Slogan
La cornice legislativa che oggi consente a Donald Trump di rilanciare l’idea del muro con il Messico risale a una legge del 1996 firmata da Bill Clinton con cui si autorizzava la costruzione di una barriera lungo il confine tra Stati Uniti e Messico. Dieci anni dopo, George W. Bush rincarò la dose con una nuova legge, il Secure fence act, firmata tra l’altro dall’allora senatore democratico Barack Obama, che ammise: “È un provvedimento propagandistico, perfetto per slogan e manifesti elettorali”.
Il muro con il Messico, di cui finora sono già stati costruiti 1.100 chilometri, serve solo a spostare l’attenzione su altro. Lo spiega bene la ricercatrice Karina Moreno sulla rivista statunitense Jacobin. Il costo stimato del progetto (venti miliardi di dollari) e le insormontabili difficoltà logistiche lo rendono irrealizzabile. Ma non importa. Perché la percezione dell’opinione pubblica conta più dei fatti. Oltre la metà dei migranti irregolari entra negli Stati Uniti legalmente e diventa irregolare solo perché si trattiene più a lungo di quanto consentito dal visto. Questi migranti sono in gran parte stagionali che tornerebbero volentieri a casa, ma restano negli Stati Uniti per paura di non poter rientrare a causa delle norme sempre più restrittive.
È un meccanismo perverso. In un mondo ideale, una seria politica dell’immigrazione combatterebbe lo sfruttamento dei lavoratori migranti garantendo diritti e tutele sindacali. Se Trump volesse comunque usare strumenti repressivi, ma davvero efficaci, potrebbe imporre ai datori di lavoro di rispettare la norma che prevede la verifica dello status dei propri dipendenti.
Se non lo fa è anche perché questo metterebbe a rischio il bacino di manodopera a buon mercato a cui le imprese statunitensi possono attingere liberamente. Molti elettori di Trump favorevoli alla costruzione del muro sono realmente (e giustamente) angosciati dalla perdita di sicurezza economica e di posti di lavoro stabili. Ma nessun muro potrà mai ridurre le disuguaglianze che continuano a impoverire la classe media e i lavoratori, negli Stati Uniti e non solo.
Questa rubrica è stata pubblicata il 10 febbraio 2017 a pagina 5 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati