Un Corto Maltese dei tempi moderni
Corto Maltese - Oceano Nero
dall’opera di Hugo Pratt
di Bastien Vivès e Martin Quenehen
Cong 2021, 168 pagine, 19,50 euro
Cosa lega i fascisti giapponesi nostalgici, la pesca a strascico, gli ecowarrior, la povera gente sfruttata senza ritegno nelle miniere peruviane o i narcotrafficanti?
Lo scoprirete in parte sull’ultimo numero di Internazionale, che pubblica un’anticipazione di 15 pagine a colori (con una colorazione realizzata da Patrizia Zanotti in esclusiva italiana per il giornale) di Oceano Nero, una nuova avventura di Corto Maltese, e poi in maniera più completa dal 1 settembre, quando il volume arriverà in libreria.
Dopo la versione classica di Juan Dìaz Canales e Rubén Pellejero (un’altra storia della coppia spagnola è prevista per la primavera dell’anno prossimo), il nuovo Corto Maltese dovrebbe essere il primo di una serie dove l’eroe di Hugo Pratt sarà liberamente interpretato da firme del fumetto internazionale. Il titolo segna l’esordio editoriale di Cong, la società che gestisce i diritti dell’opera di Hugo Pratt in tutto il mondo.
Ma non è solo questa la novità. Bastien Vivès, che tra gli autori francesi della nuova generazione è il più vicino ai giovani e al manga (si veda la saga di Lastman uscita per Bao), e lo sceneggiatore e documentarista Martin Quenehen ci regalano il primo Corto Maltese trasposto totalmente in epoca contemporanea. Per l’esattezza, alla vigilia dell’11 settembre, durante e subito dopo.
In un bianco e nero arricchito dal grigio del retino, con Vivés siamo nel segno delicato e mobile, anzi nel trionfo del segno grafico. Il risultato nell’insieme è ammirevole, malgrado sia praticamente impossibile eguagliare la densità nella semplicità del segno grafico che Hugo Pratt ha elaborato, dove sono fuse la lezione della pittura calligrafica cinese e del grande disegnatore di fumetti statunitense Milton Caniff, quella di Matisse e di tanti illustratori, anche poco noti, l’arte astratta, molto amata da Hugo Pratt, e la poesia, che Pratt vedeva come l’arte suprema, per la sua sintesi che produce immagini forti. Una riprova è contenuta nella Trilogia delle religioni, uscita a luglio per Rizzoli Lizard, dove sono riuniti tre magistrali romanzi a fumetti dell’autore veneziano in cui si analizza, come rilevato a suo tempo dallo stesso Pratt, il rapporto tra religioni (o credenze), follia e rivoluzione (o rivolta), lontani da facili schematismi.
Orizzonte sempre più ampio
Naviga davvero in un oceano nero, inteso in senso letterale e figurato, questo nuovo Corto Maltese dei tempi moderni. È denso nelle atmosfere, soprattutto nella parte in Giappone, sensibile nei paesaggi, soprattutto quelli peruviani, nonostante non siano il punto di forza di Vivés, all’opposto di Pratt. Metafisico nelle sequenze di notte o nell’inquadrare le geometrie di un asettico motoscafo. Sul piano narrativo è ricco non solo di colpi di scena, ma anche di micro colpi di scena al loro interno e di ribaltamenti di situazioni che sembrano consolidate: non si va mai nella direzione che ci si aspetta. L’orizzonte tematico è ampio come quello dell’avventura, perché la vera avventura è così: imprevedibile. Non può che tornare in mente il primo graphic novel di Milo Manara con protagonista Giuseppe Bergman, H.P. e Giuseppe Bergman (1978), dove l’H.P. del titolo, il maestro d’avventura in una realtà moderna che non sa più cosa essa sia perché vige l’alienazione, era ovviamente Hugo Pratt.
E se è quasi assente la linea d’orizzonte di Pratt, nella sua opera declinata in quella del mare e in quella del deserto come due equivalenze, è per lasciare ai grigi del retino l’evocazione.
Quanto all’immancabile Rasputin, “il deuteragonista ideale”, come lo definì Oreste del Buono, ma anche specchio in negativo di Corto, suo affezionatissimo psicopatico di compagnia (“riesci sempre a farmi fare cose stupide e poetiche”, lancia Rasputin a Corto), è il personaggio più riuscito da questo punto di vista, perché se è denso di vita ed espressività nei dialoghi come nelle azioni, lo è prima di tutto grazie al segno di Vivès, che per lui si fa non solo guizzante ma anche arruffato pur restando nitido e preciso. La narrazione resta sempre credibile, coerente e dalla grande linearità malgrado la profusione dei temi, davvero prossima alla tradizione prattiana. Ci sono le sette e i tesori, ma rivisti nella prosaicità moderna. E qui emerge un livello più sottile: l’intero racconto sembra come una rilettura delle situazioni classiche delle storie di Corto Maltese immesse nella volgarità, nell’ovvietà dell’era moderna, spogliata della poesia romantica.
Dialogo eloquente
Il Corto di Pratt partiva alla ricerca illusoria di un tesoro e poi trovava sempre il vero tesoro nell’altro, che finiva immancabilmente per aiutare. La concretezza della sofferenza o delle necessità dei derelitti era speculare al dissolversi del miraggio del tesoro. È come se il Corto Maltese moderno fosse cosciente del Corto ormai quasi antico di Pratt, della difficoltà di elaborare uno sguardo incantato sul mondo e inseguisse quello sguardo a metà tra l’incanto e il disincanto, poetico e ironico, ormai andato perduto, uno sguardo che, come detto una volta dallo stesso Pratt, era quello di “una generazione che cercava la bellezza”.
C’è un dialogo eloquente in questo senso tra Corto e la fotoreporter. Quanto al mistero, magico, pervasivo, quasi inconoscibile che avvolge l’intera opera di Pratt così come il personaggio di Corto Maltese, pur presente, è tuttavia l’elemento che in futuro dovrà essere più sviluppato, se la coppia farà un bis dell’esperimento.
Tanti, invece, gli amori femminili concreti, possibili e potenziali per il Corto moderno, ma uno solo domina: quello più nobile e intrigante di una giovane donna peruviana, una donna del posto, contrariamente alle altre, combattente per la pace nel Perù di Fujimori. Questo è un grande personaggio che meriterebbe di fiorire pienamente in futuro.
Quanto agli addii amorosi, si fanno ora negli asettici aeroporti e non più tra i fiori e le farfalle, ma la dolcezza malinconica, umanistica, resta. Perenne. Come uno stato dello spirito, dell’interiorità che fa dell’empatia qualcosa di endemico e prorompente. Anche perché qui non ci sono telefonini e servizi segreti che tengano. Con Corto Maltese, anarchico come il suo creatore, la società del controllo perde. Sempre.