“Virus A, già diciassette morti”, “Virus A, timori per i bambini”, “L’influenza fa paura, assalto agli ospedali”, “Influenza A, ospedali assediati”. Quello che succede in questi giorni spiega molti meccanismi ormai tipici del sistema dell’informazione, non solo italiano. I fatti arrivano dal nulla, esplodono in prima pagina accompagnati da aggettivi roboanti, e poi scompaiono come se niente fosse accaduto. L’ultimo attentato sostituisce un nuovo scandalo politico, che poi è scalzato da un disastro naturale, il quale a sua volta è travolto da una pandemia, che poi deve far spazio a un nuovo attentato, e così via in una giostra in cui si perde il senso delle proporzioni. Tutto diventa astratto. Sparisce ogni tentativo di descrivere la complessità degli avvenimenti. Ma soprattutto viene cancellata la memoria. Attentati, scandali, disastri, pandemie sono raccontati solo quando sono pronti per finire in prima pagina, mai prima, mentre erano in preparazione, magari sotto gli occhi di tutti. E mai dopo, quando sono usciti dal fascio di luce dei mezzi di informazione. Lettori e telespettatori sono trattati come bambini, incapaci di concentrarsi a lungo e di capire concetti complessi. Ma essere trattati così non piace a nessuno, neanche ai bambini.

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