Quando Kanye West non era un fan di Trump
Kanye West è un genio della musica contemporanea, ma non è universalmente noto come un grande performer. Sopratutto negli ultimi anni, anche a causa di vari problemi di salute, non è sempre stato impeccabile dal vivo. Eppure quando riesce a trasportare sul palco l’immaginario dei suoi dischi fa cose che nessuno è in grado di ripetere. Perfino la sua ultima fase da convertito, al netto degli eccessi da invasato religioso, l’ha spinto a ripensare la sua musica in chiave gospel con risultati molto interessanti.
C’è stato un periodo in cui West sembrava in formissima ed era in grado di mangiarsi il palco: mi riferisco all’epoca di Yeezus, uno dei suoi album migliori, registrato con un impressionante gruppo di collaboratori: Daft Punk, Rick Rubin, Arca, Travis Scott, Gesaffelstein, giusto per citarne alcuni. In quel periodo West aveva alle spalle due capolavori come _My beautiful d__ark twisted fantasy_ e Watch the throne, e decise di fare un disco diverso, ostico, dal suono minimalista e percussivo, che pescava tanto dall’acid house quanto dal punk.
Il concerto di Los Angeles del 2014 testimonia il suo stato di grazia, a partire dalla furiosa Black skinhead, un inno antirazzista saturato di sintetizzatori e chitarre elettriche (ai tempi West non era un fan di Donald Trump, per fortuna). Il rapper si presenta con una maschera firmata dalla casa di moda Maison Margiela e sembra uscito da un fumetto di Black panther (mi verrebbe da dire dal film Marvel, ma al tempo non era ancora uscito), mentre alle spalle s’illumina un gigantesco schermo arancione. In scaletta ci sono tanti pezzi di Yeezus, ma anche successi come Stronger (che campiona i Daft Punk, a proposito) e Runaway. Il concerto dura 80 minuti (ogni tanto salta l’audio, occhio). Il vecchio Kanye che, forse, non rivedremo mai più.
Kanye West
Live at Made in America, Los Angeles
2014