visto la scelta del nuovo “ambasciatore” del marchio di lusso Louis Vuitton. Il nuovo testimonial della campagna Core values è Muhammad Ali, nato Cassius Marcellus Clay jr., che posa in compagnia del nipote di tre anni davanti all’obiettivo di Annie Leibovitz, fotografa di star e autrice di tutta la campagna.

Muhammad Ali è un mito dello sport. Ma al di là della boxe, di cui ha segnato la storia grazie al suo incontro con Frazier, Ali è stato anche molto altro: ha combattuto in prima persona la lotta per i diritti civili dei neri americani, si è ribellato alla guerra in Vietnam, si è convertito all’islam. La sua è stata un’immagine eroica “naturale” che il documentario di William Klein Muhammad Ali, the greatest ha immortalato per sempre.

Oggi, the greatest è seduto con lo sguardo un po’ perso. Ai suoi piedi c’è una borsa da viaggio firmata. Vicino a lui c’è il suo discendente, il nipotino, ed è lui che ha i guanti da boxe. Segno del tempo che passa, certo. Ma non si può non provare una certa tristezza pensando che il grande campione è stato colpito dal morbo di Parkinson. La campagna di Vuitton è cominciata con Gorbaciov davanti al muro di Berlino, che il leader russo aveva largamente contribuito a far cadere. Poi è proseguita mescolando abilmente glamour e sorpresa, attori e cantanti, ribelli e seduttori. E ora? Siamo al ko?

Internazionale, numero 954, 22 giugno 2012

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