Dopo tre mesi di lutto e di esposizione al pubblico (solo per gruppi organizzati su appuntamento), dopo un corteo funebre, per cui si è reso necessario interrare i cavi della luce di alcune vie della capitale in modo da lasciar passare l’enorme catafalco dorato con la salma, il 4 febbraio Norodom Sihanouk è stato cremato a Phnom Penh, in una struttura monumentale temporanea che si dice sia costata cinque milioni di dollari. Ha pensato a tutto il primo ministro Hun Sen. Il ritratto di quello che fu re della Malesia è su tutti i muri della capitale, lungo le strade, ma anche dentro i negozi e nei ristoranti, in tante possibili forme: adesivi, poster, portachiavi e perfino sui quadranti degli orologi, falsi o di marca.

Tutto questo fa pensare a un culto della personalità poco diverso da quello rivolto al suo amico Kim il-Sung, presso il quale Sihanouk si rifugiò quando gli americani lo cacciarono, nel 1970, per mettere Lol Non alla guida del paese, aprendo così le porte ai Khmer rossi. La differenza è soprattutto nelle dimensioni del fenomeno. L’emozione è palpabile e, cosa più sorprendente, c’è una generazione di giovani, nati dopo Pol Pot, che onora in massa l’uomo che ottenne l’indipendenza del paese e fondò il movimento dei non allineati. Il primo ministro diventato via via sempre più autoritario e inquietante, si frega le mani in vista delle imminenti elezioni.

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