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Il duello elettorale a Bolzano si gioca sull’autonomia

Brennero, nella provincia di Bolzano, aprile 2016. (Martino Lombezzi, Contrasto)

Nelle province autonome di Bolzano e Trento molte leggi vigenti divergono da quelle nazionali. Ciò vale anche per la legge elettorale: in regione non esiste la soglia del 3 per cento e la percentuale di eletti nei collegi uninominali è nettamente più alta. Su sette senatori solo uno è eletto con il proporzionale. Sono regole che favoriscono i partiti autonomisti al governo a Bolzano e Trento e fanno arrabbiare le forze d’opposizione che le criticano come antidemocratiche.

La politica della Südtiroler volkspartei (Svp) è il risultato di una lunga metamorfosi. Per decenni è stato un partito conservatore e cattolico con un vasto consenso nella popolazione di lingua tedesca e ladina. Il suo partito nazionale di riferimento era la Democrazia cristiana. Era stato infatti Giulio Andreotti a chiudere la questione dell’Alto Adige. Con l’avvento del centrosinistra le alleanze sono cambiate anche a Bolzano, dove la Svp da tempo governa con il Partito democratico.

Per decenni il manipolo di parlamentari della Svp in parlamento ha avuto poca voce in capitolo e con il governo Monti ha rischiato l’azzeramento di parecchie competenze autonome.

Ma nella legislatura appena chiusa i senatori della Svp guidati da Karl Zeller con notevole abilità sono riusciti a formare il gruppo per le autonomie, chiedendo l’adesione ai colleghi trentini, a Giorgio Napolitano e agli altri senatori a vita, nonché ad alcuni eletti all’estero. Questa ventina di senatori ha più volte evitato al governo una sconfitta.

Ovviamente ha incassato anche gli interessi: venti misure autonomistiche come la gestione dell’autostrada del Brennero e la competenza per l’energia, settore strategico in una provincia che produce cinque miliardi di chilowattora all’anno.

In vista delle elezioni la Svp aveva annunciato l’intenzione di rimanere non allineata, blockfrei. Ma poi è stato Renzi a chiedere un favore alla Svp: due collegi sicuri per due esponenti del governo, i sottosegretari Gianclaudio Bressa e Maria Elena Boschi. Sul bellunese Bressa, che da anni si occupa di autonomia, non ci sono state discussioni. Su Boschi invece nel partito si sono alzate voci di protesta – non solo dall’Svp, ma anche dallo stesso Pd di Bolzano che non voleva farsi imporre candidati da Roma.

Il giovane neosegretario Alessandro Huber insisteva su un rappresentante locale come il senatore uscente Francesco Palermo: costituzionalista, professore universitario ed esperto di minoranze, espressione della società civile e perfettamente trilingue. Palermo ha lasciato dopo cinque anni, non gradendo “il linguaggio, i rituali e i modi della politica”.

La gestione autonoma è la chiave di successo di un modello riconosciuto al livello internazionale

Per Matteo Renzi è un’occasione per dirottare nel Sudtirolo Maria Elena Boschi, sulla graticola dopo le note vicende di Banca Etruria. Ma nell’Svp in parecchi hanno storto il naso e chiesto un incontro diretto. Nell’avveniristica cantina di Termeno, davanti a un bicchiere di Gewürztraminer, i dubbi si sono presto sciolti.

Ora in provincia si profila un duello tra la sottosegretaria aretina e la berlusconiana Michaela Biancofiore, 48 anni, di Bolzano, ripescata da Berlusconi dopo un periodo di freddezza. Biancofiore detiene un record politico: per le sue dichiarazioni omofobe era stata rimossa dal premier Enrico Letta dopo soli due giorni da sottosegretaria.

In Alto Adige Biancofiore ha gestito con poca fortuna Forza Italia, provocando litigi e beghe, costringendo Berlusconi a commissariare il partito e affidarlo a Elisabetta Gardini. Biancofiore, che nel 2005 aveva chiesto la collocazione del tricolore su ogni maso dell’Alto Adige e la tutela della minoranza italiana, ora si appella agli elettori sudtirolesi: “Io sono altoatesina, sangue e suolo di questa terra, e sarò capace di conquistare il voto anche dei miei concittadini di lingua tedesca”. Speranza assai illusoria dato che Biancofiore non era neanche riuscita a entrare in consiglio provinciale.

Berlusconi definisce “ingombrante” la candidatura di Boschi ma anche che “il Pd sbaglia a sottovalutare l’intelligenza degli altoatesini”. Ai quali promette comunque di non cancellare mai l’autonomia.

La gestione autonoma, conquistata dopo decenni di lotte, con attentati e lo schieramento di ventimila soldati nelle zone di confine, è la chiave di successo di un modello di autonomia riconosciuto al livello internazionale.

Le province autonome di Bolzano e Trento non ricevono finanziamenti dallo stato italiano, ma possono tenersi tra il 70 e il 90 per cento delle varie tasse incassate sul territorio.

Il cinquestelle Alessandro di Battista davanti al minicipio del capoluogo altoatesino va giù duro accusando la Svp: “Bolzano è la discarica dei rifiuti politici”. Ma la realtà dice altro: quella di Bolzano, con un pil pro capite di 42mila euro annui e un tasso di disoccupazione del 3,5 per cento, è la provincia più ricca d’Italia con un’alta qualità di vita e un numero record di 32 milioni di pernottamenti all’anno.

I partiti sudtirolesi di destra attaccano l’Svp per aver candidato un’italiana come Boschi. “Ormai qui mi sento a casa mia”, sostiene la sottosegretaria. Che tra una visita a una sezione del Pd e una cena al circolo rodigino si è lasciata truccare dai partecipanti allo storico corteo di carnevale a Salorno.

Per i sondaggi non ci sono dubbi: la sottosegretaria vincerà il duello in modo netto. Per Michaela Biancofiore sarà comunque un danno relativo. È schierata come capolista in altre due circoscrizioni del Trentino e dell’Emilia-Romagna, garanzia di un’ulteriore legislatura al seguito dell’ex cavaliere: ” Sono berlusconiana ante litteram: da prima, dopo e per sempre”.

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