Impegno
Il dibattito (se così possiamo chiamarlo) sulla liberazione di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli ha raggiunto livelli disgustosi, culminati con il vicepresidente del senato che su Twitter ha scritto: “#VanessaeGreta sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo!”.
Intervistato da Repubblica, il senatore ha detto di aver semplicemente fatto una domanda dopo averla letta sul sito Piovegovernoladro. Ma è evidente che ha voluto cavalcare un clima di insulti, insinuazioni e assurde teorie del complotto che da mesi Marzullo e Ramelli subiscono su siti e pagine di Facebook (“Delle due attiviste rapite in Siria non ce ne fotte un cazzo grazie”), rilanciati e amplificati da quotidiani come il Giornale (“Crolla l’alibi pacifista, ecco tutte le prove delle amicizie jihadiste”) e Libero (“Le infermiere di Al Qaeda”).
Tutto questo ovviamente rende più complicato un dibattito, che pure sarebbe utile e legittimo, sull’impegno umanitario, sul volontariato e la cooperazione, su come e perché aiutare le popolazioni dei paesi in guerra, sugli eventuali errori nella trattativa per la liberazione delle due volontarie.
Come scrive Leonardo Bianchi su Vice, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli sono due studentesse arrivate in Siria dopo aver svolto volontariato in Italia e all’estero, con un progetto di assistenza alla popolazione siriana: non erano al primo viaggio e nonostante la loro giovane età non erano delle sprovvedute. Giornali e tv dovrebbero smettere di chiamarle “Greta e Vanessa”, come già era successo con “le due Simone”. Anche se non sempre l’intento è quello di ridicolizzarle, il risultato è solo una forma di paternalismo insopportabile e maschilista.
P.S. Il numero scorso di Internazionale, con la storia di Zerocalcare su Kobane, è andato esaurito. Per questo abbiamo ristampato il fumetto e lo alleghiamo questa settimana alle copie distribuite in edicola.
Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2015 a pagina 3 di Internazionale, con il titolo “Impegno”. Compra questo numero | Abbonati