Il miracolo del Sudafrica è già finito
L’economia sudafricana sembra ormai un caso disperato. Lo scorso anno il pil è cresciuto di circa lo 0,5 per cento, la valuta nazionale è in caduta libera e le sue obbligazioni stanno per essere retrocesse allo status di spazzatura. Il paese è dunque destinato a un lungo periodo di crescita bassa o addirittura inesistente? E questo a prescindere da chi è al governo? Oppure è colpa del presidente Jacob Zuma?
“Zuma non è più un presidente che meriti il rispetto di qualcuno”, ha dichiarato il mese scorso al parlamento sudafricano Julius Malema, leader del partito Economic freedom fighters (Combattenti per la libertà economica, Eff). Mentre Zuma cercava di tenere il suo ottavo discorso sullo stato della nazione (è diventato presidente nel 2009), i membri dell’Eff cantavano in coro “Zupta deve cadere” (Zupta è un riferimento agli stretti legami di Zuma con la ricchissima famiglia Gupta).
Malema non è un osservatore imparziale, ma le sue opinioni su Zuma le condividono tutti gli schieramenti politici in Sudafrica. “Nessuno gli crede più”, è la conclusione dell’analista politico William Gumede. Eppure Zuma continua a essere a capo della principale economia africana, che si sta sgretolando praticamente a vista d’occhio.
L’abisso della crisi
Il Sudafrica uscito dall’apartheid non è mai davvero decollato sul piano economico. Dopo la fine della segregazione, nel 1994, ci si aspettava che l’economia potesse crescere del 6 per cento all’anno o anche più, e che sarebbero stati creati cinquecentomila nuovi posti di lavoro all’anno. In realtà, nel decennio successivo il pil è cresciuto in media di poco più del 3 per cento, prima d’inabissarsi dopo la crisi finanziaria globale del 2008.
Nel 2010 il Sudafrica è entrato nel gruppo dei Bric insieme a Brasile, Russia, India e Cina, pur non avendone i requisiti. Mentre gli altri paesi sono usciti dalla grande recessione del periodo 2009-2012 con tassi di crescita inalterati, l’economia del Sudafrica si è fermata a una crescita annuale del 2 per cento, poi dell’1, fino ad arrivare allo 0,5 per cento attuale.
Non è un crimine che Zuma sia nato povero e non sia mai andato a scuola, né che non abbia mai lavorato nel settore privato: da quando aveva 16 anni è sempre stato nel partito oggi al potere, l’African national congress (Anc). Ma è interessante che, date queste premesse, sia comunque riuscito a diventare molto ricco (ha un patrimonio di almeno venti milioni di dollari).
Zuma non è mai stato in carcere per corruzione, ma il suo principale consulente finanziario, Schabir Shaik, è stato condannato a 15 anni di reclusione nel 2005 per corruzione e truffa. Il giudice ha spiegato che le prove della complicità tra Shaik e Zuma erano “schiaccianti” e il presidente di allora, Thabo Mbeki , aveva subito tolto a Zuma il suo incarico di vicepresidente.
È colpa di Zuma se il Sudafrica ha perso la fiducia del resto del mondo, ma non se la sua economia non cresce alla velocità sperata
A casa di Zuma la polizia ha trovato prove che hanno portato a un accusa per riciclaggio di denaro e associazione a delinquere nel quadro di un traffico di armi miliardario. Appena tre giorni prima che Zuma diventasse presidente nel 2009 le accuse erano cadute perché si disse che alcune prove erano state alterate, ma una recente sentenza della corte suprema le ha ripristinate.
Poi c’è stato lo scandalo Nkandla: Zuma è riuscito a far pagare al governo 23 milioni di dollari per i lavori d’ingrandimento della sua casa di campagna nella provincia di KwaZulu-Natal. In seguito, un tribunale lo ha obbligato a rimborsare parte del denaro.
Uno sviluppo particolare
A dicembre il Sudafrica ha avuto tre ministri delle finanze nel giro di una settimana. Il primo, il rispettato Nhlanhla Nene, aveva sfidato Zuma rifiutandosi di approvare alcuni grossi contratti relativi alle centrali nucleari e alla compagnia aerea di stato (forse perché sospettava che ci fossero di mezzo importanti tangenti). Così è stato licenziato.
Il secondo ministro delle finanze, David van Rooyen, era un ignoto faccendiere di partito senza alcuna esperienza economica. Presto si è scoperto che aveva stretti legami con la famiglia Gupta. Questo ha fatto ipotizzare che Zuma stesse aiutando i Gupta a prendere il controllo della politica finanziaria dello stato. Van Rooyen è stato obbligato a dimettersi dopo quattro giorni.
Il terzo ministro, Pravin Gordhan, era un uomo rispettabile e competente, ma ormai il mercato azionario sudafricano era crollato, la sua valuta era affondata e la Standard and Poor’s aveva ridotto il rating del paese a uno status appena superiore a quello di “spazzatura”.
Quindi è colpa di Zuma se il Sudafrica ha perso la fiducia del resto del mondo, ma non se la sua economia non cresce alla velocità sperata.
Il Sudafrica era già un paese sviluppato quando l’apartheid è finito. Era un paese sviluppato molto particolare, con circa dieci milioni di persone che vivevano in un’economia moderna e altri trenta milioni di persone che svolgevano lavori non qualificati o vivevano d’agricoltura di sussistenza. Ma era già un paese urbanizzato e industrializzato, e quindi non poteva beneficiare della fase di crescita sostenuta di cui hanno goduto alcune grandi economie emergenti, fasi che possono presentarsi una volta sola.
Il meglio che il Sudafrica poteva sperare era la crescita del 3 per cento registrata tra il 1996 e il 2008, e che sarebbe stata appena sufficiente a soddisfare le grandi aspettative popolari di miglioramento del livello di vita. Il principale responsabile dell’incapacità di soddisfare tali aspettative, e degli sconvolgimenti che la cosa potrebbe generare, è Jacob Zuma.
(Traduzione di Federico Ferrone)