Dave Van Ronk, nel 1970 circa. (Michael Ochs Archives/Getty Images)
I fratelli Coen sono due grandi registi per tanti motivi. Per esempio perché scrivono e girano dei film che non sono solo dei film, ma anche oggetti di culto.
Questo vale per Il grande Lebowski, il loro cult movie per eccellenza. Ma anche per Fargo, un ritratto della violenta provincia americana che presto [diventerà una serie tv][1].
Tra i punti di forza dei film dei Coen c’è anche un rapporto speciale tra immagini e musica. I Coen, o i loro collaboratori, sono maestri nel mettere la canzone giusta al momento giusto. Ecco un esempio un po’ scontato ma imprescindibile.
Il 6 febbraio nei cinema italiani uscirà [A proposito di Davis (Inside Llewyn Davis)][2], il nuovo film dei registi statunitensi. Da sempre affascinati dalla figura dell’outsider, i Coen si sono ispirati a un musicista della scena folk americana che non ha mai raggiunto il successo, ma è stata una figura importante della scena musicale della sua epoca: Dave Van Ronk. A proposito di Davis infatti prende spunto da The mayor of MacDougal Street, l’autobiografia di Van Ronk pubblicata postuma nel 2005.
La colonna sonora è stata curata da T-Bone Burnett, cantautore, produttore e premio Oscar per il brano The weary kind. Burnett ha ha già lavorato con i Coen, per esempio alle splendide musiche di [Fratello dove sei?][3].
Il guardiano della comunità. Dave Van Ronk è stato uno dei musicisti più attivi nel Greenwich Village di New York negli anni sessanta. Uno di quegli artisti che, insieme a Bob Dylan, agli irlandesi Clancy Brothers e a Phil Ochs ha posto le basi per la musica folk moderna.
Nato a Brooklyn nel 1936, cresciuto nel Queens in una famiglia mista irlandese e olandese, David Kenneth Ritz “Dave” Van Ronk si è trasferito nel Village all’inizio degli anni cinquanta. Ci ha vissuto fino alla sua morte, nel 2002, suonando nei club locali e registrando canzoni per etichette indipendenti e qualche major.
È stato un bravo scrittore di canzoni, ma soprattutto un artista in grado di ridare vita a diversi classici della musica folk e blues statunitense. La sua discografia [è lunga e articolata][4].
Sono tanti i brani che Van Ronk ha recuperato dagli archivi americani. Per esempio Green rocky road, una canzone popolare attribuita agli afroamericani dell’Alabama le cui prime [registrazioni risalgono al 1955][5]. È stata riarrangiata negli anni sessanta da Len Chandler e Robert Kaufman e poi ripresa dallo stesso Van Ronk. Ecco una versione live.
Un’altra storia interessante su Dave Van Ronk riguarda la canzone House of the rising sun, resa famosa [dagli Animals di Eric Burdon][6]. Il brano è un vecchio standard del folk, che la tradizione attribuisce agli emigranti inglesi a New Orleans.
Suonata già da Woody Guthrie e Josh White, Van Ronk la recuperò all’inizio degli anni sessanta, scrivendo il giro di accordi che ha fatto la fortuna del pezzo. Van Ronk avrebbe voluto registrarla negli anni sessanta, ma Bob Dylan gliela “rubò” incidendola per il suo omonimo disco d’esordio.
Lo stesso Dave Van Ronk ha raccontato la storia di questa canzone nel documentario di Martin Scorsese No direction home.
Ecco la versione di House of the rising sun di Dave Van Ronk.
Anche se non è diventato famoso, Van Ronk ha continuato a studiare e suonare fino alla morte. Un estratto del dvd Memories in concert 1980, durante il quale Van Ronk canta Stackerlee un brano blues di inizio novecento reso famoso da Furry Lewis. La canzone, rielaborata moltissime volte, è una cosiddetta murder ballad, cioè una canzone che racconta un omicidio. Si riferisce all’uccisione di Billy Lyons da parte di “Stag” Lee Shelton a St. Louis, Missouri. Tanti anni dopo è diventa la Stagger Lee [di Nick Cave][7]. (La canzone comincia al minuto 2.25).
Intervistato dal New York Times, T-Bone Burnett ha detto alcune parole illuminanti su questo *outsider** della musica americana. “Possiamo chiederci perché Dave Van Ronk non ha raggiunto il successo, e potrebbero esserci tante risposte”, ha detto Burnett. “Ma quello che ha fatto per la musica è stato molto significativo. È stato il leader di una comunità, il suo guardiano, e in questo è stato dannatamente bravo”.
Giovanni Ansaldo lavora a Internazionale. Si occupa di tecnologia, musica, social media. Su Twitter: @giovakarma
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