Come Nina Bunjevac salverà il mondo dei fumetti
Per quanto riguarda i romanzi a fumetti, uno degli avvenimenti editoriali del 2016 è stata la pubblicazione di Fatherland. Educazione di un terrorista di Nina Bunjevac per Rizzoli Lizard, di cui va riconosciuto lo sforzo di aver prodotto un bell’oggetto libro, cosa non facile nel mercato italiano. Artista canadese di origini jugoslave, Nina Bunjevac riesce nell’exploit di dire qualcosa di nuovo nell’ambito dell’autobiografia a fumetti. Partendo dal presente, con una serie di capitoli-flashback, racconta la vita e le vicissitudini umane di una famiglia jugoslava attraverso le generazioni e le geografie, messa a confronto con un doloroso segreto, umano prima che politico, cioè un padre (e un marito) terrorista.
Ne emerge anche un intenso e preciso racconto di un paese e di un’epoca. Artisticamente non si riesce a separare l’intensità del visivo dalla narrazione e l’intreccio in senso stretto dalla tecnica di sceneggiatura, perché tutto si tiene in una vera osmosi anche quando prevale una dimensione storico-didattica. Opera introspettiva, poema sull’oblio sotto forma di romanzo storico e pamphlet politico contro i fanatismi, verso i quali Fatherland lancia un urlo sfruttando la sua dimensione dolorosa, con il suo romanzo Nina Bunjevac è riuscita a compiere una riflessione sulla condizione umana dalla natura composita ma amalgamata in maniera armonica.
Già nell’ultimo episodio di Heartless, il libro di Nina Bunjevac, inedito in Italia, alcuni elementi sembrano anticipare i contenuti di Fatherland. “Heartless”, racconta Bunjevac, “è una raccolta di fumetti brevi ideata tra il 2004 e il 2011, ispirati da eventi reali ma per la maggior parte romanzati. August 1977 invece è realmente basata sulle ultime tre ore di vita di mio padre e riflette il simbolico rifiuto della sua ideologia. All’uscita del libro c’è stato un interesse sproporzionato per questa storia rispetto a tutte le altre. Realizzare Fatherland mi è sembrato quindi il passo logico successivo”.
A colpire è l’equilibrio tra la denuncia del fanatismo, la volontà di non giudicare e un ritratto di grande umanità del padre. “Per anni mi sono sforzata di capire le sue azioni”, ammette Bunjevac, “e ho dovuto imparare a separare le mie emozioni dai suoi obiettivi, così come le mie personali inclinazioni politiche. Non ricordando mio padre, le emozioni erano legate più alle sue azioni politiche che al nostro rapporto. E alla fine, con la dissoluzione della Jugoslavia, paese con il quale ho ancora forti legami affettivi, le sue motivazioni politiche hanno vinto. Non appena sono riuscita a togliermi di dosso queste emozioni, il libro si è praticamente scritto da solo”.
Segreti di famiglia
In Fatherland la storia della famiglia paterna di Bunjevac è raccontata come una sorta di detective-story intima, ed è uno degli aspetti migliori dell’opera. “Non ho mai conosciuto nessuno della famiglia di mio padre mentre vivevo in Jugoslavia e non ho mai visitato il villaggio in cui è nato”, spiega l’autrice. “Difficilmente parlavamo di lui. Era come se vivessimo con un cadavere putrefatto nel nostro salotto, ignorato da tutti. Immagino che realizzare Fatherland sia stato il mio tentativo di conoscerlo, riempiendo quel vuoto creato e lasciato da tutta quell’atmosfera di segretezza. Quando mi capita di vedere una foto di mio padre, vedo ancora un estraneo. Comunque, non provo più rabbia”.
E attraverso la ricerca del padre cerca di ritrovare un paese dissolto, ricordando i suoi legami culturali più profondi.
“Ho un legame profondo e appassionato con i romantici dell’ottocento”, dice. “È lì che nasce la mia idea di Jugoslavia. Il linguista Vuk Karadžić, uno dei riformatori della lingua e dell’alfabeto serbo, è la personificazione di questo spirito. Una volta, mentre era ricoverato in un ospedale a Zagabria, Karadžić rimase sorpreso da come lo trattavano dottori e infermiere. Tornato a casa in Serbia, inviò al personale dell’ospedale una lunga lettera di ringraziamento, scritta in alfabeto latino (usato nella lingua croata in contrapposizione al cirillico usato in lingua serba) e usando il dialetto parlato nella regione di Zagabria. Ricevette quasi subito, a sua volta, dei ringraziamenti dall’ospedale, una lettera scritta in cirillico e in lingua serba vernacolare, simbolo di rispetto e puro affetto. Questo impulso romantico è ancora vivo e presente nella cultura di oggi, specialmente nelle scene metropolitane del fumetto, nella musica e nella letteratura. Nella sua evoluzione ha poi incluso culture come quella sefardita, musulmana, romana che hanno contribuito molto al milieu culturale dell’Europa, in particolare nei Balcani”.
Nina Bunjevac graficamente lavora su visioni e archetipi dell’inconscio, in maniera prossima ai surrealisti
Fatherland è quindi un libro di denuncia, un’opera introspettiva, un libro romantico di riappropriazione identitaria. Da strettamente autobiografico, diventa più storico e quasi didattico, per poi tornare all’intimo, ma allargato ai due rami familiari e presuppone quindi un grande lavoro sui contrasti.
“Nella sua essenza lo scopo del libro è di riconciliare gli opposti. In termini generali, questi opposti sono rappresentati come ala sinistra-ala destra, parte materna-parte paterna. La prima metà del libro riflette il punto di vista e la narrazione del lato materno. La seconda metà, invece, si focalizza su quello paterno della famiglia e la vita di mio padre. Per riuscire in questo lavoro, mi è stata necessaria tanta brutale onestà, cosa che spesso si è rivelata veramente molto difficile, specialmente quando scrivevo di mia nonna, che ho sinceramente amato. Ho dovuto superare l’impulso di ricoprirla con un’aura di santità. Nonostante questo, penso, ancora, che la neutralità politica e il distacco dalle emozioni siano stati cruciali: i personaggi sono diventati quasi vivi e hanno cominciato ad animarsi appena ho deciso di non censurarli”.
Metafore e sottrazione
Se Heartless era surrealista, Fatherland è realista. Tuttavia l’autrice graficamente lavora su visioni e archetipi dell’inconscio, in maniera comunque prossima ai surrealisti. Forte è il lavoro sulle metafore visive e altrettanto quello sulla sottrazione grafica rispetto al lavoro di densità della puntinatura, come fosse intento a restituire una solitudine esistenziale, cercando di simboleggiare un mondo che è un po’ un limbo.
“Mi capita spesso di pensare alla ‘malattia creativa’ di Carl Jung o al periodo nel quale si ritirò dalla vita pubblica e scrisse il Libro rosso sui suoi sogni e lo illustrò. Il lavoro di Jung ha avuto un grandissimo impatto sulla mia vita, per questo ho raccolto con passione i miei sogni e ho lavorato sulla vita dei miei sogni sin da ragazza. Alla firma del contratto con la Random House per Fatherland avevo solo venti pagine concluse, e poco meno di un anno per finire tutto il resto. Mi sono isolata, lavorando circa sedici ore al giorno. Non ricordo molto di quell’anno, ma da quell’esperienza è uscita una persona diversa: è stata una trasformazione psicologica e il processo è stato alla fine terapeutico”.
Anche a livello grafico i suoi punti di riferimento affondano nella cultura europea. “Mi affascinano i grandi balzi di osservazione e comprensione, come le pitture rupestri, il rinascimento, i movimenti romantici dell’ottocento o i surrealisti. Sono sempre stata attratta da artisti che hanno spezzato la tradizione sperimentando differenti forme e mezzi, o utilizzandone spesso più di una. Un esempio è l’uso originale che Albrecht Dürer fece della macchina da stampa. Mescolare arte e letteratura per realizzare libri intesi come forme d’arte è un altro esempio, o anche Jean Cocteau e il suo irrompere nel mezzo cinematografico per ridefinire il concetto di produzione. Dušan Makavejev è un altro regista che ha sperimentato enormemente con le forme. Da bambina ero molto attratta dai fumetti perché era un’esperienza multilivello. A quei tempi volevo essere due cose: una scrittrice e un’artista. Con il mio trasferimento in Canada, quando avevo sedici anni, mi trovai in una posizione difficile: il mio serbo-croato stava svanendo mentre il mio inglese era ancora scarno. Non sono riuscita a scrivere per quindici anni, finché non ho cominciato a dedicarmi ai fumetti. Leggendo Maus di Art Spiegelman o Louis Riel di Chester Brown, imbattendomi in vecchie copie del magazine Raw pubblicato dalla moglie di Spiegelman, Françoise Mouly. Libri e film mi hanno sempre ispirato più di ogni altro mezzo di comunicazione”.
Trump come Milošević
Tornando a Fatherland, è un’opera che quasi rovescia il concetto di autobiografia. “Qualcuno, recentemente, mi ha detto che questo libro è veramente un libro sulle donne della mia famiglia”, racconta Bunjevac.
“E anche che il vero eroe del libro è mia madre. Simultaneamente, la trasmissione dai nostri antenati di generazione in generazione è stata orale e principalmente svolta dalle donne”.
Per quanto riguarda il suo rapporto tra terra di origine, la ex Jugoslavia, e terra di adozione, il Canada, Bunjevac osserva che il termine “balcanizzazione” non è stato coniato per caso: “Vedo così tante somiglianze tra il clima politico nordamericano, statunitense in particolare, e gli anni che hanno portato alla guerra e alla successiva dissoluzione della Jugoslavia. La nuova destra è pericolosa quanto il nazionalismo, e in più usa le stesse tattiche di Slobodan Milošević durante gli anni novanta. E ancora peggio, visto che il guru ideologico di Trump è conosciuto per le citazioni di Julius Evola, che è qualcosa che Milošević non ha fatto, da quel che so. Comunque, la vittoria di Trump significa che la sua dinamica esisteva da molto tempo e proprio ora ha raggiunto il suo apice. Per quanto ho potuto osservare finora, il Canada non è così distante. Il nostro governo sta introducendo una legge per mettere al bando l’islamofobia, come reazione al recente attacco di massa alla moschea in Quebec. Mentre la gente, dietro l’etichetta del libero pensiero protesta contro la legge, chiamandola the leftist totalitarian censorship, la censura totalitaria di sinistra. La cosa triste è che la sinistra in Nordamerica non esiste e la destra tradizionale è stata sistematicamente sradicata. Prendiamo l’esempio dell’industria editoriale nordamericana: con il passare del tempo è diventata così corporativa, aziendale e disconnessa da autori e lettori, che è come se davvero i libri fossero stati bruciati”.
Del resto, Fatherland è stato pubblicato sia in Crozia sia in Serbia, e Nina Bunjevac non nasconde la sua soddisfazione: “L’edizione serba è una delle prime coproduzioni tra editori serbi e croati dopo la guerra, anche se la cooperazione tra editori e artisti del mondo del fumetto è continuata per tutto il periodo di guerra degli anni novanta. È questo lo spirito romantico ottocentesco di cui parlavo prima. Ma Fatherland è una pubblicazione mainstream. Tra l’altro è stato accolto abbastanza bene in entrambi i paesi”.
Spiegelman ha cambiato per sempre il modo di guardare ai fumetti e ha aperto la strada ad altri disegnatori
In conclusione Fatherland riesce nell’impresa di dire qualcosa di nuovo sul romanzo a fumetti autobiografico, in quella particolare tipologia di autobiografia a fumetti e non, dove l’intimità si mescola con la storia.
Sono evidenti le affinità con Maus di Spiegelman. “Spiegelman è decisamente un artista che ha ridefinito ed espanso il suo mezzo di espressione. Ha cambiato per sempre il modo di guardare ai fumetti così come ha aperto la strada ad altri disegnatori, come Joe Sacco e Marjane Satrapi. La brutale onestà di Maus è rigenerante. Così come il mio personaggio di Zorka in Heartless trova ispirazione dal film del 1942 di Jacques Tournier, Il bacio della pantera. La protagonista è una donna serba, una solitaria immigrata in un’anonima città del Nordamerica, che si trasforma in un gatto selvaggio nel momento del risveglio sessuale e divora i suoi amanti”.
Adesso Nina Bunjevac sta lavorando a un libro, basato sul mito di Artemide e Siproite: “È un mito poco conosciuto”, afferma, “e tratta essenzialmente della violenza carnale su una delle vergini del gruppo di Artemide. Il libro è una moderna interpretazione, o reminiscenza di un film noir. Porterò il libro in un tour francese di tre mesi alla fine dell’anno e poi scriverò un libro sul tour. Il focus saranno le piccole librerie e le loro comunità. Proprio quelle piccole librerie che in Canada e negli Stati Uniti stanno scomparendo. Cosa molto triste. Per questo voglio studiare la cultura editoriale in Francia, che finora mi sembra la più in salute. Inoltre, sto pianificando di realizzare il podcast di Fatherland II a giugno di quest’anno, sul mio sito web. Sei episodi che sto registrando. Racconterò la mia infanzia in Jugoslavia, il mio trasferimento in Canada e la mia vita di adesso”.
Non ci resta che augurarle un futuro luminoso.