Se nel 2008 Barack Obama aveva imposto la sua candidatura opponendosi alla guerra in Iraq, ora punta sul suo lato più guerrafondaio per essere rieletto. Un anno dopo aver dato l’ordine di uccidere Osama bin Laden, il presidente concede interviste dall’interno della situation room, mentre il vicepresidente Joe Biden sintetizza così il messaggio della campagna: “Bin Laden è morto e la General Motors è viva”. Biden ha lasciato intendere che Mitt Romney, il probabile candidato repubblicano alla presidenza, avrebbe fatto morire la Gm e lasciato in vita Bin Laden.

Il vantaggio per Obama è ovvio. Aver liberato il mondo da Bin Laden è un successo politico senza eguali, specialmente per i democratici, accusati per decenni di debolezza in politica estera. Ma c’è anche un rovescio della medaglia, soprattutto per un presidente che aveva promesso di superare le faziosità di Washington, delle quali è un esempio la politicizzazione della morte di Bin Laden. Gli elettori indecisi potrebbero infastidirsi sentendo cantare vittoria per l’uccisione di Bin Laden. È quello che sperano gli uomini di Romney, che accusano Obama di usare la sicurezza nazionale per scopi politici. Lui non cede di un millimetro. Il 30 aprile, in una conferenza stampa alla Casa Bianca, ha detto: “Non credo che si siano visti festeggiamenti eccessivi da queste parti”.

*Traduzione di Fabrizio Saulini.

Internazionale, numero 947, 4 maggio 2012*

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