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Immaginario napoletano

Fabrizia Ramondino, Althénopis
Einaudi, 284 pagine, 23 euro

Non Neapolis città nuova ma Althénopis città vecchia, antica, volle chiamare Fabrizia Ramondino la sua città, a cui ha dedicato vita e opere. Dopo essersi occupata per anni dei bambini dei quartieri del centro con l’Associazione di risveglio napoletano (Arn) e aver fondato attorno al 1968 il Centro di coordinamento campano, un gruppo politico stranamente saggio per quegli anni, e aver scritto un’inchiesta sui disoccupati organizzati, Ramondino stupì con quest’esordio letterario raffinato e maturo, caldo di vita, di presenze umane ricche e povere.

Sue maestre erano Ortese e Morante, la sua curiosità era inestinguibile, le sue esperienze l’avevano portata in Germania, in Spagna, a Milano, ma era Napoli il punto centrale della sua esperienza e del suo immaginario. Qui, nell’esordio, riproposto giustamente in una collana di classici moderni, famiglia e ambiente si confondono e ci si muove nel tutto pieno di una parte abitatissima del pianeta, piena di grida e di colori e forte di esperienze, di incontri, e di segni. Resa dei conti con la propria origine borghese, di cui l’autrice non dimentica riti e costumi, e folla di ritratti e di vite, soprattutto quelle delle donne di casa, nonna e madre, e dei parenti bizzarri. Più tardi Ramondino inventerà, si farà romanziera, qui è se stessa in una storia di formazione tra le più belle della nostra letteratura.

Questa rubrica è stata pubblicata il 2 giugno 2016 a pagina 88 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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