Contro il mito dell’uomo forte serve una repubblica europea
E se gli italiani avessero delle buone ragioni per desiderare l’uomo forte? Il rapporto annuale del Censis pubblicato il 6 dicembre, secondo cui quasi un cittadino su due (48 per cento) dichiara che ci vorrebbe un “uomo forte al potere” che non debba preoccuparsi di parlamento ed elezioni, ha legittimamente suscitato scalpore.
Eppure non fa che confermare una tendenza evidenziata dal risultato delle ultime elezioni europee e dai recenti sondaggi: l’estrema destra rappresenta stabilmente più del 40 per cento dell’elettorato e il leader della Lega Matteo Salvini (l’uomo dei “pieni poteri”) e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni sono ormai i politici più popolari, preceduti solo dal presidente del consiglio Giuseppe Conte. Soprattutto, il dato del 48 per cento corrisponde a una realtà che la maggior parte degli osservatori e dei rappresentanti politici non vuole affrontare, e cioè che le democrazie europee sono in una profonda crisi, e forse in modo irrimediabile.
Non basta cercare di evitare la questione guardando nel dettaglio il rapporto Censis, che nota che l’aspirazione all’uomo forte trova consensi soprattutto tra le persone meno istruite (62 per cento). E ancora meno cercare di rassicurarsi come Ernesto Galli della Loggia dalle colonne del Corriere della Sera, secondo il quale “la voglia dell’uomo forte, rivelata dai dati del Censis, più che un desiderio di soluzioni dittatoriali o comunque contrarie alla democrazia liberale, testimonia sostanzialmente altro: un’insoddisfazione radicale per il pessimo funzionamento del paese”.
Il vecchio schema di stati nazionali è inadatto a gestire le sfide contemporanee
I problemi dell’Italia elencati dallo storico (malagiustizia, evasione fiscale, degrado delle periferie, dello stato sociale, debolezza della classa politica eccetera) non sono nuovi. Ciò che c’è di nuovo è l’aspirazione, in queste proporzioni, alla soluzione rapida, radicale e pericolosa dell’uomo forte per tentare di risolverli. E ci sono buone ragioni per capire quest’andamento che aleggia un po’ ovunque in Europa e che solo un certo provincialismo può cercare di limitare a problemi solo interni.
Le democrazie in Europa sono al capolinea perché sono rinchiuse nel vecchio schema di stati nazionali, ormai troppo piccoli per rispondere da soli alle sfide contemporanee, come la finanziarizzazione del capitalismo che produce un’esplosione delle disuguaglianze, la gestione del fenomeno migratorio, la risposta ai cambiamenti tecnologici o ambientali.
La soluzione peggiore
Un po’ ovunque gli elettori hanno provato a portare al potere coalizioni di ogni genere (destra, sinistra o altro) per trovare soluzioni alle loro angosce. Ma senza un esito soddisfacente, e per motivi strutturali. Hanno dunque buone ragioni oggi gli intervistati del Censis di volere un’altra soluzione, che tuttavia è la peggiore : quella dell’uomo forte.
Una democrazia è tale se assicura il voto e la possibilità di alternanza al potere, se garantisce l’esistenza di contropoteri e i diritti delle minoranze, ma anche se i governanti dispongono di poteri reali. Negli ultimi anni, quest’ultimo elemento è progressivamente venuto a mancare (bisogna ricordare che l’Italia – come la Francia – rappresenta oggi meno dell’1 per cento della popolazione mondiale e appena il 2,4 per cento del pil del pianeta). Così numerosi cittadini sognano oggi un take back control con l’illusione che un presidente illiberale possa difenderli, ossia vogliono un uomo forte che possa supplire a uno stato nazionale debole.
Per frenare questa micidiale fuga in avanti esiste solo una soluzione: costruire un’Europa unita, potente e democratica, che potrebbe esprimersi attraverso una repubblica europea. La questione sembra attualmente compromessa, perché quasi nessun partito o movimento ne parla (finora nemmeno le sardine, che sono la nuova risposta alla voglia d’uomo forte).
Resta il fatto confortante che il rapporto del Censis ricorda anche che più del 61 per cento degli italiani è contro il ritorno alla lira e il 62 per cento è contrario all’uscita dall’Unione europea: segno che, al di là di tutte le critiche legittime verso l’attuale Ue, hanno ben chiaro dove sta la forza reale per il loro futuro.