×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

Il Trentino-Alto Adige svolterà a destra?

Matteo Salvini ad Aldeno, in provincia di Trento, il 13 ottobre 2018. (Daniele Mosna, Ansa)

A Bolzano le temperature sono tuttora estive e i caffè del centro storico pullulano di turisti. Davanti al museo di Ötzi c’è la solita fila e in piazza delle Erbe un gruppo di tedeschi si mette in posa per una foto ricordo. Nessuno di loro si accorge di una campagna elettorale dai toni sommessi. Fa eccezione una coppia di Siena che osserva con occhio critico un manifesto di Casapound che promette di “ripulire l’Alto Adige” e che la giunta provinciale ha segnalato alla procura.

Stanno per svoltare a destra anche le province del benessere per eccellenza, quelle di Trento e Bolzano? Sembra proprio così. Saranno le ultime elezioni di un anno che ha radicalmente capovolto la politica italiana: il 21 ottobre si vota nella regione più mitteleuropea d’Italia.

L’architettura politica è complessa: nel dettaglio, si vota per il rinnovo dei consigli provinciali di Trento e Bolzano e l’elezione dei due presidenti. Con lo statuto di autonomia del 1972 quasi tutte le competenze della regione sono passate alle due province. Insieme formano il consiglio regionale, al quale sono rimaste briciole insignificanti di potere come la gestione del libro fondiario o l’ordinamento delle camere di commercio. Il consiglio regionale si riunisce poche volte, a metà legislatura si sposta da Bolzano a Trento con un avvicendamento dei presidenti delle due province, che si alternano al vertice della regione.

Il 21 ottobre quindi nel Trentino-Alto Adige si eleggono due consigli provinciali, ma con sistemi differenti. Il presidente della provincia di Bolzano sarà scelto dal nuovo consiglio provinciale.

A Trento invece è prevista l’elezione diretta, ma con un ostacolo: per arrivare al premio di maggioranza di 21 seggi, il candidato vincente deve superare la soglia del 40 per cento dei voti. Il favorito è il sottosegretario leghista alla salute Maurizio Fugatti. Il commercialista trentino, 55 anni, è sostenuto da nove liste civiche. Sulla sua candidatura il centrodestra si era inizialmente diviso per la resistenza di Forza Italia e Fratelli d’Italia, che si sono accodati dopo aver posto delle condizioni.

Per il Movimento 5 stelle si candida il segretario provinciale Filippo Degasperi, scelto sul web dagli iscritti al movimento con una maggioranza netta (264 su 288 votanti). Se Fugatti non dovesse ottenere il 40 per cento, Degasperi potrebbe essere l’ago della bilancia, anche se il Trentino non può certo definirsi roccaforte dei grillini. Anche il Partito autonomista trentino-tirolese (Patt) potrebbe essere disponibile a dare una mano al vincitore. A Trento si presenta un numero record di 22 liste con undici candidati presidente.

Ora il Partito democratico, diviso, andrà incontro a una sconfitta

Ma il colpo di scena più discusso è già avvenuto. L’ha provocato il Partito democratico, rompendo l’alleanza con gli autonomisti che governava il Trentino da cinque anni con il presidente Ugo Rossi. È stato un suicidio politico che peserà sul futuro di un partito già malconcio.

La rottura nel Pd – già lacerato come nel resto d’Itala – è avvenuta nel direttivo, dove la ricandidatura di Rossi è stata bocciata per tre soli voti, con 25 voti contro 22. Il segretario provinciale Giuliano Muzio si è subito dimesso, la direzione nazionale ha stigmatizzato come “grave” la decisione di “mettere in discussione l’alleanza che ha ben governato la provincia di Trento in questi anni”. Ora il partito diviso andrà incontro a una sconfitta. L’ex presidente Rossi ha denunciato il voto del direttivo come “fulgido esempio di trasformismo e vecchia politica”. Per il nuovo candidato Giorgio Tonini, parlamentare Pd di lungo corso, “la partita è ancora da giocare”, ma dopo questa clamorosa autorete non sembra altro che un’illusione.

Rivalità e contrasti
Anche a Bolzano, dove alle politiche di marzo è stata eletta Maria Elena Boschi, la coalizione tra il Pd e gli autonomisti della Südtiroler volkspartei (Svp) è destinata a finire. Dopo lunghi travagli e scissioni interne il Pd già minoritario rischia di incassare una sconfitta.

Sul vincitore invece non esiste il minimo dubbio: sarà per l’ennesima volta la Svp, unico partito politico europeo ininterrottamente al governo dal dopoguerra. Il potente partito che rappresenta le comunità germanofone e ladine cercherà di riconquistare la maggioranza assoluta persa alle ultime elezioni – impresa senz’altro ardua. I forti contrasti interni sulla scelta dei candidati, infatti, hanno costretto il partito a disdire la presentazione delle liste a inviti già spediti. Le rivalità personali, la concorrenza tra distretti e le pressioni delle influenti associazioni di agricoltori e artigiani hanno lasciato il segno. Gli agricoltori, pur essendo una piccola minoranza della popolazione, hanno da sempre un peso sproporzionato nel partito.

Ciò nonostante la Volkspartei si avvia verso un successo scontato nella provincia più ricca d’Italia, dove la disoccupazione è quasi inesistente e il pil pro capite arriva a 41.500 euro annuali. L’economia dell’Alto Adige è trainata da un turismo che registra 32 milioni di pernottamenti all’anno. Pur essendo ricca, soffre la carenza di forza lavoro. Agli ospedali mancano medici e infermieri, non si trovano autisti per i mezzi pubblici e il settore alberghiero cerca disperatamente cuochi e camerieri.

Finora la Lega in Alto Adige aveva avuto risultati modesti, ma Salvini ha fatto di tutto per ribaltare la situazione

Inoltre, anche con la maggioranza assoluta la Svp non potrebbe comunque governare da sola, perché lo statuto di autonomia prevede la presenza obbligatoria in giunta dei tre gruppi linguistici: italofono (26 per cento), germanofono (69 per cento) e ladino, diffuso nelle valli dolomitiche (5 per cento). Sulla futura alleanza il partito preferisce non esprimersi, ma una coalizione con la Lega potrebbe facilitare i rapporti con il governo di Roma. Finora il partito di Salvini in Alto Adige ha dovuto accontentarsi di risultati modesti. Ma il vicepremier fa di tutto per ribaltare questa situazione.

Il 14 ottobre, in un tour de force, si è mischiato con il tradizionale grembiule blu dei tirolesi tra migliaia di fan di un famoso gruppo folk locale a Castelrotto, a Bolzano ha assistito alla partita di hockey su ghiaccio della squadra locale, a Merano e Bressanone ha incontrato i suoi sostenitori.

In Alto Adige le liste in gara sono 14: quattro tedesche, quattro italiane e sei “interetniche”, tra cui verdi, Pd, Sinistra unita e la civica dell’ex consigliere M5s Paul Köllensperger che si avvia a un esordio positivo. La forte frammentazione danneggia innanzitutto il gruppo italiano, il cui numero di consiglieri in dieci anni è calato dal 23 al 14 per cento. E di certo non la favorisce una norma nettamente antidemocratica in vigore da molto tempo, che nega il diritto di voto a chi non risiede in provincia di Bolzano da almeno quattro anni.

Un po’ a sorpresa il grande assente tra gli argomenti della campagna elettorale è stato il doppio passaporto offerto dal governo austriaco agli altoatesini di lingua tedesca e ladina. Proposta che ha fatto litigare Roma e Vienna e che è stata respinta dal governo italiano provocando l’annullamento della visita del ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi a Vienna.

Sostegno austriaco
La presenza austriaca in campagna elettorale è comunque notevole. In aiuto del “partito fratello” dell’Svp è approdato a Bolzano il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, leader dei popolari. Il 15 ottobre è arrivato a Bolzano il suo vice
Heinz Christian Strache, del partito di estrema destra fondato da Jörg Haider, per sostenere il partito della destra separatista dei Freiheitlichen (I libertari), che rischia una netta sconfitta.

Il vicecancelliere Strache ha lanciato un duro attacco alla Svp, ha definito gli altoatesini come “sorelle e fratelli nel Tirolo meridionale” e Salvini come “amico autentico”. Ha rilanciato inoltre il progetto della doppia cittadinanza, definendolo non prioritario: “L’anno prossimo ne parleremo al governo italiano”.

Alla stessa ora a Bolzano il governatore veneto Luca Zaia, ospite della Lega, ha definito “l’autonomia altoatesina come modello per il Veneto”. Battibecchi, veleni e dubbi non possono però scalfire una certezza: la rielezione dell’attuale governatore della provincia Arno Kompatscher, 46 anni. Nella sua lista con il simbolo della stella alpina gareggia anche un suo omonimo: il sindaco del comune di Brennero, Franz Kompatscher. Secondo il regolamento tutte le schede con il solo cognome saranno attribuite alla lista, ma a nessuno dei due candidati.

pubblicità