Göran Tunström, Lettera dal deserto
Iperborea, 236 pagine, 16 euro
Il nome dello svedese Tunström (1937-2000) non è mai entrato nei gusti del grande pubblico in Italia, anche se lo avrebbe meritato molto più di altri: Oratorio di Natale è uno dei romanzi più belli dello scorso secolo, e questa Lettera dal deserto magnificamente tradotta da Fulvio Ferrari ci sembra la sua premessa teorica. A scrivere è nientemeno che Gesù, che ci racconta, con limpida e altissima misura, la sua storia di formazione, il suo apprendistato non lineare a un’età adulta di rivelazione e predicazione, di condivisione e di sacrificio, di scelta d’amore.
Le parti più belle sono quelle dell’infanzia, tra una Maria oscura e chiusa e un Giuseppe generoso, un cugino che intuisce, Giovanni, e un piccolo mondo dove la storia passa con il suo seguito di morti. È la storia dei romani dominatori e massacratori, di chi si sottomette e collabora con loro e di chi non li rispetta. L’ingresso di Gesù nell’età adulta è segnato dal confronto con il male dell’uomo, con i volti del potere, con i rivoltosi e con i profeti di violenza o di oblio, con la fame e la morte, fino alla comprensione, alla scelta: la condivisione dell’umana miseria, la ricerca di una via che non sia quella della violenza ma neanche quella dell’accettazione. Raccontare l’esperienza del sacro non è facile, ma Tunström ci è riuscito, con terrena sapienza e con libera ispirazione.
Internazionale, numero 947, 4 maggio 2012
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