Tailleur e lustrini
Mia madre non ha nulla contro la mia omosessualità, ma la mia partecipazione al pride la lascia perplessa, perché trova che sia una manifestazione provocatoria e controproducente. Come la convinco? –Luca
In queste settimane l’Italia è attraversata dall’onda pride, una serie di parate per l’orgoglio lgbt. E come ogni anno spunta qualcuno che dice: “Allora dovremmo fare anche l’etero pride”.
Se non fosse che nessuno viene ucciso, picchiato o torturato perché è etero; nessuno è arrestato per essere etero; nessuno è preso in giro dai compagni di classe perché è etero; nessuno deve confessare ai propri genitori di essere etero; nessuno deve lottare per il diritto di sposarsi con una persona etero; nessuno deve evitare di andare in viaggio in paesi dove è illegale essere etero; nessuno viene chiamato “etero di merda”; nessun libro sacro definisce abominio l’eterosessualità; nessun ragazzino è spinto a detestare se stesso perché è etero.
L’altra cosa che sento dire è che il pride è una pagliacciata e per essere presi sul serio dovremmo andarci tutti vestiti in giacca e cravatta. Ma il modo in cui siamo vestiti non c’entra nulla: non scendiamo in strada per dire che siamo tutti uguali, ma per ribadire che abbiamo tutti gli stessi diritti, a prescindere dal fatto che siamo impiegate in tailleur o drag queen in parrucca e lustrini. Spiega a tua madre che in un paese dove un ministro osa dire che le famiglie arcobaleno non esistono, le parate del pride servono a dire che non solo esistiamo, ma siamo anche tantissimi e piuttosto arrabbiati. Oppure non dirle nulla: chiedile solo di accompagnarti in uno dei tanti cortei dell’onda pride, e sono sicuro che capirà tutto da sola.
Questa rubrica è uscita il 6 luglio 2018 nel numero 1263 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati