Anche le librerie hanno un inconscio
Gentile bibliopatologo,
da qualche tempo mi affligge una piccola mania; forse è appena un tic, ma con risvolti scivolosi sull’ordine già precario che mi regna intorno. Non riesco a chiudere i libri, ma non nel senso che non riesca a finirli: non riesco proprio a chiuderli materialmente e a riporli in una libreria, nel rassicurante ordine cartesiano e sequenziale in cui vorrei scorrerli un giorno. Li ritrovo in giro, dopo mesi o anni di sparizione, su tavoli e tavolini, sul pavimento, su sgabelli e braccioli di divano, a pancia in giù, ad ali spiegate, quasi osceni, aperti e svolazzanti. Li ho osservati, e lo scivolamento è il modo che hanno per riproporsi, in tempi che a volte non mi sembrano del tutto casuali. A volte li sollevo, rileggo, e mi chiedo se possa averli lasciati aperti apposta, per lasciarli liberi di riproporsi, ma senza la partecipazione della mia volontà. Che posso fare?
–S.
Cara S.
facciamo un piccolo esercizio di immaginazione attiva. Dalla Libreria della Memoria della Plutosofia (1592) di Filippo Gesualdo alla biblioteca-cervello di Robert Musil, sappiamo che gli scaffali degli amanti dei libri sono ben più di un magazzino o di un archivio: sono uno specchio della nostra mente, o se preferisci della nostra psiche. E la psiche è complicata assai. Il “rassicurante ordine cartesiano e sequenziale” in cui vorresti rimirarti equivale grosso modo a quella che Jung chiama persona: la maschera pubblica con cui ti presenti al mondo e con la quale ti piacerebbe coincidere senza residui. Ma dietro la persona sta acquattata l’ombra, il ricettacolo di tutti gli aspetti luminosi e oscuri che la maschera si sforza di eclissare.
Ebbene, sospetto che ciò che chiami mania o tic non sia altro che un piccolo stratagemma per fare lo sgambetto alla persona cartesiana della tua biblioteca (dunque, per le leggi magiche della somiglianza, della tua psiche) e costringerla a rivelare l’ombra. Il caso, del resto, si presta bene a questo genere di scherzi. L’antica arte divinatoria della bibliomanzia consisteva nell’aprire a caso un libro venerando – Virgilio nella Roma imperiale, la Bibbia nei primi secoli cristiani – e leggerne un verso o un versetto come responso oracolare, come ispirazione per sciogliere un dilemma. A essere invocato e consultato tuttavia non era il caso come lo intendiamo noi moderni, ma un’intelligenza divina e provvidenziale che si presumeva incorporata in quei testi. Lasciavamo insomma che la nostra piccola ragione terrestre fosse spodestata da una Ragione superiore.
Un seguace del tradizionalista René Guénon ti direbbe probabilmente che da quando ci siamo calcati sul cocuzzolo un tappo cartesiano e razionalista non siamo più in grado di offrirci come imbuti a quegli influssi celesti, e per non morire asfissiati siamo stati costretti ad aprire qualche feritoia sul fondo della bottiglia, da dove filtrano fiamme infere, talvolta perfino un po’ sulfuree, che puntano a far saltare il tappo cartesiano dal basso. Il surrealismo – con la scrittura automatica, i cadavres exquis, le macchie aleatorie d’inchiostro, il “caso oggettivo” dell’amour fou e mille altre trovate affini – è stato, tra gli anni venti e trenta del secolo scorso, la più grande fabbrica di questo tipo di cavatappi a pressione, e per tanti aspetti siamo ancora immersi nella sua scia.
Quel credulone di André Breton era affascinato dai fagioli salterini messicani, e si era persuaso che fossero mossi da una forza misteriosa o spiritica, salvo scoprire che a spostarli erano dei piccoli insetti annidati nella cavità interna. Ma non era più bello crederli animati? Qualcosa di simile fai con i tuoi libri: li sistemi di proposito su supporti instabili, e con le pagine svolazzanti; di modo che, cadendo, ti diano l’impressione di avere una vita autonoma, e di avere un messaggio bibliomantico per te.
Un bello sgambetto al tuo ego cartesiano, non c’è che dire! La ricetta del bibliopatologo: procurati una copia del Processo al surrealismo di Jean Clair, e lascia che cada ogni giorno su una pagina diversa. Ti anticipo che ti sembreranno tutte illuminanti, e scritte appositamente per te.