Il ritorno di Mare nostrum
Alla fine dello scorso anno i governi dell’Unione europea, essendosi rifiutati di condividere i costi dell’operazione Mare nostrum con cui la marina italiana aveva tratto in salvo decine di migliaia di rifugiati nel Mediterraneo, l’hanno sostituita con un programma di portata molto minore chiamato Triton. Il suo scopo (anche se non è esattamente così che l’hanno presentato) era di non salvare i rifugiati, perché questi poi si sarebbero riversati nell’Unione europea.
Triton sarebbe stata un’operazione di “sorveglianza costiera”, con un terzo del budget di Mare nostrum e con l’ordine di pattugliare unicamente le acque territoriali maltesi e italiane. Era permesso salvare i rifugiati che fossero riusciti ad arrivare fino a quel punto, ma non effettuare operazioni di “ricerca e soccorso” al largo delle coste libiche, ovvero dove affonda la maggioranza dei barconi.
Inevitabilmente, nei primi mesi di quest’anno le vittime sono state trenta volte superiori rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: almeno 1.750. Queste morti hanno destato uno scalpore tale che, in un incontro d’emergenza ad aprile, l’Unione europea ha portato il budget di Triton al livello di quello di Mare nostrum. Ma l’obiettivo non è cambiato. Le operazioni erano ancora limitate alle acque territoriali europee.
Poi però è successo qualcosa di strano. Nell’ultimo fine settimana le navi delle marine italiana, britannica, tedesca e irlandese hanno salvato più di quattromila persone in due giorni, la maggior parte delle quali appena al largo delle coste libiche. Bruxelles non ha condannato l’operazione. Ma non è stata una sua iniziativa: i marinai si sono semplicemente rifiutati di starsene con le mani in mano a guardare annegare delle persone.
I politici europei sono sottoposti alla pressione dei loro elettorati, che chiedono di arginare il flusso di “migranti” (termine che viene preferito a “rifugiati”, poiché suscita meno simpatia) nel Mediterraneo. Lo scorso anno 170mila persone lo hanno attraversato e quest’anno il numero potrebbe essere doppio, a meno che molti di loro non anneghino. Ma gli elettori (o perlomeno molti di loro) non ne vogliono sapere, e la maggior parte dei politici non brilla certo per coraggio.
I politici hanno fatto quello che gli elettori volevano. In una certa misura devono aver capito le conseguenze di un’interruzione delle operazioni di ricerca e soccorso, ma sono riusciti a mentire a loro stessi. Prima di tutto hanno detto che tutte queste operazioni di salvataggio stavano solo incoraggiando un maggior numero di persone a tentare la traversata. Come a dire, smettiamo di salvarli e non verranno più.
Ma questo è ridicolo: si tratta di persone disperate, che hanno già affrontato molti e gravi rischi per arrivare in Libia. Hanno continuato ad arrivare, e l’agghiacciante numero di vittime di questa primavera ha suscitato tanto scalpore che i politici sono stati costretti a fare qualcosa. Ma ovviamente non qualcosa che potesse avere come risultato l’arrivo di più persone in Europa. Per questo hanno dato più fondi all’operazione Triton, ma senza dargli l’obiettivo di salvare i naufraghi.
Al contrario, hanno elaborato l’assurda idea di salvare i rifugiati dall’annegamento distruggendo le navi dei trafficanti di esseri umani sulle coste libiche prima che queste prendano il mare. Hanno detto che eravamo di fronte a una nuova tratta degli schiavi e che così facendo avrebbero salvato i rifugiati. Naturalmente, in realtà gli europei non hanno distrutto nessuna imbarcazione, perché sarebbe un atto di guerra contro la Libia. Ma non avevano fatto i conti con le loro marine militari, che sulla questione hanno una prospettiva molto diversa. I marinai non devono preoccuparsi degli elettori e, in generale, non amano molto i politici, però di sicuro conoscono il mare. E una delle più antiche tradizioni del mare è che non si lasciano affogare le persone.
Chiunque abbia passato un po’ di tempo in mare sa che si tratta di un ambiente intrinsecamente ostile. Soli e senza mezzi in mare non si sopravvive più di qualche minuto o, se si è davvero fortunati e in salute, un’ora o due. Per questo quando vedi qualcuno in mare, fai tutto il possibile per salvarlo: perché la prossima volta potrebbe capitare a te.
Una volta, quando ero in marina, arrivammo per primi sul luogo di una collisione in cui una petroliera era esplosa. Le possibilità che ci fossero dei sopravvissuti era bassa, poiché il petrolio era fuoriuscito e le fiamme avvolgevano il relitto. Eppure abbiamo continuato a cercarli fino al giorno successivo. Nessuno ha avuto niente da ridire. In tempo di pace, per una marina non c’è una priorità più grande.
Non ero sulle navi coinvolte nell’operazione Triton e non ho potuto sentire cosa dicevano i loro marinai, ma sono certo che fossero indignati per gli ordini ricevuti. Per questo motivo si sono spinti gradualmente fuori dai limiti territoriali stabiliti, fino alle zone in cui le persone stavano effettivamente morendo. E nessun politico ha avuto il coraggio di dire loro di tornare indietro, rischiando di passare per un mostro.
In seguito questa è diventata la nuova politica di fatto dell’Unione europea: ovvero quella di Mare nostrum prima che i governi europei decidessero di immischiarsi.
(Traduzione di Federico Ferrone)