Addio ai Bric
“L’unica funzione delle previsioni economiche è far sembrare rispettabile l’astrologia”, diceva John Kenneth Galbraith, il più saggio economista statunitense della sua generazione (“Una magra consolazione”, avrebbe borbottato lui). Eppure è difficile resistere alla tentazione di immaginare quando l’economia cinese supererà quella statunitense, quella del Brasile sarà più grande di quella del Regno Unito o quella turca sorpasserà quella italiana, come se fosse una corsa di cavalli.
L’ultimo documento che affronta la questione è “Il mondo nel 2050”, redatto dalla banca Hsbc, che classifica le cento principali economie mondiali allo stato attuale e come (crede) saranno nel 2050. Contiene le solite piccole sorprese, come la previsione che i redditi pro capite nelle Filippine e in Indonesia, che oggi sono più o meno allo stesso livello, si allontaneranno così velocemente che il filippino medio guadagnerà il doppio del suo omologo indonesiano nel 2050.
Le dimensioni dell’economia venezuelana triplicheranno appena, mentre l’economia del Perù crescerà di otto volte. Il reddito pro capite sarà più che raddoppiato in Nigeria e crescerà del 600 per cento in Etiopia. Il reddito pro capite del Bangladesh, che oggi è solo due terzi di quello del Pakistan, nel 2050 sarà una volta e mezzo quello del vicino. E così via con altre statistiche simili che interessano per lo più i cittadini dei paesi in questione.
Ma è ciò che accade in cima alla lista che interessa tutti quanti. È là che si trovano tutte le grandi potenze, tallonate dal gruppo dei Bric. O meglio da alcuni dei Bric, ma non da tutti. Ed è questa la grande notizia.
Il concetto di Bric è stato introdotto da Jim O’Neill circa quindici anni fa, quando era capo economista della Goldman Sachs. È stato lui il primo a rendersi conto che alcuni paesi grandi e poveri stavano crescendo così rapidamente che nel giro di pochi anni avrebbero superato le grandi potenze.
Questi paesi erano Brasile, Russia, India e Cina. O’Neill calcolò che, con il tasso di crescita di allora, l’economia cinese avrebbe superato quella degli Stati Uniti intorno al 2040. Oggi tale previsione ci è piuttosto familiare, ma all’epoca fu scioccante (specialmente per gli statunitensi) e l’acronimo Bric è saldamente entrato nel linguaggio corrente. Appena in tempo perchè Hsbc lo rovinasse.
Oggi i Bric sono formalmente noti come Brics. La s sta per Sudafrica, che però è stato aggiunto al gruppo solo per cortesia perché non si poteva lasciare fuori l’Africa. L’economia sudafricana è molto più piccola delle altre del gruppo e cresce molto lentamente: possiamo quindi fare a meno di prenderla in considerazione.
La Cina si sta comportando più o meno come previsto, e nel 2050 la sua economia sarà all’incirca del 10 per cento più grande di quella degli Stati Uniti. Il reddito pro capite è ovviamente un’altra questione, e anche a metà del secolo quello della Cina sarà solo un terzo di quello statunitense. La terza economia del mondo sarà quella indiana, che però sarà ancora un terzo delle prime due.
Gli altri Bric, invece, scompaiono praticamente dalla vista. Nel 2050 il Brasile non avrà superato neanche il Regno Unito, nonostante una popolazione tre volte superiore. E la prestazione della Russia sarà semplicemente imbarazzante: la sua economia si limiterà a raddoppiare nei prossimi 35 anni e sarà più piccola di quella della Spagna. Sei delle prime dieci economie di oggi resteranno nella top ten del 2050, e sembra proprio che il mondo non sarà così diverso da come lo conosciamo.
Previsioni come questa, però, si prestano a ogni tipo di critica. Il tasso di crescita della Cina è stato per decenni superiore del 2 o 3 per cento rispetto a quello indiano. Basta proiettare questo dato fino al 2050 e la Cina finisce molto avanti all’India. Ma il tasso di crescita cinese sta calando, e quello dell’India potrebbe addirittura superarlo quest’anno.
L’India crescerà più velocemente nel lungo termine perché ha una forza lavoro giovane e in espansione, a differenza della Cina. Da qui al 2050 c’è abbastanza tempo per cambiare radicalmente le gerarchie.
Le prestazioni economiche recenti influenzano le previsioni a lungo termine più di quanto dovrebbero, per questo motivo la Russia precipita già nella classifica mentre il Messico recupera molte posizioni. Cinque anni fa sarebbe avvenuto l’opposto, eppure non c’è motivo di credere che la forza sostanziale di ciascuna delle due economie sia cambiata.
E poi ci sono i “cigni neri”, eventi come l’attentato di Sarajevo che hanno trascinato il mondo nella prima guerra mondiale, vanificando tutte le previsioni economiche dell’epoca. Per non parlare dei disastri che possiamo già dare per scontati, come il catastrofico cambiamento climatico: ma lasciamoli ugualmente fuori dei calcoli, perché non possiamo sapere quando arriveranno e quale sarà il loro impatto.
Detto questo, avere un’idea vaga di cosa riservi il futuro è sempre meglio che non saperne niente. E l’idea fondamentale a proposito dei Bric è ancora valida: il centro di gravità dell’economia mondiale si sta muovendo verso sud e verso est.
(Traduzione di Federico Ferrone)