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Il futuro della carne

Come avete preso nella tua famiglia le novità dell’Organizzazione mondiale della sanità sulla carne rossa? Io sto diventando paranoica.–Elena

Italia, novembre 2050: due ragazzini con aria furtiva si fanno scansionare l’iride per aprire le porte elettroniche dei bagni della scuola e corrono a chiudersi nell’ultima cabina. Dopo aver controllato di essere soli, tirano fuori il salamino piccante che si sono procurati dallo spacciatore di quartiere e fanno quello che i loro genitori si sono sempre raccomandati di non fare: mangiano carne rossa.

Cent’anni prima avremmo potuto fare un racconto simile a proposito delle sigarette, dell’amianto, dei raggi solari o di tutto quello che nel frattempo abbiamo scoperto che provoca il cancro. Il meccanismo è sempre quello: all’inizio pensiamo che una sostanza sia innocua, poi qualche ricercatore comincia a dire che potrebbe farci male, poi molti ricercatori ci assicurano che ci fa male e alla fine l’Oms rende tutto ufficiale. Ma questo richiede anni, decenni, e non c’era bisogno di aspettare l’Oms per sapere che mangiare carne in grandi quantità può far male (anche se, ovviamente, è niente in confronto a fumo e amianto).

Per non ripetere l’errore, ora portati avanti su altri temi: fior di ricerche già ci informano che “lo zucchero è il nuovo tabacco”, che gli antibiotici vanno usati il meno possibile, che il wifi ha effetti ancora sconosciuti sul nostro fisico. Tra l’ingenuità anni cinquanta e il panico contemporaneo esiste la via di mezzo: tenersi aggiornati sulle scoperte scientifiche e adattarsi gradualmente, e con una certa dose di buon senso.

Questa rubrica è stata pubblicata il 27 novembre 2015 a pagina 12 di Internazionale, con il titolo “Il futuro della carne”. Compra questo numero| Abbonati

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