A prescindere dal nome della divinità a cui fanno riferimento, tutti gli integralismi finiscono per somigliarsi. Ultima dimostrazione a Tolosa, in Francia, dove si svolge un ambizioso festival culturale di riflessione sulle immagini. Technologia, un’installazione dell’artista marocchino Mounir Fatmi, ha dovuto essere smontata e poi cancellata dall’esposizione. In poche parole, censurata, con il consenso dell’artista e del direttore della manifestazione, il filosofo e critico Paul Ardenne, che non sono riusciti a trovare una soluzione diversa.
I fatti sono edificanti. L’installazione consiste in una proiezione di alcuni versetti del Corano su dei cerchi concentrici che fanno pensare ai rotorelief di Duchamp, simboli di modernità, posti al suolo. A tarda sera, dei giovani della banlieue passando nei pressi dell’opera vedono delle persone che camminando, calpestano i versetti del Corano. Quella che nelle intenzioni dell’artista voleva essere un omaggio alle sue radici arabomusulmane, per loro è solo una provocazione blasfema. Quando passa una donna la fermano e la aggrediscono.
Pretendono che l’opera sia smantellata. E alla fine ricevono soddisfazione. La legittimità delle loro lamentele non è diversa da quella dei fanatici cattolici che interrompono rappresentazioni teatrali, proiezioni e mostre che li disturbano. Tutto questo non è solo grave. È inaccettabile.
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